Dalla fontana sulla sinistra della piazzetta della chiesa di Chiareggio si scende al ponte sul Mallero che permette di traversare sulla sponda opposta. Il tracciato che porta all'Alpe Ventina (rifugi Gerli-Porro, rifugio privato Alpe Ventina) è una stretta carrareccia; la salita si svolge pertanto su un percorso molto comodo e dolce che termina ai rifugi Gerli-Porro, 1960 m, nei cui pressi un cartellone esplicativo fornisce le maggiori informazioni circa il percorso e la storia del ghiacciaio.
Il sentiero è segnalato con bandierine azzurre e percorre la sponda destra orografica della piana dell'Alpe Ventina. Un centinaio di metri dopo la vicina costruzione del Rifugio Alpe Ventina, si giunge nei pressi di un ponte che permette di traversare un ramo del torrente (cartello n° 1: posizione della morena più antica, risalente all'avanzata della Piccola Età Glaciale; prob. sec. XVII). Sempre lungo la destra orografica della valle, oltre la successiva piana alluvionale (cartello n° 2: limite raggiunto nella metà dell'800) si prosegue fra radi larici e detriti risalendo la base dell'imponente morena laterale destra del Ventina. Prima che il tracciato si riavvicini al torrente si incontra il cartello n° 3 indicante una modesta fase di avanzata. Il cartello n° 5 segnala un'altro cordone morenico risalente alla fase di avanzamento degli anni 1916-1923. I successivi cartelli fino al n° 9 indicano il progressivo regresso del ghiacciaio e ci accompagnano fin quasi alla fronte. A questo punto è interessante guardare verso valle per ammirare la grandiosa morena destra: si avrà una chiara idea della massa glaciale che un tempo occupava questo solco. Siamo a 2130 m circa e al di là del torrente si potrà notare il grosso «masso Saibene» (cartello n° 10) che porta a rovescio la scritta S 73. La spiegazione è semplice: durante l'avanzata degli anni '80 il ghiacciaio ha raggiunto l'enorme macigno che nel 1973 era a 80 m dalla fronte facendolo precipitare un centinaio di metri più a valle. Il recente ritiro del ghiacciaio consente di salire ancora verso la fronte anche se per motivi di sicurezza si consiglia di invertire la marcia presso il segnale GC1-12. Tornati a a valle lungo il sentiero di salita si giunge all'altezza di un ponticello (non sempre presente) che consentirebbe di portarsi sulla sponda opposta del torrente. I cartelli che si incontrano in questo tratto di percorso indicano i vari segnali posti da differenti glaciologi nel corso degli anni. L'ultimo di questi (cartello n°15) è quello posto dal Sangiorgi nel 1910. Si torna così al ponte presso il cartello n°1 tramite il quale questa eventuale variante si ricollega a quello di salita poco a monte dei rifugi Gerli-Porro.
Anche se é difficile rendersene conto di primo acchito, bisogna pensare al ghiacciaio come a qualcosa di vivo ed in movimento, come ad un immenso torrente che invece di scorrere rapido verso valle, scende muovendosi di pochi metri l'anno.
In alto, fra le vette, si trovano i bacini d'accumulo, i "laghi" da cui si origina il flusso. Lassù, tutte le combe e gli altopiani sono sempre ben alimentati dalle nevi che cadono in inverno e, date le basse temperature anche durante i mesi estivi. Qui la neve si deposita anno dopo anno, strato dopo strato e si trasforma in ghiaccio che, una volta superato un certo volume, inizia il suo viaggio verso valle. Il letto di scorrimento dei ghiacciai, sono le valli intagliate fra le catene montuose; similmente al corso di un torrente, quando il fondo é piano e poco accidentato, anche la superficie del ghiacciaio é tranquilla e liscia. Ove vi siano salti o fondo tormentato ecco formarsi le "rapide" che sul ghiacciaio assumono la forma di crepacci e seracchi, questi ultimi sono enormi blocchi di ghiaccio che si formano sull'orlo di grandi gradoni, spesso rocciosi, allorché, in corrispondenza del grande e brusco dislivello, il flusso si é spezzato.
Similmente al torrente preso come esempio, il ghiacciaio é alimentato da altri flussi che provengono da valli laterali. Man mano perde quota, il flusso si avvicina al punto di equilibrio oltre il quale inizia il fenomeno dell'ablazione e cioè della perdita di massa dovuta principalmente alle maggiori temperature e alle minori precipitazioni nevose. La superficie mette allo scoperto un numero sempre più grande di detriti, principalmente rocciosi portati dalla "corrente" scompare la neve e affiora il ghiaccio vivo, spesso ricoperto quasi interamente da sabbia e pietrame che hanno l'importante funzione di limitare ulteriormente lo scioglimento proteggendo la superficie dal calore eccessivo. Nel suo interno il ghiaccio é solcato da crepe e tunnel ove trovano ricettacolo le acque di fusione che penetrano attraverso inghiottitoi e crepacci confluendo nel torrente d'acqua di fusione che attraverso una o più grandi aperture, sgorga al piede del ghiacciaio.
L'impressionante forza che la massa glaciale assume durante il suo scorrimento determina una sorta di drenaggio del fondo e dei fianchi del letto di scorrimento col conseguente trasporto a valle di notevoli quantità di detriti. tali detriti, formano le morene, frontali e laterali.
Principali responsabili dell'attuale modellamento delle valli alpine, nel periodo quaternario i ghiacciai si spingevano fino alle soglie della Pianura padana. Costituiscono un'importante riserva di acqua dolce.