La gita inizia staccandosi dalla S38 dello Stelvio alle porte di Bormio, in località Santa Lucia. Si prende a sinistra (per chi viene dalla Bassa Valtellina) e si imbocca la strada per Oga. La carrozzabile prende quota con qualche tornante fra le case di Santa Lucia e poi inizia a salire più dolcemente compiendo un lungo diagonale fra i prati. Man mano si procede la vista sulla conca di Bormio si fa più ampia e interessante mentre sullo sfondo si apre la Valfurva, coronata dalle sue grandi cime.
Dopo un lungo tratto si giunge ad un deciso tornante dove il percorso si ramifica: a destra si prosegue per la Valdidentro; a sinistra si dirige verso Oga. Imboccando quest'ultima direzione cambiamo decisamente rotta puntando verso Sud. Poco dopo, in bella mostra fra i prati, ecco sorgere l'edificio della chiesa della Madonna di Oga, o Santuario della Beata Vergine di Caravaggio, situata in una posizione veramente panoramica: una breve sosta per andarla a visitare è d'obbligo. L'edificio fu eretto nel 1725 accanto ad una chiesuola preesistente fatta costruire ai primi del '700 da Giovannino Guana di Oga come ex voto essendo scampato, disse, ad un assalto di donnole inferocite. All'interno è conservata una pregevole scultura lignea dell'Apparizione della Madonna a Caravaggio realizzata a Parigi nel 1885.
Ripresa la carrozzabile, in pochi minuti siamo alle porte di Oga; tralasciando la strada che entra direttamente in paese prendiamo a destra seguendo i cartelli per il Forte di Oga. La strada corre a monte del borgo che, per quanto piccolo, merita una visita. Fra case in stile engadinese perfettamente tenute e albeghetti che promettono tranquille vacanze si trovano ancora le vecchie case del paese, alcune delle quali abbastanza interessanti. Belle sono pure le fontane granitiche che s'incontrano nel paese. Curiosa l'architettura della chiesa parrocchiale di San Lorenzo che denota la sua "giovane" età. L'edificio fu infatti costruito nel 1904 su una chiesa preesistente eretta nel 1532, a sua volta sovrapposta ad una chiesa trecentesca. All'interno si conservano pregevoli opere lignee di due artigiani locali e due anconette, pure lignee, del XVI secolo in stile tedesco. Una, al cui esterno è dipinta un'Annunciazione, rappresenta il Presepe e sulle antine i Santi Lorenzo e Colombano. L'altra, opera del tedesco Giorgio Podel, raffigura la Vergine col Bambino fra i Santi Lorenzo e Fedele; sull'interno delle antine sono dipinti il Martirio di una Santa non identificata e l'Assunzione della Vergine. All'esterno sono visibili i Santi Pietro e Paolo.
Ripresa l'auto continuiamo la salita verso il Forte di Oga seguendo le numerose indicazioni che lasciano poche possibilità di errore. Dopo un lungo tratto in leggera salita e qualche tornante si giunge, infine, all'ampio parcheggio auto antistante l'Albergo al Forte, la partenza di un impianto sciistico a fune e la strada che conduce al manufatto militare (cartelli escursionistici).
Imboccata la stradina che si diparte dal parcheggio, varchiamo a piedi un ponte gettato su un piccolo corso d'acqua emissario della torbiera del Paluaccio, e prendiamo a salire lungo una sterrata che, con un paio di tornanti, termina nel piazzale antistante l'ingresso del Forte Venini. Poco prima potremmo anche imboccare, a sinistra, il "sentiero della sentinella" che consente di compiere il periplo della struttura le cui potenti mura di cemento sono circondate da una selva di acuminati paletti di ferro e reticolati che ancora emergono dal bosco.
Ci sono tante occasioni per compiere brevi gite nel territorio che circonda Bormio e ci mancava di descrivere questa, che è una delle più classiche e note. A due passi della capitale dell'Alta Valtellina, poco sopra l'abitato di Oga, nello spazio di pochi metri quadrati si trovano due interessanti mete turistiche, l'una a carattere storico, l'altra naturalistico.
Sulla tondeggiante e oggi boscosa cima del Dossaccio si trova la massiccia costruzione del Forte Venini o Forte di Oga, costruito pochi anni prima della Grande Guerra a guardia della conca di Bormio e dello sbocco della Valle del Braulio. La conca compresa fra il Dossaccio, ad Est, e la pendice del Monte Masucco racchiude invece un'importante oasi naturale costituita dalla palude del Pian della Torba o Paluaccio di Oga. La visita alle due località non richiede fatica poiché sono distanti poche centinaia di metri l'una dall'altra. Tuttavia, anche l'accesso ad Oga lungo la panoramica carrozzabile che sale da Santa Lucia e la consigliabile discesa verso la Valdidentro offrono interessanti spunti turistici ed etnografici.
Una prima fortificazione a difesa della strada dello Stelvio fu fatta costruire presso Oga dallo Stato Maggiore italiano agli inizi del '900: si trattava di una postazione d'artiglieria situata sull'ampio dosso delle Motte a 1400 m circa.
Nel 1908 si decise, infine, di rinforzare il sistema difensivo con la costruzione di un forte sul Dossaccio a 1749 m, postazione senza dubbio più favorevole non solo per la difesa della strada dello Stelvio ma di tutta la conca di Bormio. Da lassù si potevano tenere sotto mira il Passo del Foscagno, le Bocchette di Penedolo, il Passo di Fraele, la valle del Braulio, ma anche la Valfurva, tutte possibili vie per un'invasione austriaca. La costruzione fu orientata in modo che, dalle quattro cupole corazzate sommitali, i cannoni potessero agevolmente ruotare verso tutti gli obbiettivi sopra citati.
L'edificio fu ultimato poco prima dell'inizio della Guerra 1915-1918 e al suo interno furono collocati quattro cannoni a lunga gittata i cui proiettili erano in grado di superare lo Stelvio per raggiungere Trafoi, allora in Austria. E in questo senso operarono le batterie del Forte, utilizzate prevalentemente come deterrente per scoraggiare eventuali velleità nemiche. Dopo il conflitto, a presidio della struttura, che nel 1938 fu intitolata alla medaglia d'oro valtellinese Cap. Venini, si avvicendarono soldati appartenenti a diversi corpi.
Dopo il secondo conflitto mondiale il presidio del forte proseguì fino al 1958 essendo ormai una struttura obsoleta e inadatta alle nuove strategie e tecniche militari. Purtroppo, in seguito all'abbandono, il Forte fu meta di vandali e sciacalli che lo depredarono di preziosi reperti. Nel 1985 la Comunità Montana Alta Valtellina decise di recuperare il manufatto per renderlo nuovamente accessibile al pubblico, operazione che si è recentemente conclusa con successo.
Oggi è possibile accedere al Forte tutti i giorni da fine giugno a fine settembre dalle 9 alle 18,30 a costo di 4 Euro. Per aperture straordinarie e visite guidate fate riferimento al sito di Oga che trovate nella scheda tecnica. Altre informazioni dell'ultimo minuto al sito Fortedioga.it
Il Forte Venini ha due piani fuori terra e un interrato. Varcato l'ingresso, si accede ad un passaggio coperto che cela un ponte scorrevole che poteva essere ritratto scoprendo un fossato con spuntoni acuminati. Oltre il locale della guardia si apre un lungo corridoio perpendicolare a cielo aperto percorso da uno dei binari che servivano per portare le pesanti munizioni e i pezzi d'artiglieria. Sulla destra fa bella mostra di sé un pezzo d'artiglieria da 105/22 della seconda guerra mondiale. Volgendo a destra si accede ai vari piani del forte, nonché alla sommità dove si trovano le quattro cupole corazzate dei cannoni. Come avremo modo di percepire durante la visita ai diversi locali, la struttura era concepita per essere completamente autonoma e, quindi, per poter resistere anche ad eventuali periodo di assedio. Pur nella semplicità quasi spartana della sua concezione, non mancava nulla, compreso il locale infermeria. Una esaustiva descrizione della fortezza si trova nel libro di Dei Cas citato in bibliografia. Una volta tornati fuori dalle mura, non dimenticate di raggiungere le panchine che si trovano sul lato orientale del piazzale, da dove si ammira un eccellente panorama su Bormio.
Istituita con la legge 86 del 1983, la Riserva Naturale del Paluaccio di Oga tutela una piccola ma preziosa superficie a torbiera formatasi ai piedi della contropendenza occidentale del Dossaccio. Per quanto ampiamente modificata dall'azione umana e parzialmente "assediata" dagli impianti sciistici, la torbiera di Oga è un importante biotopo ricco di fauna palustre rara e in via di estinzione. Anticamente, al posto dell'attuale palude, si trovava un piccolo bacino lacustre che è andato man mano riempiendosi di detriti sia portati dalle acque affluenti, sia derivati dalle spoglie della vegetazione circostante. Il progressivo riempimento del bacino ha consentito la graduale colonizzazione della superficie da parte di piante palustri, in particolare gli sfagni, che hanno contribuito ulteriormente a trattenere detriti e spoglie vegetali. Il consolidamento dei questa superficie ha poi consentito il progressivo impiantarsi di vegetazione arborea come il pino mugo che sta avviando una lentissima ma progressiva colonizzazione di tutta la palude destinata quindi a scomparire.
Grazie ai granuli di polline imprigionati nei diversi livelli torbosi è stato possibile stimare che il livello basale della torbiera risale ad oltre 6000 anni or sono.
Esistono tre tipi di torbiera: bassa, intermedia ed alta, quest'ultima rarissima a Sud delle Alpi. I primi due tipi di torbiera si trovano riuniti al Paluaccio che, per diverse cause, ha terminato la sua fase evolutiva impedendo il raggiungimento della fase alta. Tuttavia in molti punti sono visibili tipici dossi tondeggianti prodotti dalla crescita in altezza degli sfagni, fenomeno tipico che prelude alla torbiera alta.
Fra le specie vegetali presenti al Paluaccio si ricordano l'Eriophorum angustifolium, la Primula farinosa e la Pinguicola. Il particolare ambiente della torbiera ha consentito anche la sopravvivenza di rare specie d'origine post glaciale e assai rare a Sud delle Alpi, come il Vaccinium microcarpus, l'Andromeda polifolia e l'Empetrum nigrum.
Fra le curiosità si ricorda la presenza della pianta carnivora Drosera rutundifolia. Fra la vegetazione arborea, pini mughi e betulle stanno colonizzando il piano paludoso, mentre il bosco circostante è composto prevalentemente da pini cembri e abeti rossi.
Le acque della palude sono abitate da anfibi come la rana temporaria e il tritone alpestre dal caratteristico ventre rosso-arancio. Fra i rettili non è raro imbattersi nella biscia dal collare, Natrix natrix, ma in zona è presente anche la vipera. Cervi, scoiattoli, volpi e uccelli rapaci come il gufo reale, l'aquila o il gipeto, anche se rari da vedersi, rappresentano la fauna maggiore.
Un facile percorso didattico, che si dirama sulla sinistra oltre il ponte che porta all'inizio della salita del Forte, consente di compiere il periplo della zona protetta. Cartelli esplicativi spiegano le caratteristiche osservabili e camminamenti in legno, gettati sulla palude, facilitano il cammino al visitatore cui si raccomanda di non abbandonare il percorso attrezzato.