Prosegue la nostra "esplorazione" al tratto retico valtellinese che va da Teglio a Tirano. Nella preceente puntata abbiamo preso in considerazione la zona di Boalzo e Canali, descrivendone gli antichi fasti e le attuali condizioni.
La deviazione per Bianzone si stacca dalla SS38 in corrispondenza dell'evidente e bella bella facciata della chiesa della Madonna del Piano, che sorge, isolata, a fianco della Statale.
Da qui seguiamo ora la strada che, con ampie curve, porta in paese, giungendo ad un evidente bivio di fronte ad una vecchia dimora. Prendendo a sinistra si giunge, in breve, sulla piazzetta presso il Municipio, ove è possibile parcheggiare per imboccare la stretta via che s'inoltra, a sinistra, tra le case per trovarci, dopo una leggera discesa, nei pressi del possente impianto architettonico della chiesa parrocchiale di San Siro con il suo splendido campanile romanico.
Dal sagrato ritorniamo alla piazzetta del Municipio e procediamo in senso opposto sino al bivio sopra descritto. Continuiamo diritti, in leggera salita, lungo Via Stelvio fino a lambire, a sinistra, l'ingresso del viottolo che porta al palazzetto Besta (indicazione). Dal cancello d'ingresso si può scorgere la bella facciata e il grazioso loggiato a colonnine che collega l'edificio principale con una dipendenza, su cui svetta una torretta con orologio e cupolina a bulbo. Il palazzetto Besta è un vero capolavoro di equilibrio architettonico e di armonia formale che, purtroppo, sta andando verso una irreparabile rovina. Di proprietà privata, l'edificio versa in gravi condizioni di conservazione e rappresenta un triste simbolo di come sia facile perdere la memoria dei luoghi e del loro significato attraverso il deperimento e l'incuria di edifici e manufatti storici. Si tratta sicuramente di un cattivo esempio da non seguire e ci si augura che i proprietari, la Provincia, il Comune di Bianzone, qualche ente interessato, trovino modo di giungere ad un accordo per riportare l'edificio all'antico splendore. La visita all'interno non sarebbe possibile: tuttavia suggeriamo di provare ad accedervi tramite una porticina sottostante il loggiato che, occasionalmente, si può trovare aperta. Poi lasciamo a Voi il piacere della scoperta, non dimenticando di muoverVi cautamente, dato il precario stato di alcuni pavimenti.
Una volta raggiunto il balconcino, a destra si accede al salone principale la cui volta è dipinta a fresco con cinque scene della Gerusalemme liberata" scandite da altrettante cornici a stucco. Nelle sale attigue alcune cornici a stucco conservano ancora tracce dell'antico splendore e qualche frammento degli specchi che incastonavano.
Alcune sale sono interdette alla visita poiché i pavimenti in legno sono pericolanti. Sono le stanze di abitazione, completamente foderate in legno e dotate ancora della stüa per il riscaldamento.
La facciata principale del palazzo presenta un bel portale in pietra verde sovrastato da un elegante balconcino in ferro battuto. In pietra verde sono pure le cornici delle finestre. Il cornicione ricorda quello del palazzo Besta di Teglio con lunette e oculi. Sotto il balcone a loggiato si trova quanto resta di una graziosa fontana in marmo.
Lasciato questo splendido, ma purtroppo triste luogo, riprendiamo Via Stelvio proseguendo verso oriente. La strada giunge ad un nuovo bivio. Prendendo a destra ci si porta nella parte alta del paese nei pressi dell'Albergo Altavilla, in Via ai Monti. Da qui, verso destra, si diparte la stradina che porta a La Curta; lasciate le ultime case la strada, che è un tracciato di servizio ai vigneti, procede a mezza costa e, con percorso panoramico, raggiunge una cascina. Da qui si deve imboccare il sentiero che sale tra i vigneti e, in breve, porta alle case di La Curta.
Se dal bivio si procede invece diritti, si giunge in breve di fronte alla bianca facciata della chiesetta di San Martino (alcuni cartelli indicatori lungo il percorso), anch'essa con una piccola fonte nei pressi.
Poco dopo la chiesa la strada, che procede sempre rettilinea, inizia una lunga discesa, mentre già si vedono le case di Villa di Tirano e le sue due chiese.
Il nucleo di Villa è formato da diverse contrade: Campagna, che s'incontra subito dopo la chiesa di San Martino, Pioda, S. Antonio, Foppa e S. Lorenzo. Per quanto fortemente modificati da un'urbanizzazione disordinata e poco sensibile al mantenimento di un'uniformità architettonica, i nuclei conservano ancora alcuni begli esempi di tipiche dimore valtellinesi. Non potranno sfuggire alcune antiche costruzioni le cui mura sono un lampante esempio di come la casa contadina crescesse nel tempo in un apparente disordine. L'aumentare dei membri della famiglia, la necessità di creare nuovi spazi d'uso, portava ad aggiunte spezzo bizzarre ed estemporanee che "movimentano" le facciate e gli angoli con quinte, passaggi coperti, locali sospesi, balconi e scalette.
Alcune vecchie abitazioni hanno mura rinforzate e sembrano indicare anche una funzione difensiva di certi punti obbligati di passaggio. Del resto, come abbiamo già scritto, questo luogo era un importante punto di svincolo viario.
I primi riferimenti storici della "pieve di Villa" risalgono ad un documento del 1164; successivamente si sa che il borgo appartenne per molti anni alla nobile famiglia valtellinese dei Capitanei. Nel 1617 il territorio di Villa e Stazzona era diviso in cinque "cantones". Villa era sede arcipretale e comprendeva i nuclei di Platti, Al Ragno, dove iniziava la strada per il Bernina, Novalio, Ronco maggiore, Val Pilasca, Sommovico, Revola e Torcularia.
La nostra passeggiata ci porta al cospetto della prima delle due chiese del paese, quella dedicata a S. Antonio da Padova. I lavori di edificazione, diretti dal ticinese Martino Adamo, durarono dal 1667 al 1671, anno in cui avvenne la consacrazione. Nella viuzza che si diparte verso monte all'altezza del campanile, si scorge una bella casa recante ancora i segni di antichi splendori. Sicuramente era abitata da una famiglia agiata. Sul portale d'ingresso, in pietra verde, è incisa la data di costruzione: 1710.
Poco più avanti si arriva, infine, nella contrada di San Lorenzo dove, a lato della piazza, si trova la chiesa Collegiata dedicata al santo da cui prende nome l'abitato. Molto bello e imponente è il campanile romanico con quattro piani di trifore. La chiesa ha antiche origini, antecedenti al XII secolo, ma fu ricostruita tra il 1632 e il 1648 per poi esser ancora ampliata e modificata dall'architetto Carlo Maciachini fra il 1875 ed il 1880.
Quello che probabilmente fu l'originario portone principale, datato 1592 s'apre, ora, sul lato destro dell'edificio.
L'interno è a navata unica con tre cappelle su ambo i lati e un battistero. Le pareti sono arricchite da numerosi affreschi di pittori del sette-ottocento. Pregevole è, pure, il pulpito in legno scolpito del XVII secolo e due confessionali, anch'essi in legno scolpito, opera di Martino Scazzone di Grosio.
In Via Lambertenghi si trova l'omonimo importante palazzo la cui facciata presenta due balconi sovrapposti con balaustra in ferro battuto. Notevole è, anche, il settecentesco portale d'ingresso recante lo stemma dei proprietari.
Il percorso suggerito s'attiene alla strada pedemontana retica e su questa arteria traverseremo, al margine inferiore, il poco evidente conoide su cui sorge Bianzone. Poi, attraverso un paesaggio agricolo caratterizzato da frutteti, sfileremo lungo le contrade che formano Villa di Tirano. In questo tratto di Valtellina è particolarmente evidente l'importanza della strada che evitava il poco sicuro e malsano fondovalle. A tale proposito, volendo compiere una sommaria panoramica di quella che fu la viabilità lungo la valle, potremmo individuare tre arterie principali succedutesi nel tempo. In epoche preistoriche, e fino alla dominazione romana, dovette essere prevalente una via che collegava tutti i centri posti sul naturale terrazzo di escavazione glaciale. Quindi, considerando solo la media Valtellina, questo percorso doveva snodarsi da Ardenno per salire a S. Pietro Berbenno e proseguire traversando Postalesio e Castione. Da qui, forse, saliva a Triangia riabbassandosi su Sondrio e riprendendo poi quota passando per Montagna, Tresivio, Ponte in Valtellina, Chiuro e Teglio. Una nuova discesa permetteva di giungere a Boalzo, Canali e Bianzone da dove, procedendo al piede della costa retica, giungeva a Tirano. A Villa di Tirano si diramava, a sinistra, la via verso il Bernina, che passava accanto allo xenodochio e alla chiesa di Santa Perpetua (si veda it. A13). Da Sud, dopo aver traversato fondovalle e Adda, si collegava qui anche la via che giungeva dalla Val Camonica dopo essere passata per Stazzona.
Un secondo tracciato più "moderno" è identificato nella Via Valeriana o Via di Valle, realizzata in epoche medioevali. In molte parti questa strada coincideva con quella più antica, ma evitava i dislivelli più impegnativi come, ad esempio, la salita al colle di Triangia.
La più recente arteria corrisponde con quella che, ancor oggi, è la principale strada valtellinese, la SS 38 dello Stelvio, che corre sul fondovalle, in certi punti assai vicina al fiume Adda.
Nel 1589, al tempo della visita pastorale in Valtellina del vescovo Feliciano Ninguarda, la chiesa della Madonna del Piano era un piccolo edificio medioevale. I primi lavori di ampliamento furono condotti nel XVI secolo e, a questi, seguì un ulteriore rimaneggiamento portato a termine nel secolo successivo grazie ai contributi di tutto il Terziere superiore della Valtellina e delle genti di Brusio ora in Svizzera. L'ignoto architetto che diresse i lavori, abili piaccapietra e operai valtellinesi portarono a termine la bella facciata barocca che, ancor oggi, tanto colpisce il passante per armonia e pulizia formale.
La parrocchiale di San Siro, risalente al 1100, fu fondata da Nelucia e Pagana della Torre e posta alle dipendenze della plebana di Teglio. Nel 1591 passò poi alla pieve di Villa di Tirano. Sul vasto sagrato si nota una arcaica e suggestiva fontana in pietra alimentata da un canaletto ricavato da un blocco del medesimo materiale. La facciata della chiesa, in stile barocco, offre alla vista un elegante pronao, sorretto da colonne, che protegge il portale d'ingresso settecentesco dai battenti in legno intagliato.
La pianta dell'edificio è a croce latina, con una navata principale e due navate minori. Sopra l'ingresso si trova la cantoria di legno intagliato. Nella navata di sinistra si trova la fonte battesimale con copertura di legno di noce a forma di tempietto ottagonale. Sull'altare della prima cappella c'é una bella ancona lignea dorata attribuita a Cipriano Valorsa. L'altare maggiore presenta, invece, un maestoso ciborio di legno scolpito, intagliato e dorato a forma di tempietto, attribuito al maestro poschiavino Domenico Dell'Acqua. L'interno della chiesa è, però, caratterizzato dal grande affresco del Valorsa che occupa la prima cappella di destra. In parte rovinato da infiltrazioni d'umidità, l'affresco conserva comunque una forza e un potere attrattivo considerevoli. Forse l'effetto è aumentato dal biancore delle pareti circostanti un tempo sicuramente affrescate, ma che ora hanno perso i loro dipinti.
La torre campanaria è suddivisa in cinque piani: tre con bifore e due, quelli superiori, con trifore.