Passeggiate - Costiera dei Cèch - terza parte - Il Culmine di Dazio e il settore orientale della Costiera

Da Cino alle porte di Mello

Contenuto della pagina: scheda completa del percorso «Costiera dei Cèch - terza parte - Il Culmine di Dazio e il settore orientale della Costiera»

  1. Scheda
  2. Percorso
  3. Approfondimento
 
  • Zona: Bassa Valtellina
  • Tipo: Passeggiata
  • Sigla: A1/2
  • Periodo consigliato: tutto l'anno ad eccezione dei mesi più caldi
  • Punto di partenza: Morbegno.
  • Tempo di percorrenza: a piacere.
  • Dislivello: percorso semi pianeggiante con brevissimi dislivello, percorribile in gran parte in auto
  • Difficoltà: T (Turistica)
  • Bibliografia: Gianasso  M. e AA.VV.  "Guida turistica  della Provincia di Sondrio"  seconda edizione; Ed. Banca Popolare di Sondrio"  - Sondrio  2000
  • Cartografia: Carta Escursionistica Kompass 1:50.000 «Chiavenna-Val Bregaglia»
 


 
mappa di Costiera dei Cèch (diviso in tre parti)

La zona del Culmine di Dazio


Con questa puntata si conclude la nostra visita alla luminosa Costiera dei Cech e per il finale vi abbiamo riservato la parte forse più bella e variegata di questo territorio. I motivi di attrazione e di interesse della zona sono molteplici, da quelli naturalistici e geologici a quelli architettonici ed etnografici.
Ma procediamo con ordine, o meglio, cerchiamo di farlo. Per raggiungere le località descritte si deve abbandonare la SS 38 all'altezza di Morbegno e, seguendo le indicazioni per Traona-Mello-Dazio, raggiungere il moderno ponte sull'Adda che permette di portarsi sul versante pedemontano retico della Valtellina. Varcato il ponte prendete a destra e appena prima del primo tornante parcheggiate. Traversate la strada e scendete per una stretta carrozzabile verso destra. In breve raggiungerete la contrada di Ponte Ganda  il suo magnifico ponte medioevale. Originariamente edificato nel '400 il ponte ha subito numerosi rimaneggiamenti e restauri a causa dei danni subiti dalle piene dell'Adda e per cause belliche. L'attuale manufatto risale all'ultimo rifacimento operato dall'architetto milanese Francesco Bernardino Ferrari nel 1778. Con la sua grande arcata centrale e i suoi imponenti pilastri di sostegno il ponte costituisce senza dubbio un notevole motivo di curiosità. Per secoli fu uno dei pochi ponti in muratura sull'Adda e conobbe particolare importanza nel '500 allorché fu aperta la via "Priula" che, attraverso il Passo S. Marco collegava la bergamasca e quindi la Signoria di Venezia con la Valtellina e i territori allora occupati dai Grigioni.
Tornati alla strada principale procediamo salendo con qualche tornante per raggiungere le case della "costiera di Santa Croce"  affacciata coi suoi piccoli agglomerati di case in pietra sulla Valtellina e su Morbegno. Un reticolo di sentieri e mulattiere usate per collegare le varie contrade e per la coltivazione dei vigneti permettono varie brevi escursioni. La strada punta ora decisamente in direzione Est, alla volta della tondeggiante emergenza del Culmine di Dazio (o Colma di Dazio) che, come una imponente chiusa sbarra l'accesso alla media Valtellina.
Avremo modo più avanti di riparlare di questa peculiarità geologica, ora, avvicinandoci ad essa, facciamo ben attenzione alla segnaletica. Dapprima si incontra un piccolo cartello che, sulla destra, indica la deviazione per il nucleo di Cermeledo, antico e caratteristico agglomerato di vecchie case arroccate attorno alla chiesa di S. Nazzaro. Poco più avanti, ecco un altro cartello che, questa volta verso sinistra, indica la deviazione per il "torchio" di Cerido. Abbandonata la strada principale voltiamo quindi a sinistra e seguiamo le indicazioni che in breve portano all'amena terrazza nascosta ove, fra prati e castagneti cosparsi di massi erratici di granito, sorgono le case di Cerido. Il piccolo abitato è ancora ben conservato e la sola visita a questo piccolo gioiello architettonico potrebbe essere sufficiente. Ma a Cerido, il giovedì e la domenica si aprono le porte dell'antica casa che ospita il "Museo della vinificazione" e uno dei torchi a leva più grandi d'Europa. L'ingresso al museo è gratuito, il tutto è conservato in una vasta sala ove campeggia il gigantesco torchio, un vero colosso in legno di castagno con la leva lunga una quindicina di metri e con una sezione massima di circa un metro. Accanto al torchio, ben allineati, sono esposti tutti gli attrezzi utilizzati un tempo per la coltivazione del vigneto e per la produzione del vino. Risalente al XVII secolo il torchio di Cerido è uno degli ultimi esemplari dei grandi torchi consortili che si trovavano in varie località valtellinesi. Date le ragguardevoli dimensioni, a volte 15 metri di lunghezza e oltre 4 di altezza, la costruzione dei torchi coinvolgeva diverse famiglie che si univano per affrontare il non indifferente onere per la realizzazione. Le famiglie utilizzavano poi a turno il torchio e si dividevano i lavori per la sua manutenzione.
Tornati un'altra volta sulla strada che sale verso Dazio, poco prima di raggiungere questa località, si incontra una nuova deviazione a gomito sulla destra. Sebbene la stretta stradina sia percorribile con auto di piccola dimensione, è consigliabile lasciare i mezzi e procedere a piedi. La strada altro non è che l'antica mulattiera che dalla contrada dei Torchi Bianchi, saliva alla volta di Dazio (il bel nucleo dei Torchi Bianchi è raggiungibile proseguendo per la strada che dal Ponte di Ganda porta a Campovico e Paniga. Poco dopo il primo abitato si incontra a sinistra la deviazione che in breve sale al paesino purtroppo danneggiato alcuni anni or sono da un incendio). Con percorso suggestivo, la mulattiera scende perdendo quota nel bosco, lambisce una monolitica fontana di granito e passa accanto alle case di Categno, suggestivo pugno di case in pietra fra le quali si trova la locanda agrituristica "Osteria de Categn" aperta con servizio ristorante il venerdì e nei week-end (per prenotazioni tel. 0336/519149). La località è tranquilla ed estremamente suggestiva, affacciata sulla bassa Valtellina e ben esposta al sole; fra le case, seppure un po' fatiscente, spicca anche il piccolo edificio della chiesetta dedicata a San Biagio.
Ci troviamo sulle pendici meridionali del Culmine di Dazio ed il luogo appare il più adatto per aprire una piccola lezione di geomorfologia. Il Culmine è formato principalmente da dura roccia granitica che affiora in diversi punti, specie sul versante Sud. Tale coriacea cupola rocciosa si venne a trovare sulla strada degli antichi ghiacciai quaternari che nell'era glaciale ricoprirono tutta la Valtellina modellando, con una successione di avanzate e ritiri, il profilo del fondovalle e quello delle valli laterali. Un grande ghiacciaio usciva dalla Val Masino confluendo nella  fiumana ghiacciata principale che occupava la Valtellina; le due colate si fondevano più o meno ove si trova il Culmine. La lenta azione erosiva scavò ove il terreno era più tenero e così venne a formarsi la bella conca ove si adagia il paese di Dazio  alle pendici settentrionali del Culmine. La cupola granitica resistette alla completa erosione e sebbene lisciata restò a separare la media dalla bassa Valtellina. Inutile dire che tale posizione strategica fu subito sfruttata dall'uomo e col tempo assunse sempre maggiore importanza. Lo stesso nome di Dazio, ricorda che qui si trovava un punto di dogana.
Tutt'attorno, la pendice della montagna è costellata di massi erratici di granito ghiandone, caratterizzato dai grandi cristalli di bianco feldspato che spiccano nella matrice più scura. E'il granito della Val Masino portato fin qui dai ghiacci e poi depositato durante l'ultima fase di ritiro. Alcuni di questi massi raggiungono  dimensioni ragguardevoli, ma non sono che i superstiti di un ben più numeroso esercito. Nel corso dei secoli, moltissimi sono stati spezzati ed utilizzati come materiale da costruzione per erigere case e fortilizi nella zona.
Una strada sterrata sale da Dazio verso la cima del Culmine sulla quale oltra ad un ampio ìanorama, si possono ancora scorgere i ruderi di un'antica costruzione forse un castello, forse una torre di guardia. Da Dazio la strada riprende a salire e, con un ampio tornante, porta a Serone congiungendosi con la carrozzabile descritta nell'itinerario dello scorso mese; si prende quindi per Naguarido e poi, proseguendo verso Est, si raggiunge Caspano meta finale del nostro tour. Un'altra stretta stradina si stacca sulla destra poche centinaia di metri dopo il tornante che aggira Dazio. Seguendola si entra nel fitto bosco di castagni e con una serie di tornanti si passano le piccole e graziose contrade di Cà del Sasso e Cà del Picco. Poco più avanti eccoci a Caspano, importante paese dalla grande e caratteristica chiesa il cui edificio spicca già dal basso. Il paese è situato in posizione dominante, sulla Valtellina e si trova per così dire alle porte della Val Masino. da qui infatti una comoda ma in alcuni punti vertiginosa carrozzabile entra in Val Masino raggiungendo Cevo e la località Ponte del Baffo.  Sebbene la strada sia di recente costruzione, essa ricalca il percorso di una antica via. Da qui si entrava nella valle evitando la sua stretta gola iniziale; da qui passano ancora le mandrie che da Mello raggiungono la Val di Mello e le laterali della Val Masino per la monticazione estiva. Caspano  è un paese di antiche e nobili origini. Qui, per sfuggire alla lotta tra guelfi e ghibellini, si venne a stabilire la nobile famiglia comasca dei Parravicini che, in breve, fece del paese un polo culturale ed economico di notevole importanza. Qui, nel 1530, i Parravicini ospitarono Matteo Bandello che, durante il suo soggiorno... "trovava cibi delicati e vini preziosissimi, tratti dai solatii vigneti di Traona e le grasse sue novelle allietavano la nobiltà locale e i mercanti grigioni e svizzeri, nonché i gentiluomini milanesi e comaschi che giovavano per la loro salute dei Bagni del Masino ".
Nel '500 il paese contava circa mille abitanti contro gli attuali 160 e per la sua felice posizione venne eletto a località prediletta dall'aristocrazia valtellinese e non solo.  Oggi purtroppo poco rimane degli antichi splendori; il borgo versa in uno stato di generale abbandono e fra le case fatiscenti faticano ad imporsi le belle soglie di pietra, gli stemmi scolpiti sulle arcate degli ingressi, i porticati.  Anche la Cà Comuna un tempo sede dell'amministrazione estiva della bassa Valtellina è ora ridotta ad un fienile. Ma merita di essere visitata per il loggiato a due piani. L'imponente chiesa dedicata a S. Bartolomeo risale forse al XII secolo e fu poi ampliata e modificata nel '500. In essa sono conservate  alcune opere di Giacomo Parravicini detto Gianolo e di Luigi Donati. Notevole l'ancona lignea del Donati, dorata e policroma con nove figure scolpite ad altorilievo a rappresentare la Resurrezione di S. Lazzaro.





  • Il ponte di Ganda
  • La chiesa di Caspano
  • L'imponente torchio consortile di Cerido
  • Dal Culmine di Dazio sguardo sulla media Valtellina
  • Tipica "santella" su una delle mulattiere attorno a Dazio-S.Croce