Lasciata l'auto presso il piccolo parcheggio auto (quota 2000 m circa) che precede le baite di Albertusch si segue la strada per poche centinaia di metri fino all'alpeggio. Poco oltre, un cartellino con scritta a mano, indica a destra la deviazione "Sassalb". Si sale in quella direzione per ripido sentiero che fiancheggia una fila di pali infissi nel terreno. Quando il tracciato traversa la linea dei paletti si devia decisamente a gomito (masso con strisce di vernice gialla e rossa) verso sinistra imboccando un sentiero pianeggiante che procede lungamente in un rado bosco di larici. Una salita e qualche tornante ci fanno guadagnare un po' di quota per poi riprendere ancora un tratto a mezza costa che porta sulla soglia della conca di pascoli e detriti sassosi compresa fra il Sassalbo, a sinistra, e il Piz da Sassiglion a destra. Seguire la traccia che si inoltra nella conca puntando all'evidente ampia sella della Forcola di Sassiglione. A circa metà della conca, in corrispondenza di alcuni grossi massi calcarei, deviare a sinistra per portarsi, mediante traccia sempre più ripida, alla base del pendio erboso che occupa buona parte del versante meridionale del Sassalbo. Con una lunga diagonale verso sinistra la traccia va quasi a raggiungere le rocce della cresta Sud-ovest, poi torna a destra e si inerpica sul ripido pendio di erbe e detriti che, fortunatamente, presenta una infinità di gradini naturali che facilitano il procedere. Si continua a salire spostandosi nel contempo verso destra per andare ad imboccare l'evidente canale-valloncello che incide sulla destra il versante Sud del Sassalbo. Tenendosi alti (traccia non evidente ma marcia agevole) si entra nel canale un centinaio di metri sopra il suo imbocco. Qui inizia una serie di ometti di pietra che indicano la prosecuzione della via. Appoggiando a volte le mani sulla roccia si segue un sistema di agevoli cenge che riportano nel canale. Lo si risale tenendosi preferibilmente sul suo lato sinistro fino a pochi metri sotto la cresta sommitale. Qui una logica traccia percorre un altro sistema di cenge che correndo sotto il filo della cresta sommitale la raggiunge solo una decina di metri prima della cima.
In discesa si raccomanda di fare particolare attenzione a non perdere le indicazioni fornite dagli ometti di pietra.
La presenza di una cima calcarea come il Sassalbo in mezzo ad un "mare" di rocce ignee, come gli gneiss della Val Grosina o del massiccio del Bernina può destare curiosità e stupore. Ricostruire come una parte di ciò che dovrebbe essere "sopra", sia invece finito di "sotto" è un problema non facile e, a quanto pare, non ancora ben chiaro neppure ai geologi. In parole semplici proviamo ad immaginare un tempo in cui, al di sopra di un basamento di rocce cristalline c'era un immenso piastrone di rocce calcaree che copriva tutta quest'area alpina spingendosi fin sopra l'Engadina, l'Austria e l'alta Valtellina. Poi, una serie di complessi sommovimenti tettonici portò lo scompiglio. Alcune parti del piastrone calcareo vennero inghiottite per sempre, altre parti vennero dislocate in ordine sparso, altre ancora si trovarono al di sotto del basamento originario o, come in un gigantesco sandwich, compresse fra due parti del basamento stesso.
Forze immani furono messe in campo dalla natura che, quasi come a voler giocare coi pezzi di una costruzione, si divertì a scomporre e poi a ricomporre la sua opera. Le rocce che costituiscono gli affioramenti calcarei di questa parte delle Alpi sono della medesima composizione chimica di quelle dolomitiche; purtroppo, però, esse sono assai più rotte e friabili. Tuttavia, se queste pareti lasciano poco spazio alla fantasia e all'azione degli scalatori puri, la loro biancheggiante presenza fra le oscure rocce circostanti offre un gradevolissimo colpo d'occhio e arricchisce il paesaggio rendendolo più vario e suggestivo. Seguendo a grandi linee le parti disperse del piastrone calcareo originario possiamo partire dalle vette dell'Ortles-Cevedale ove questo appare ancora intero e, spingendosi verso Nord forma le "dolomiti engadinesi". Procedendo verso occidente il piastrone prosegue fino al Passo del Bernina ma già la sua parte meridionale scompare sotto le vette della Val Grosina lasciando emergere solo il "nostro Sassalbo". Oltre la linea della Val Poschiavo le rocce calcaree affiorano ancora in corrispondenza del Pizzo Scalino e poi al margine occidentale del gruppo del Bernina, con il Pizzo delle Tre Mogge. Il canalino terminale della nostra salita ci porta proprio nel punto in cui rocce ignee e calcaree sono a contatto.