Trovato parcheggio a lato della strada prima della sbarra che preclude il proseguimento con l'auto, ci s'incammina sulla carrareccia che, in costante salita e con alcuni tornanti, porta agli edifici di servizio degli impianti idroelettrici della Val d'Avio. Sempre lungo la strada si entra ora in piano nella soglia sospesa della valle e tenendo la sinistra orografica, si percorrono le sponde del Laghetto d'Avio e poi del più grande Lago d'Avio.
Ad un certo punto un cartello escursionistico indica di abbandonare la carrozzabile per imboccare un sentierino sulla destra che, per lungo tratto, corre ad essa parallelo. Il sentiero passa poco sopra le case dei guardiani della diga del successivo Lago Benedetto e, lambita una cappelletta sulla sinistra, prosegue verso Sud, lasciando a destra la diramazione per il Passo delle gole Larghe. Iniziando a salire con alcuni tornanti ci si porta sopra il salto da cui precipita la magnifica cascata che alimenta il Lago Benedetto e si raggiungono i pianeggianti pascoli di Malga Lavedole. Traversata, in direzione Est, l'umida pianura, si riprende a salire nel rado bosco incontrando alcuni splendidi esemplari di pino cembro. Oltre le ultime piante, il sentiero prende quota con maggiore decisione ma con andamento complessivamente poco faticoso. Quasi sempre ben acciottolato, il percorso supera questo tratto localmente noto come il... "Calvario", ed esce sul vasto ripiano detritico ove sorge una cappelletta e poco più in là si staglia lo sbarramento del Lago del Venerocolo. Prendendo a sinistra si raggiunge in breve l'edificio del Rifugio Garibaldi al cospetto dell'imponente versante Nord dell'Adamello.
Dal rifugio ci si abbassa alla diga e ci si porta sul versante orientale del lago percorrendo lo sbarramento. Un sentierino (segnavia n°1 Alta Via dell'Adamello) taglia in diagonale la morena basale del Ghiacciaio del Venerocolo che si stende ai piedi della parete Nord dell'Adamello. Poco dopo, seguendo le segnalazioni dell'Alta Via, si devia a destra guadagnando il filo morenico e portandosi sull'opposto versante. Si prosegue lambendo alcuni manufatti risalenti alla costruzione della diga e, puntando in direzione Sud-ovest, si sale alla base di un canalino che porta all'intaglio del Passo del Lunedì 2650 m, aperto nella sottile cresta che costituisce il prolungamento dello spigolo Nord-ovest dell'Adamello. Si scende sul versante opposto e, sempre seguendo le segnalazioni bianco-rosse, si punta al muraglione della ben visibile diga del Lago Pantano, dominato dall'elegante piramide di Cima Plem.
Traversato lo sbarramento si scende alle sottostanti case dei guardiani (possibile scendere anche prima di traversare il muraglione) e da qui sempre seguendo le indicazioni si imbocca il tacciato che, tenendo la sinistra orografica del vallone, riporta alla conca della Malga Lavedole dove si intercetta il sentiero di salita.
La gita che vi proponiamo si presta ad alcune possibili interpretazioni. Ad alcuni potrà bastare arrivare al Rifugio Garibaldi, affacciato sul Lago del Venerocolo e in vista della triangolare, oscura parete Nord dell'Adamello; altri potranno invece proseguire per compiere quella sorta di mini-trekking suggerito da noi; alcuni, i più allenati e frettolosi, lo potranno fare in un solo giorno, altri lo divideranno in due giornate con pernottamento al rifugio.
La gita si svolge quasi completamente su sentiero segnalato con bandierine bianco-rosse, presenti anche ove questo è assente o quasi, quindi nel solo breve tratto di attraversamento del Passo del Lunedì. Nella Val d'Avio, dove si svolge la gita si trovano ben cinque bacini artificiali, una concentrazione probabilmente unica in tutto l'arco alpino. Una volta raggiunto il livello dei laghi, e quindi la soglia superiore della valle, il panorama si apre offrendo splendide visuali su alcune delle maggiori vette del massiccio, compresa quella principale.
Particolarmente bella per eleganza di forme è la Cima Plem che chiude a meridione il vallone di Pantano. Alla sua sinistra si apre il Passo Prudenzini, attraverso il quale si svolge un tratto di collegamento dell'Alta Via dell'Adamello n°1 e che porta al Rifugio Prudenzini in Val Salarno.
Purtroppo anche in questa area alpina le recenti annate calde hanno causato un notevolissimo regresso dei ghiacciai, compreso quello del Venerocolo che si stende ai piedi della parete Nord dell'Adamello.
Il percorso di salita al rifugio è divisibile in due settori. Una prima parte, piuttosto monotona, si attiene alla carrozzabile che sale alle dighe; la seconda parte, impreziosita da scorci paesaggistici sempre più belli e maestosi, porta fino al rifugio. Il sentiero di salita è, in gran parte, ben tenuto, ed è particolarmente suggestivo proprio nel suo tratto finale, quello che da Malga Lavedole porta al Lago del Venrocolo. Qui, molti segmenti del tracciato sono ben lastricati con grosse pietre arrotondate di color rosso mattone dai caldi toni che contrasta vivacemente con il verde dei prati e il grigio chiaro delle rocce circostanti.
Il breve tratto di tarversata fra il Lago del Venerocolo e quello di Pantano richiede un minimo di esperienza ed è meglio affrontarlo con la montagna in condizioni ottimali, ossia in assenza di neve.
L'esplorazione alpinistica del massiccio Adamello-Presanella ricalca più o meno l'andamento generale della scoperta delle Alpi.
I principali valichi e le più importanti vallate della regione erano già certamente percorse durante la preistoria; ed è molto probabile che i primi uomini e quelli che li seguirono in epoche successive si spinsero anche su qualche vetta minore. Ma i motivi che li portarono lassù, ben poco avevano a che vedere con quelli tipici dell'alpinismo: erano stimoli più immediati, legati alla pastorizia, alla caccia, alla ricerca e raccolta di minerali e piante.
Probabilmente alcune rudimentali carte topografiche della zona, furono già incise sulle pietre della Val Camonica dai primi abitanti della valle, ma per avere un prodotto più simile al concetto moderno di carta geografica, dobbiamo attendere il 1764. In quell'anno nel grande atlante del Tirolo, di Anich e Hüber, comparve, infatti, una carta del massiccio. Per la prima volta appare il toponimo, Presanella, mentre per l'Adamello dovremo aspettare il 1797, con l'edizione della carta napoleonica; invece esistono pochi dubbi sull'etimologia di Presanella, diminutivo di Presena, piccola presa d'acqua presso la soglia di Val Stavel, altro discorso è per Adamello.
Probabilmente il nome ha antichissime origini e alcuni lo fanno risalire a radici illiriche; si noti inoltre che la montagna era conosciuta con questo nome, solo dai montanari di Val Saviore e Val Adamè e il toponimo venne pienamente riconosciuto solo nel 1824, in una pubblicazione di F. L. Welden, riguardante il Monte Rosa. Nell'opera si attribuisce alla nostra vetta la quota di "10.950 piedi parigini", circa 3558 metri, misurazione che, considerati i tempi in cui fu presa, è di notevole precisione.
Il periodo posteriore al Congresso di Vienna, vide tutte le Alpi interessate da un intenso studio cartografico e non fece eccezione neppure il massiccio dell'Adamello. Assumeva, infatti, sempre maggiore importanza la necessità di avere un chiaro prospetto topografico del territorio alpino, forse anche in funzione delle preoccupazioni nazionalistiche che, in quegli anni di incertezza e guerre quasi continue, erano di certo notevoli.
A partire dal 1854, ebbe inizio, dunque, un'intensa campagna di rilevamento topografico del massiccio Adamello-Presanella, promossa dal governo austriaco. Pochi anni dopo il ruolo dei topografi fu assunto da scienziati e naturalisti che, studiando vari aspetti del massiccio, dai ghiacciai alla geologia, raggiunsero sicuramente qualcuna delle vette minori.
Ma l'alpinismo andava rapidamente organizzandosi come idea e come sistema; la nascita delle prime aggregazioni sociali, i club alpini, fu subito seguita anche da una intensa attività editoriale con i primi resoconti delle ascensioni compiute dai soci.
Nel 1864 assistiamo ad un primo tentativo di scalata all'Adamello che, però, fu abbandonato sul Monte Veneròcolo. E' il preludio di una grande annata che, quasi simbolicamente, vedrà vinte le due maggiori vette del massiccio, dai rappresentanti delle due scuole alpinistiche allora più attive in questo settore alpino: l'austriaca e l'inglese. Il 24 agosto, una cordata composta da Douglas W. Freshfield, M. Beachroft, D. Walker con la guida svizzera Francois Devouassoud e il portatore B. Delpero di Vermiglio, riesce nell'ascensione della Presanella. Pochi giorni dopo è la volta dell'austriaco Julius Payer che, il 15 settembre, assieme a Giovanni "Pirinello" Canturani di Stembo, raggiunge la vetta dell'Adamello.
L'ascensione ha qualche risvolto curioso che fa ben capire quali fossero le conoscenze e lo spirito di quei tempi. Per un errore di valutazione, la comitiva, inizialmente composta dai due alpinisti citati e da un compaesano di Canturani, Gerolamo "Fio" Bottieri, compì la prima ascensione al Corno Bianco 3434 m. Lo sbaglio fu forse dovuto al fatto che dal bacino del Mandron, questa cima è quasi perfettamente allineata con l'Adamello, celandone la vetta. Accortisi che la sommità più alta era oltre un chilometro ad Ovest, i tre non si persero d'animo e, seguendo la cresta fra le due cime, si diressero verso la meta. Causa il mal di montagna, Bottieri si fermò, mentre gli altri, al termine di ben 11 ore di fatiche, toccarono sospirata vetta.
La prima scalata del versante Nord dell'Adamello, muraglia di ghiaccio e roccia alta 600 metri, va ascritta al solitario L. Marani che, il 26 agosto 1898, nel corso di un'esplorazione, impossibilitato a ridiscendere, si vide costretto a percorrere la parete Nord-nord-ovest. Nell'estate del 1904, Alessandro Gnecchi e Giovanni Cresseri superano lo spigolo Nord-ovest e nel 1906, è infine la volta del superbo sperone che sostiene la parete Nord, splendida impresa di P. Arici con le guide aostane Emilio Brocherel e Ugo Croux.