Dopo Cino la strada consorziale resta asfaltata solo per pochi metri, traversa un torrente tramite un ponte e procede, con dolce pendenza, in direzione Ovest. Dopo alcuni tornanti il tracciato riprende quasi pianeggiante e taglia tutta la boscosa pendice inferiore del M. Bassetta. Il percorso termina sul magnifico balcone panoramico di La Piazza dopo circa 4 km, tuttavia la carrozzabile non è sempre totalmente percorribile in conseguenza delle frequenti opere di manutenzione che richiede. Se si dovesse partire da Cino a piedi si calcoli almeno un'ora di cammino.
A La Piazza, pochi metri prima del termine della consorziale, si dirama sulla destra una recentissima strada forestale taglia fuoco" che percorre tutta l'alta Costiera dei Cèch. S'imbocca questo tracciato che corre a valle del maggengo e poi, con un paio di tornanti, prende quota al suo limite orientale. Da qui inizia una lunga traversata obliqua, verso destra (Est), che giunge al maggengo dei Prati dell'O circondato da gruppi d'imponenti Pini silvestri. Il nucleo rurale è diviso in due agglomerati separati dalla strada; consigliamo di perdere qualche decina di minuti per visitare entrambi ripensando a quando tutta la montagna era coperta dai magnifici pini che ci sorvegliano. È questo, infatti, uno dei pochi nuclei di bosco a pino silvestre sopravvissuto alle distruzioni umane e agli incendi. Raggiunto il gruppo di baite superiore, 1226 m, s'imbocca un evidente tracciato che, pianeggiante, procede a mezza costa verso sinistra (Ovest); lo si percorre per circa 200 m fino ad incontrare un bivio che sale a destra (proseguendo, invece, in piano verso Ovest si raggiungerebbe il ripetitore TV del Monte Foffricio descritto più avanti). Si prende questa deviazione che, ottimamente tracciata e segnalata (bandierine bianco-rosse un po' sbiadite), sale con numerosi tornanti. Con visuale sempre più ampia ci si avvicina alla cresta sommitale finché il sentiero, raggiunti più aperti pendii, sembra perdersi un po'. Ci troviamo su un leggero dosso, presso alcuni ruderi da dove dovremmo piegare a destra, tagliando in diagonale gli ultimi pendii erbosi, per arrivare alla casera posta pochi metri sotto la cima del Monte Bassetta. In alternativa possiamo anche salire direttamente sul crinale e percorrerlo fino alla massima elevazione, punto panoramico del tutto eccezionale (1746 m; 2,30 ore da La Piazza).
La discesa si svolge lungo il sentiero che segue il selvaggio e magnifico crestone Sud-ovest della Bassetta (segnalazioni in rosso e bianco). Tenendo sempre il crestone si scende lungo la traccia che a volte richiede qualche attenzione, fino ad un evidente bivio. Continuare lungo il crinale perdendo quota con ripidi tornanti fino ai boschi che ammantano la vetta dei Monte Foffricio (1109 m circa) dove sorge una grande antenna di ripetitore TV. Sbucati nell'ampia sella prativa che precede l'antenna (subito entrati nella conca si incontra, verso sinistra, la deviazione che porta ai Prati dell'0 superiori), si procede per pochi metri incontrando in breve la deviazione che, verso sinistra, s'abbassa percorrendo il versante meridionale del monte con numerosi tornanti terminando nei prati di La Piazza.
Il viandante che fosse entrato in Valtellina mille e più anni or sono avrebbe visto i fianchi dei versanti vallivi ammantati da fitte selve di alberi secolari. Alle basse quote prevaleva una vegetazione caratterizzata da latifoglie come la betulla e, in primo luogo, il faggio. Ad un orizzonte altitudinale superiore, al bosco di latifoglie si andavano gradualmente sostituendo le grandi foreste di conifere, principalmente abeti e larici. Questi ultimi diventavano le uniche piante d'alto fusto prima del pascolo alpino. Secoli di sfruttamento per alimentare stufe e camini, ma soprattutto i forni di cottura dei minerali ferrosi cavati dalle miniere orobiche, e quelli di altre industrie, spogliarono i fianchi della valle dalle selve primigenie. Fotografie scattate ancora sul finire dell'800 mostrano le nostre montagne scabre e quasi prive di vegetazione d'alto fusto. Certamente all'impoverimento forestale delle montagne contribuirono, non poco, anche i grandi incendi che, periodicamente, scoppiavano per incuria o per dolo. Del resto la strada taglia fuoco", che percorreremo in parte, indica chiaramente che questo malvezzo non è cessato neppure ai giorni nostri.
Nel Medio Evo la fascia altitudinale occupata dal faggio fu efficacemente ripopolata con l'impianto di selve di castani. Tale essenza, oltre a consentire un nuovo rimboschimento, fu di vitale importanza nella povera economia agro-pastorale dei valtellinesi. Frutto, foglie e legno, tutto era utile nel "buon castagno". Frassini, carpini, querce, betulle e pini silvestri popolavano, un tempo, la porzione inferiore dell'ampia costiera dei Cèch. Viceversa il faggio trovava vita un po' dura a causa della grande esposizione al sole del versante e la scarsità di acqua. Anche qui, lo sfruttamento e gli incendi contribuirono a cambiare la costituzione del bosco che oggi appare completamente diversa da un tempo. Sul versante retico, la fascia che va dal fondovalle fin verso i 500-600 metri è, ora, in gran parte occupata dai vigneti. Sopravvivono, però, aree a bosco che, per quanto molto degradate, conservano alcuni elementi che ci riconducono alla copertura vegetale originaria. Si tratta di boschi a Roverella, Orniello, Carpino nero, con isole di specie "mediterranee" quali il Cisto ed il suo parassita, il Cytinus hypocastanis. Sopra questa fascia, nelle vicinanze dei centri abitati di mezza montagna, troviamo vaste selve di castani ove sopravvive qualche raro esemplare di faggio e di quercia. In origine questa zona doveva essere occupata da un bosco misto di querce, betulle, frassini, ontani, pioppi tremuli e tigli. Più in alto l'assolata montagna dei Cèch era coperta da un fitto manto di magnifici pini silvestri di cui sopravvivono alcune sparute stazioni relitte, come presso i Prati dell'O e i Prati Nestrelli.
Verso la cima della montagna la vegetazione doveva essere, invece, più o meno simile a quella odierna, con presenza di boschi d'abeti e larici.