Dal parcheggio di Boirolo si prosegue sulla strada che diventa sterrata con due corsie in cemento. Dopo un tratto a mezza costa la carrareccia prende quota con alcuni ripidi strappi e giunge su uno splendido terrazzo panoramico che offre un'incomparabile veduta sulla Valtellina. Proseguendo oltre, si entra presto nel fitto bosco di larici e abeti che ammanta il costone alle spalle di Boirolo. La strada si tiene sulla sinistra (Ovest) del crinale e solo di tanto in tanto qualche radura lascia spaziare l'occhio. Senza troppa fatica si arriva a lambire sulla sinistra la spalla prativa dove sorge la chiesetta di Santo Stefano. Nei pressi, gli Alpini hanno ricavato un confortevole rifugetto nel vecchio edificio della casa parrocchiale. Siamo ormai vicini ai 2000 metri ed è sorprendente scoprire che questo minuscolo edificio sacro era già presente quassù nel 1177. Diversamente da altri santuari o luoghi di culto alpini Santo Stefano non si trova su importanti vie di comunicazione che ne giustificherebbero la presenza come luogo di incontro e di asilo. Molto probabilmente la chiesa fu edificata per dare assistenza religiosa ai pastori delle malghe che un tempo dovevano essere assai numerose anche grazie all'ampiezza del pascolo disponibile.
Proseguendo sulla strada che diventa sempre meno agevole si avanza lungo il costone che, man mano, si fonde con il corpo della montagna. Il percorso si avvicina al torrente di fondovalle, il Rogna,. Proseguendo lungo la sterrata dopo un paio di tornanti si lambisce una grande baita poco dopo la quale inizia un lungo traverso verso Ovest. Si traversa il torrente e poco dopo si nota una deviazione a gomito che sale verso destra: è un tratturo molto sconnesso che termina sul sovrastante poggio erboso cosparso da grandi blocchi di pietra. Procedendo ora verso Nord torniamo sulla strada principale avendo evitato un noioso giro. La strada sale fra i pascoli ove si notano numerosi grandi cumuli di massi frutto dell'antichissimo lavoro di spietramento operato dai pastori per ottenere una maggiore superficie utile al pascolo. Il colore delle rocce, fa pensare che tali cumuli di macigni siano stati realizzati in epoche veramente remote. Sulla sinistra si nota una delle grandi baite-stalla tipiche di questi monti; la possiamo raggiungere immediatamente per una visita, oppure più tardi, durante la discesa.
La stradicciola giunge nei pressi di un'area cintata e l'aggira salendo sul dossone alle sue spalle da qui si prosegue su traccia di sentiero ed in breve si giunge presso il cartello giallo che indica il luogo dove c'era il Lago di Rogneda.
Il paesaggio tutt'attorno è aspro e desolato, fatto di magro pascolo e grandi pietraie fra le quali, sebbene siamo già verso i 2300 metri sopravvivono un paio di tenacissimi larici.
Verso occidente svetta l'elegante piramide della Corna Mara e sopra le nostre teste incombono le rocciose muraglie delle Cime di Rogneda. Verso Sud, scavalcati i vapori salenti dalla Valtellina, svettano le dentellate cime delle Alpi Orobie fra le quali spiccano quelle del Dente di Coca e del Pizzo di Coca.
In tempi di grandi mutamenti climatici la cui causa è sicuramente accelerata dall'intervento umano, ci è sembrato interessante portarvi a vedere il piccolo Lago di Rogneda o meglio il luogo dove scintillava.
Rogneda è un vasto alpeggio di praterie che si stende esposto a mezzogiorno, sulle montagne alle spalle di Sondrio. Fanno corona ai pascoli le aspre e dirupate vette della catena Corna Mara-Vetta di Ron, ai cui piedi sfumano sui prati imponenti ed antichissime morene.
Si tratta di un ambiente alpestre di grande fascino, che assume ancor più bellezza nelle stagioni morte quando la solitudine torna a regnare sovrana: d'estate, grazie anche a numerose strade, il luogo è affollato non solo da mandrie e pastori, ma anche da molti villeggianti. Il corpo montuoso fra la Corna Mara e la Vetta di Ron separa l'imbocco della Val Malenco a Ovest da quello della Val Fontana, più ad Est.
La gita verso il laghetto è molto facile e poco faticosa svolgendosi quasi interamento su strada sterrata e tratturi. Inoltre, una volta raggiunti i pascoli di Rogneda, il terreno aperto e facile consente di curiosare qua e là a piacimento.
Durante la salita, altre curiosità attireranno la nostra attenzione, dall'ex complesso sanatoriale di Prasomaso alla antichissima chiesa di Santo Stefano. Il sanatorio di Prasomaso fu costruito nel 1905 in questa zona dal clima particolarmente secco e salubre, in mezzo ad una fitta pineta. La casa di cura fu intitolata al Re Umberto I e funzionò per diversi anni, ospitando anche illustri pazienti fra i quali, nel 1920, Bruno Fortichiari, scrittore e dirigente del movimento operaio italiano. L'importanza del sanatorio venne man mano scemando anche a causa della costruzione del nuovo grande complesso sanatoriale della Pineta Sortenna, a Sondalo, realizzato fra il 1903 ed il 1930. Oggi, salendo verso Boirolo ci si imbatte nei vecchi edifici, alcuni dei quali ristrutturati e adibiti ad abitazione di villeggiatura, restando colpiti nel trovare fra questi monti e così lontano dai centri abitati tracce di quell'architettura Liberty ben più evidente nei primi sanatori del Monte Sortenna.
Il Lago di Rogneda, che con le sue acque cristalline ingentiliva un poco questo luogo desolato, è scomparso da pochi anni.
In questo caso, sicuramente, non c'entra la mano dell'uomo. Il fenomeno è con ogni probabilità dovuto ad una lunga serie di annate siccitose che hanno negativamente influenzato il già precario bilancio idrico del laghetto. Probabilmente, parte dell'alimentazione del lago avrebbe potuto essere fornita da qualche lente di ghiaccio fossile sopravvissuta per millenni sotto le pietraie retrostanti e alimentata anno dopo anno dalle slavine che scendevano dalle pareti delle Cime di Rogneda. Sebbene più lentamente rispetto alle altre, anche questa possibile fonte d'acqua si sarebbe però esaurita ed infine il lago si è seccato.
Fenomeni come questo devono farci meditare su molti interventi che si stanno facendo scavando nel sottosuolo o captando l'acqua come se fosse un bene eterno e rinnovabile.
Uno scavo, una captazione tolgono acqua in un settore ove magari si trova l'inizio di una sorgente che alimenta acquedotti più a valle. Se nel sottosuolo esistono poi dei piccoli depositi del prezioso liquido, l'effetto del prelievo non è immediato, ma si manifesta magari a distanza di anni, quando anche questi sono esauriti.
L'acqua sta diventando sempre più un bene preziosissimo per tutta l'umanità, lo rivelano anche gli enormi interessi economici che si stanno scatenando sul suo possesso.
Occorre sprecarne il meno possibile e valutare con attenzione gli interventi sul territorio anche perché, secondo autorevoli studiosi, sulle Alpi, nei prossimi anni ci sarà un calo delle precipitazioni del 30/35 per cento rispetto ad oggi.
I tempi di reazione della Natura sono commisurati alla sua grandezza e, quindi, spesso assai lenti: un ghiacciaio inizia visivamente a crescere o a ritirarsi con molti anni di ritardo rispetto ai fenomeni che ne provocano l'inizio della crescita o del ritiro.