Dal parcheggio procedere per circa 700 m sulla strada che prosegue semi pianeggiante fino a un gruppo di baite (Baite Altumeira) dove scendendo a sinistra si imbocca un sentierino che tagliando a mezza costa sotto la carrareccia consente di risparmiare qualche minuto di cammino rispetto all'alternativa di attenersi alla strada che altrimenti andrebbe seguita per 1,2 km fino a un bivio dove si deve piegare a sinistra procedendo su sterrato per entrare nella Val Cantone di Dosdè. Poco più avanti i due tracciati descritti si riuniscono e si continua sulla sterrata che piega verso Sud arrivando in breve alle baite dell'Alpe Dosdè. Siamo al margine di vasti pascoli pianeggianti e sulla sinistra compare non molto distante il bell'edificio del Rifugio Federico, gestito dalla guida alpina Adriano Greco, noto campione di corsa in montagna e scialpinismo oltreché alpinista di grande spessore. Una breve deviazione, una sosta per ristorarsi e magari avere qualche dritta sul percorso è senza dubbio piacevole oltre che utile. Tornati all'Alpe Dosdè seguiamo le indicazioni, ma soprattutto la carrareccia diventata ora un tratturo che procede in piano verso Sud alla volta della barriera di vette che chiude l'orizzonte. Tramite un ponte traversiamo il torrente e con una breve salita prendiamo quota finché giungiamo ad un altro ponticello con cui si riattraversa il torrente in località Baita del Pastore (qui si può giungere anche percorrendo un sentiero che tiene la sinistra orografica del torrente e che si stacca sulla destra al primo ponte). Ora continuiamo nel grande vallone della Val Cantone di Dosdè tenendo la sinistra orografica fra magri pascoli con andamento quasi pianeggiante. Man mano si procede l'erba lascia sempre più spazio a detriti alluvionali e ghiaioni finché, giunto nel circo terminale della valle (2500 m circa) il sentiero inizia a salire con ripidissime serie di tornanti. Entriamo in un ambiente d'alta quota isolato, grandioso e selvaggio, tagliando ripidi ghiaioni che ci portano ad una zona di rocce lavorate dall'antico ghiacciaio oggi scomparso. Seguendo la segnaletica e gli ometti procediamo in questo ambiente lunare con salita più moderata destreggiandoci fra le rocce e infine eccoci al sospirato Passo di Dosdè sul cui versante meridionale, praticamente invisibile alla vista fino all'ultimo istante, sorge il rifugio.
"Terribilis est locus histe" significa, "questo luogo incute rispetto" e nessun altra descrizione calza meglio di questa breve frase latina per indicare l'ambiente e l'atmosfera che circondano la piccola costruzione del Rifugio, o Capanna, Dosdè che dir si voglia. Capanna Dosdè è situata a 2824 m presso l'omonimo valico tra Valle di Avedo, laterale della Val Grosina, e Val Cantone di Dosdè. Fu eretta nel 1890 dalla Sezione Cai di Milano su impulso di Antonio Cederna presidente del Cai Valtellinese prima e poi del Cai Milano, ma soprattutto grande estimatore e conoscitore dei monti grosini dei quali aveva scritto una fondamentale monografia pubblicata nel Bollettino Cai del 1891. La scelta del luogo fu concertata dal Cederna e dalla sua guida Giuseppe Krapacher di Premadio, detto Todeschin. Il giorno 16 agosto 1891 la capanna fu inaugurata con la partecipazione di 35 alpinisti e personalità fra cui lo stesso Cederna. Leggiamo nella relazione di quel giorno: «È una capanna di importanza non comune essendo destinata a richiamare gli alpinisti in luoghi di rado visitati e meritevoli per ogni rispetto d'essere studiati. Lontana dall'abitato, nel centro di un gruppo di monti appena appena conosciuto e non frequentato finora per mancanza di qualsiasi asilo... La capanna è costruita in muratura con rivestimento interno di legno e misura 4 metri per lato; è fornita di quanto occorre per dormitorio e cucina, e può dar ricovero a una quindicina di persone.»Quel giorno vi giunsero da Santa Caterina Valfurva anche quattro alpinisti: «E della quaderna faceva parte la gentile signora Maria Rognoni, valorosa alpinista... La capanna aveva trovato adunque una madrina quale non poteva desiderarsi migliore. Un copioso spruzzo di Barolo lanciato sulla parete esteriore (a 2850 metri le bottiglie non si rompono che vuote) costituì la cerimonia della inaugurazione, salutata con vivi applausi dalla numerosa schiera dei presenti: alpinisti, guide, portatori, operai.»Abbandonata per anni e poi ristrutturata nel 1955 la capanna subì nuovamente un periodo d'abbandono per poi tornare in auge presso gli alpinisti al punto che, rimanendo ancora un punto d'appoggio fondamentale per i visitatori di queste remote montagne, nel 1982 la Sezione Cai di Bormio ne rilevò la proprietà provvedendo ai successivi lavori di ampliamento e miglioramento. La capanna è sempre aperta.
La Cima Viola dei pionieri
Nel corso di una campagna esplorativa fra i monti di Val Grosina, Antonio Cederna pioniere dell'alpinismo nonché industriale e filantropo che spese molto del suo tempo nella salvaguardia del patrimonio forestale valtellinese, allora assi depauperato, pensò all'utilità di un rifugio che, anche qui, potesse essere base per facilitare la conoscenza della regione. Il 17 agosto 1889 con la guida Krapacher tentava la Cima Viola: «...l'attaccammo dalla faccia Sud spingendoci con faticose arrampicate sino a 2900 metri, dove certe rocce perpendicolari ci obbligarono a discendere alquanto per girare gli ostacoli. Non trovando altra via per continuare il tentativo, ci dirigemmo a NO, raggiungendo dopo 5 ore lo spigolo occidentale del monte a un centinaio di metri sopra il Passo di Dosdé. La giornata non fu perduta... Dopo avere constatato che la più alta delle Cime di Lago Spalmo poteva essere facilmente raggiunta dal luogo cui eravamo pervenuti, smessa l'idea di continuare l'impresa stante l'ora tarda, scendemmo al passo e percorremmo quindi la cresta all'ovest dello stesso fino al punto quotato 3061 m dove essa è interrotta da un gran salto. Dall'esame di questo lungo tratto e delle cime circostanti mi risulta che il sito più indicato per innalzare un asilo sarebbe stato qualche punto intorno al Passo di Dosdè. Dedicai quindi il tempo che mi rimaneva a determinare il luogo preciso dove costruire il rifugio, e ritornai al mio bivacco a notte fatta.»
Il giorno successivo i due ritentavano, questa volta con successo, la scalata alla Cima Viola. Il fatto é importante poiché, attraverso la descrizione del Cederna veniamo a scoprire il nome di un altro esploratore di questi monti: il dottor Bartolomeo Sassella di Grosio.
«A Grosio avevo sentito dire da parecchi che le tre cime sovrastanti al Lago Spalmo fossero state salite dal loro concittadino dott. Sassella, socio della Sezione Valtellinese del C. A. I. alpinista ardito e originale che saliva i monti solo soletto, correndo talvolta gravi pericoli, senza curarsi poi di dare notizia delle sue ascensioni.» Giungendo sulla vetta di cui discorro, da un mucchio di pietre, che emergevano dalla neve, mi accorsi che altri ci doveva essere stato e allorquando rimossi alcuni sassi e trovata una scatola di latta, riuscii a decifrare su un biglietto quasi distrutto dall'umidità il nome del dott. Sassella, baciai e ribaciai quel pezzetto di carta. Fra le tante cime dei monti di Val Grosina, almeno una era stata salita per la prima volta da un italiano; al quale rendo oggi il meritato onore! Nel 1891, più o meno nel luogo deciso, veniva inaugurata la Capanna Dosdè, costruita in buona parte dalla guida di Grosio Pietro Rinaldi di Francesco su progetto dello stesso Cederna.