Passeggiate - Il territorio fra Villa di Tirano e Teglio. Prima puntata: Boalzo e Canali

Contenuto della pagina: scheda completa del percorso «Il territorio fra Villa di Tirano e Teglio. Prima puntata: Boalzo e Canali»

  1. Scheda
  2. Percorso
  3. Approfondimento
 
  • Zona: Media Valtellina
  • Tipo: Passeggiata
  • Sigla: A59
  • Periodo consigliato: tutto l'anno
  • Punto di partenza: Canali di Boalzo. L'abitato si raggiunge staccandosi dalla SS38 dello Stelvio alla periferia orientale di Tresenda (16,7 km da Sondrio). Imboccata la stretta carrozzabile per Boalzo si punta verso il versante retico valtellinese raggiungendo, in breve, questa località. Poco dopo si giunge ad un quadrivio posto sotto la chiesa di Sant'Abbondio. Deviando a destra si arriva, ben presto, alle case di Canali dove si lascia l'auto (2 km circa dalla SS38).
  • Tempo di percorrenza: 2 ore per l'intero giro se fatto a piedi.
  • Dislivello: il percorso può essere in buona parte fatto con l'auto. Se si decide di passeggiare, il dislivello maggiore consiste nel raggiungimento della contrada La Curta: circa 200 m.
  • Difficoltà: T (Turistica)
  • Bibliografia: Gianasso M. e AA.VV.: "Guida turistica della Provincia di Sondrio", seconda edizione; ed. Banca Popolare di Sondrio" Sondrio, 2000.
  • Cartografia: Carta escursionistica Kompass n. 93 1:50.000 «Bernina-Sondrio»; CNS 1:50.000 «Brusio».
 


 
mappa di Il territorio fra Villa di Tirano e Teglio. Prima puntata: Boalzo e Canali

Percorso

La strada che attraversa Canali sfila fra le poche case. A destra, parzialmente celate dalla vegetazione infestante, si scorgono le mura sbrecciate di Cà Faraoni, un palazzetto che, secondo alcuni, deve il suo nome ad una testa di faraone che adornava l'ingresso, asportata attorno al 1980. Secondo altri il nome è di origine longobarda: faraone era il capo della "fara", la famiglia longobarda.

Nonostante lo sfacelo, i ruderi ci rimandano ai passati splendori riecheggiati dalle antiche finestre trilitiche e dal bel portone. Nelle vicinanze si trova Cà Gatti, riconoscibile per i ruderi di un alto muro che svettano sulla vegetazione; una splendida volta a botte in pietra, ancora ben conservata, e qualche traccia di affresco è quanto ci restituisce questa dimora che un tempo doveva essere veramente notevole.

Sull'altro lato della strada si trova una costruzione abbastanza ben conservata ed evidentemente importante. Si tratta dell'antica casa De Simoni, una delle famiglie bormine che, in passato, scendevano a svernare qui. Casa De Simoni era una tipica abitazione fortificata, difesa da una cinta di mura sulle quali si notano ancora le feritoie a croce per i balestrieri. Probabilmente questo era il centro del feudo, legato in epoca alto medioevale alla Diocesi di Como e al monastero di Sant Abbondio. Ma un po' ovunque, la minuscola contrada reca i segni del nobile passato: finestre dalle eleganti inferriate in ferro battuto, portali sovrastati da pietre con incisioni e fregi, eleganti cortiletti. Sulla destra della stradina che delimita a oriente le case si nota anche una bella fontana ricavata da una grande macina monolitica per la spremitura delle noci.

Lasciata Canali ripercorriamo la strada di accesso giungendo sotto la chiesa di Sant'Abbondio. Una stradina che si dirama sulla destra fra coltivazioni di kiwi porta in breve alla chiesa, eretta ben al riparo dalle inondazioni del Rio. L'edificio fu eretto in epoca altomedioevale e sul finire del XVI secolo fu al centro di aspre dispute fra i parrocchiani del feudo e i protestanti Grigioni che pretendevano che la chiesa servisse ai fedeli delle due confessioni. La costruzione presenta un'unica navata orientata ad Est e, nel corso dei secoli, ha subito diversi rimaneggiamenti. Di notevole interesse è il prospiciente edifico coperto, sorta di portico-cappella aperto sui tre lati. Un grande arco a tutto sesto costituisce l'ingresso mentre gli altri due lati presentano due arcate gotiche scandite da colonne di pietra verde di Tresivio. La parete meridionale è, invece, affrescata da un magnifico dipinto realizzato nel 1563, da Cipriano Valorsa e raffigurante la Madonna con Bambino tra i santi protettori dalla peste, Rocco e Sebastiano.

L'armonioso ma severo edificio è un piccolo Arengo, uno dei pochi ancora visibili in Valtellina. Al suo interno si riunivano in assemblea, presieduta dal decano, i capifamiglia del luogo.
Proprio di fronte all'ingresso dell'Arengo, sulla facciata della chiesa, si scorge un grande affresco cinquecentesco, parzialmente cancellato, che raffigura San Cristoforo.

L'interno della chiesa, impostato alla massima sobrietà, conserva un importante ciclo di affreschi in attesa di restauro che orna la parete di destra. I dipinti, risalenti al XIV secolo, raffigurano Cristo nel Sepolcro, la Madonna della Misericordia, la Madonna in trono mentre allatta Gesù affiancata da due santi e, per finire, San Simonino da Trento, il fanciullo che si diceva fosse stato martirizzato dagli ebrei e il cui culto era molto diffuso in Valtellina.

Ritornati sulla strada principale prendiamo ora la stretta carrozzabile che punta diritta verso destra (Ovest) andando a lambire il piccolo cimitero del luogo. Dopo una ripida salita, poco prima che la rotabile finisca presso alcune abitazioni, si nota sulla destra una mulattiera cui si accede mediante un ripido pendio erboso di un paio di metri. La mulattiera sale comodamente per perdersi, poco dopo, nei pressi di una grande pianta. Da qui si continua brevemente per prato verso destra e poi lambendo dei vigneti.

Giunti in corrispondenza di un altro breve pendio prativo lo si risale obliquando a destra per sbucare, fra due gruppi di case, sulla strada carrozzabile che da Canali porta a Teglio (questo tratto è l'unico che si svolge al di fuori di una strada carrozzabile ed è segnato con tratteggio rosso sulla nostra cartina). Ora si può scendere verso destra raggiungendo la contrada di Arboledo, poco oltre la quale un ponte permette di traversare il corso del Rio.
Appena dopo il ponte si stacca sulla sinistra una strada sterrata. La carrareccia, che è percorribile anche in auto ma con qualche cautela, segue grosso modo la sponda sinistra orografica del Rio, lambendo un bel frutteto sulla sinistra e poi entrando nell'ombrosa valle. Dopo un buon tratto, con un tornante il tracciato esce dalla valle traversando quasi pianeggiante e termina in corrispondenza di uno slargo da cui, in pochi passi, si può scendere alle case di La Curta, ben visibili già da Canali, in alto a destra, all'ingresso della Valle del Rio.
Anche qui le antiche dimore recano i segni di passati splendori, particolarmente evidenti nell'edificio principale, un palazzotto dalle inferriate in ferro battuto e con alcune finestre decorate da affreschi ancora visibili.

Ritornati presso il ponte sul Rio imbocchiamo ora la ripida strada che scende quasi rettilinea fra due alti muraglioni, probabilmente antichi argini del torrente. Giunti ad una sorta di colle, invece di scendere a sinistra alla volta di Bianzone si devia a destra e, in breve, si torna a Canali dove si conclude il tour.

Il territorio di Boalzo e Canali

Tanto tempo fa, nella ridente media Valtellina, c'era un minuscolo borgo formato da alcune contrade che sorgevano sull'antica Via Valeriana, in un angolo celato, ma bene esposto a mezzogiorno e protetto dai venti. Era una splendida località dove alcuni nobili avevano eretto la loro dimora e dove, grazie al clima mite, prosperavano le colture di limoni e di cedri. Sebbene sorvegliate dalla vicina chiesa di Sant'Abbondio, forse anche grazie alla prosperità raggiunta, le genti di Boalzo e Canali si dilettavano in ozi e svaghi non propriamente morigerati e casti, attirandosi le ire del Padre Eterno. Si dice, infatti, che a causa delle loro scelleratezze Dio scatenò sulla ridente località le furie della Natura, sotto forma di gravi inondazioni che, in successione, si abbatterono su case e coltivi.

Castelli e palazzotti andarono distrutti e gli arroganti, lussuriosi abitanti che sopravvissero dovettero cercare nuove dimore. Boalzo e Canali caddero nell'oblio e di questo paradiso, a pochi passi dalle rive dell'Adda, si perse la memoria.

Forse le cose non andarono proprio così: questa è una favola in buona parte inventata da chi scrive. Tuttavia è un dato di fatto che per un destino avverso, più che per colpa di antichi peccati, le due contrade vicine furono colpite ripetutamente da calamità naturali, che dell'antico passato hanno lasciato solo mura sbrecciate o malamente restaurate, ora adibite a deposito del raccolto o a rimessa. Ma i segni dei passati splendori sono ancora leggibili fra le rovine e sulle antiche mura che ostentano grande forza e dignità.

Alla ricerca di angoli sempre nuovi e interessanti Trekking Vi propone una breve visita a questi luoghi per lo più sconosciuti, impostando un itinerario, che si svilupperà in due puntate, nel territorio fra Tirano e Teglio. In questa prima puntata ci concentreremo sul settore occidentale di questa zona.

Boalzo e Canali sorgevano lungo l'antico tracciato della strada di fondovalle che percorreva tutta la Valtellina. Costretta ad avvicinarsi alle rive dell'Adda dalla grande rupe che sovrasta Tresenda, la strada se ne allontanava subito dopo piegando verso Nord-est, e guadagnando leggermente quota. Anche noi, abbandonata la rettilinea SS38 alla periferia orientale di Tresenda ci immettiamo sull'antico tracciato deviando a sinistra (cartello indicatore Boalzo). Il percorso sfila ai piedi settentrionali della rupe di Tresenda, su cui sorge la chiesa di San Gottardo, e risale dolcemente il conoide generato nel corso dei secoli dalle frequenti alluvioni scese dai monti sovrastanti.

Ci troviamo in una zona assai suggestiva, una sorta di angolo "oscuro" della Valtellina, da pochissimi conosciuto; eppure tutta quest'area fu abitata già in epoche preistoriche come dimostrano le stele rinvenute poco sopra Tresenda in località Caven e oggi custodite nell'Antiquarium Tellinum di Palazzo Besta in Teglio.

La carrozzabile lambisce le poche case di Boalzo sulla destra e prosegue alla volta di Canali, mentre di fronte è già visibile la bella chiesa di Sant'Abbondio, arroccata sopra i primi terrazzamenti.

Già citata in una bolla vescovile del Vescovo di Como, Boalzo contava "più di sessanta famiglie di cui tre eretiche" al tempo della visita pastorale compiuta dal Vescovo Feliciano Ninguarda nel 1549.
Il clima particolarmente mite e l'abbondanza di acqua, utile all'irrigazione ma, anche, come forza motrice per alimentare mulini e fucine, avevano fatto di questo borgo un piccolo paradiso. Ma già ai tempi del Ninguarda erano visibili i segni dell'incombente decadimento causato dai continui disastri naturali prodotti dalle piene della Rio, il "bonario" torrentello che scende con un dislivello di oltre 2000 metri dall'omonima vallata stretta, ripida e rettilinea. Questa valle, nota anche come Valle di Boalzo, forma in alto un piccolo e ripido anfiteatro di pascoli, racchiuso fra il Pizzo Cancan ad Est e il Monte Brione ad Ovest. Al culmine dell'anfiteatro sorge la vetta del Monte Combolo, 2900 m. E' facile immaginare con quale violenza si scarichino a valle le acque durante grandi e prolungate piogge.

Per secoli gli abitanti di queste contrade vissero un rapporto di odio e amore con il Rio, principale fonte delle loro fortune e dei loro guai. Nel 1855 una frana bloccò il corso del Rio creando una diga che poco dopo cedette alla pressione delle acque. La fiumana di acqua, fango, pietre e tronchi sradicati s'abbattè, con enorme violenza, su Boalzo radendola completamente al suolo. L'episodio è ricordato anche nella novella "La bella mugnaia di Boalzo" scritta da Napoleone Besta di Teglio: "Boalzo, chi l'avrebbe mai detto vent'anni or sono. che or saresti un mucchio di macerie...".
Nel 1871 e nel 1882 le acque del Rio completarono l'opera distruttrice.

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