Dall'imbarcadero risaliamo il lungolago verso sinistra (faccia a lago) sfilando davanti alle caratteristiche antiche case del borgo, scandite da stretti vicoli e da minuscole piazzette. Questa è la Gravedona antica e storica.
Superata Piazza Cavour si arriva in breve in Piazza Mazzini. Si piega a sinistra entrando nella piazzetta per imboccare uno stretto vicolo che inizia a sinistra dell'oratorio della Madonna de la Soledad (indicazione Ristorante. Cà dè Matt). Fatti pochi metri nel vicolo, si deve prendere la prima a destra (Via Castello) e salire fino ad incrocio con fontanella (acqua potabile). A questo punto ci si immette su una via più larga formata da una scalinata. Si sale verso sinistra arrivando ad uno slargo dove sulla destra si trova l'ingresso della casa di villeggiatura appartenuta ad Alessandro Volta. A destra della casa di Volta seguire ora l'indicazione "Panorama" e percorrendo ancora la Via Castello, contorniamo la casa dell'illustre comasco. Si arriva così su uno splendido terrazzo panoramico presso la biblioteca il cui edificio è caratterizzato da una piccola torre campanaria con orologio che la fa somigliare ad una chiesetta. Ci troviamo sul promontorio dove sorgevano, un tempo, le fortificazioni dell'abitato andate distrutte nel XII secolo. Tali opere militari si prolungavano verso Nord, arrivando fino a Palazzo Gallio, oggi sede della Comunità Montana Alto Lario Occidentale. Il palazzo fu eretto nel 1586 dal Cardinale Tolomeo Gallio, su progetto di Pellegrino Tibaldi, già architetto del Cardinale Carlo Borromeo. Oggi monumento nazionale, la sontuosa dimora avrebbe dovuto ospitare il Concilio della Controriforma che invece si tenne a Trento. L'edificio ha una solida e imponente pianta quadrata con quattro torri angolari e sorge su un promontorio affacciato sul lago; come già accennato, parte delle sue strutture incorporano i resti dell'antico castello.
Dal terrazzo panoramico dove ci troviamo si ha una visione completa del borgo e del porticciolo oltre che del lago e delle sue montagne. Tornati davanti alla casa di Volta si deve ora piegare a destra e, seguendo il Via San Rocco o la parallela alla sua destra, si sbuca sulla Strada Statale. Si piega a destra per una cinquantina di metri finché sul lato opposto si apre, verso sinistra, la Via Dosi e Segna. Si segue detta strada ben lastricata che sale dolcemente arrivando ad un bivio. Si prende ora a destra Via Pessina, entrando sul percorso del Giubileo, e si risale passando due volte sotto la strada provinciale per Dosso del Liro e Livo. Subito dopo il secondo sottopasso si deve passare anche sotto una condotta forzata per poi proseguire in salita lungo una strada cementata che, dopo circa duecento metri, raggiunge le case di Dosi. Qui il tracciato torna acciottolato e, in salita, si immette sulla stretta carrozzabile asfaltata che porta a Segna. Si percorre detta strada superando due tornanti vicini e si entra in paese.
L'abitato sorge su una sella, protetto verso il lago da un promontorio da dove si può ammirare un panorama vastissimo. Verso Nord-est colpisce subito il grandioso imbocco della Valtellina, incorniciato fra la mestola piramide del Monte Legnone a destra e le robuste pendici del Monte Bassetta a sinistra. Evidente è il rettilineo corso dell'Adda prima di immettersi nel lago. Sotto, lungo la costa lariana appare invece la lingua di terra dove sorge l'abitato di Domaso.
Per Segna passava il tracciato antico della Strada Regina e fra le case si trova il minuscolo oratorio di San Lorenzo citato dal Vescovo Ninguarda durante la sua visita pastorale del 1593.
A questo punto non ci resta che intraprendere il ritorno percorrendo il cammino appena seguito fino al bivio all'imbocco di Via Pessina.
Durante il tragitto avremo modo di incontrare le chiese di S. Maria delle Grazie e dei SS Matteo e Gusmeo. Tornati sulle rive del Lario, si piega a destra, dapprima, finché possibile, sul lungolago e poi tenendosi un po' all'interno per raggiungere le chiese di Santa Maria del Tiglio e di San Vincenzo.
Una splendida passeggiata adatta a tutte le stagioni, ricca di scorci panoramici di grande fascino e veramente consigliabile.
Per buona parte il percorso si svolge fra le strette vie di Gravedona e, con un breve dislivello, raggiunge la frazione di Segna, punto panoramico significativo sul Lario e la Valtellina.
Lungo il cammino avremo modo di ammirare alcune delle più belle chiese della sponda occidentale lariana.
La gita prende le mosse dal lungolago di Gravedona, nella zona di attracco del traghetto di linea: una splendida "promenade" con vista sul lago ed incorniciata verso Nord dalle alte vette del Monte Legnone e del Sasso Manduino.
Il toponimo del borgo ha origini antichissime, retaggio delle popolazioni di ceppo ligure-celtico che si stabilirono sul Lario. "Grava", da cui Gravedona, significa costa sassosa.
Verso il V secolo a.C. la zona fu occupata dai Galli, un'altra popolazione celtica la cui presenza è indicata da numerosi toponimi tipicamente lariani. Ai Galli subentrarono i Romani e dopo un periodo di relativa tranquillità, anche Gravedona fu teatro delle contese fra i Goti ed i Bizantini che sorsero al crepuscolo dell'impero. Verso il 550 il territorio passò sotto la dominazione dei Franchi che provvidero a migliorare la viabilità costiera definendo meglio il percorso dell'importante arteria che prenderà il nome di Strada Regina. Con la decadenza dei Carolingi, pare accertato che tutto il territorio sia caduto sotto l'influenza del Contado di Milano. Infatti, nel 1118, Gravedona si schierò con Milano contro Como, impegnandosi in una decennale guerra. Poco tempo dopo, la fiera Gravedona fu in prima linea anche contro il Barbarossa e la sua flotta si distinse per un'impresa epica: giunta notizia che l'imperatore aveva fatto trasportare via lago il suo tesoro alla volta della Valchiavenna, i navigli di Gravedona arrembarono la nave imperiale sottraendo il tesoro, compresa la corona imperiale.
Le successive epoche videro un costante fiorire del borgo e della sua economia sebbene sotto diversi dominatori, dai Visconti ai grigioni e da questi agli spagnoli. Ogni tanto qualche nube di guerra o qualche calamità naturale giungeva ad oscurare temporaneamente la serenità del luogo, ma nel complesso si trattò di eventi passeggeri. Il più grave di questi fu l'epidemia pestilenziale portata dalle truppe lanzichenecche in calata verso Sud che provocò 630 morti nella sola Gravedona.
Terminato questo tumultuoso periodo, le vicende del paese e del suo territorio seguirono più o meno quelle italiane e della Lombardia fino ai giorni nostri.
Prendendo a destra dall'imbocco di via Pessina, dopo una brevissima salita ed un tratto in piano, si giunge sul verde spiazzo antistante la chiesa di S. Maria delle Grazie ed il suo convento. L'edificio ha un'unica navata, con cinque arconi acuti. L'ampio spazio interno è chiuso da tre absidi, di cui quella centrale con volta a vele. Bellissimi i due portali in marmo di Musso che consentono l'accesso, frontale e laterale. La lunetta del portale principale è decorata da un affresco cinquecentesco con "la Vergine fra i Santi Agostino e Nicola da Tolentino. All'interno si conservano pregevoli affreschi quattrocenteschi di scuola lombarda ed eleganti stucchi settecenteschi.
Da S. Maria delle Grazie, scendiamo lungo la via acciottolata arrivando in breve nel grande parco di platani antistante la chiesa romanica dei SS Matteo e Gusmeo.
La chiesa fu eretta sul luogo dove, si dice, furono uccisi e sepolti i due martiri. L'edificio originale, dedicato a San Fedele, doveva essere a pianta centrale con funzione di mausoleo. Nel 1533, dopo averne invertito l'orientamento, la costruzione fu intitolata ai due martiri. All'interno si trova un notevole affresco (1608) di Giovanni Mauro della Rovere, detto il Fiammenghino raffigurante "la Gloria di Dio Padre e degli Angeli". Le tele alle pareti con il "Giudizio dei SS. Gusmeo e Matteo", il "Martirio dei Santi" e il "Trasporto delle reliquie dei Martiri", avvenuto nel 1637. Alla chiesa è legata la secolare fiera del bestiame (11-12 settembre) che qui giungeva anche dalle sponde opposte del lago e dalla Svizzera attraverso il Passo di S. Jorio.
Percorso il vialetto che taglia il parco, grazie ad una magnifica scalinata dai gradini con alzate in granito, si giunge di nuovo sulla Strada Statale che si percorre verso destra per poche decine di metri fino all'imbocco di Via Molo Vecchio che scende verso il lago. Tornati sulle rive, si piega a destra, dapprima, finché possibile, sul lungolago e poi tenendosi un po' all'interno.
La stupenda chiesa di Santa Maria del Tiglio è uno degli edifici sacri più belli ed interessanti del Lago di Como e vero monumento alla perizia dei Maestri Comacini. Costruita verso la seconda metà del XII secolo, la chiesa sorge sopra il precedente battistero (V sec.) dedicato a S. Giovanni Battista. Le mura, elegantemente decorate da lesene, archetti pensili, feritoie, colonne, loggiati, absidi e oculi, sono costituite da pietre bianche e nere nelle quali si leggono anche immagini simboliche in bassorilievo. Dalla facciata sembra quasi generarsi spontaneamente la splendida torre campanaria ottagonale creando un mirabile ed equilibrato complesso architettonico.
All'interno si possono ammirare dei cicli di affreschi risalenti al XIV e al XV secolo: un "Giudizio Universale" un "S. Giovanni Battista" e "I Re Magi", un "Crocefisso" e una "Trinità", "L'Adozione dei Magi", un episodio della "Vita di S. Giuliano ospitaliere", "La Vergine tra S. Nicola, un committente e un altro Santo", "S. Gottardo", "S. Stefano", "S. Cristoforo".
La vicinissima chiesa parrocchiale di San Vincenzo fu eretta verso il 1072 su una basilica paleocristiana del V secolo cui apparteneva il battistero su cui sorse la vicina S. Maria del Tiglio. Del vecchio edificio sono ancora visibili parti delle mura e delle absidi, compresa, forse, l'originaria zona presbiteriale.
Dopo una prima ristrutturazione avvenuta nel 1600, nel 1726 fu aggiunto, all'esterno, l'armonioso porticato a due ali che ingloba i due oratori di San Michele e di Santa Marta, sopra il quale c'era il "Lazzaretto".
Le cappelle all'interno dell'edificio sono riccamente arredate e decorate con pregevoli tele, fra cui un "S. Francesco che riceve le stimmate", una "La Crocifissione tra i disciplini", un "San Gerolamo", un "Miracolo di San Biagio" e una pala della "Sacra Famiglia, con il Padre Eterno e lo Spirito Santo" attribuita a Giovanni Baglione. Il presbiterio ha invece due tele raffiguranti "S. Vincenzo davanti al sultano" e il "Martirio del Santo nel 1735.