Da San Martino, percorsa la strada della Val di Mello fino all'Osteria Gatto Rosso (km 2), si imbocca la mulattiera di fondovalle fino al vasto pianoro erboso dove sorgono le baite di Cascina Piana (punto di ristoro). Il sentiero prosegue e, dopo una leggera salita, giunge presso un grosso masso col cartello indicante a sinistra la deviazione per il rifugio Allievi-Bonacossa. Dapprima tra erba e massi, poi, sempre più marcato, il sentiero s'innalza con numerosi tornanti entrando nel bosco e lambendo le impressionanti pareti del versante destro orografico della Val di Zocca. Più in alto attraversa il torrente su un ponte e prosegue sbucando sui prati della Casera di Zocca m 1725 (ore 1,30). Il sentiero sale ancora un poco nel rado bosco di larici e poi inizia un lungo traverso su magri pascoli; oltrepassato il roccione, sul quale sorge la Croce Parravicini, si entra infine nel Piano di Zocca m 2070, suggestivo anfiteatro cinto da placche a loro volta sovrastate dalle vette della testata di Val di Zocca. Attraversato il pianoro in direzione Nord, si sale gradatamente verso destra per poi iniziare una serie di tornanti che termina con una traversata a sinistra che, valicato un torrentello, giunge infine al rifugio.
Dal rifugio procedere verso Nord, salendo su pendii che diventano sempre più sassosi per entrare nel vallone compreso fra lo spigolo Sud della Punta Allievi, a destra, e il crestone di Quota 3012, a sinistra. Una bastionata di rocce e canalini sbarra l'accesso ad un secondo e più piccolo vallone, che si trova proprio ai piedi della complessa parete Sud-ovest della Punta Allievi. Percorrendo la bastionata da sinistra a destra, senza difficoltà (ometti) si entra nel vallone e lo si risale. Quando la pendenza aumenta ci si tiene sulla sinistra (ometti) e, per grossi blocchi, si perviene sulla cresta spartiacque alla sua massima depressione, a 2973 m. Si sale, quindi, sulla Vedretta di Castello Sud e, per pendii poco ripidi e rarissimi crepacci, si procede in direzione Nord-est puntando al ben visibile cupolone della vetta. Si passa dapprima sotto la insignificante (da questo punto di vista) vetta della Punta Allievi e, oltrepassatala, si giunge nei pressi del Bocchetto Baroni (quota 3090 m circa). A questo punto il pendio diventa più ripido e per neve o pietrame si arriva nelle vicinanze di una sella poco accennata che si trova subito sotto la vetta della Quota 3228. Si continua per il pendio nevoso, a volte con qualche tratto di ghiaccio scoperto, raggiungendo infine il largo dossone del nevoso spigolo Ovest-nord-ovest per il quale, in breve,si raggiunge la vetta.
Probabilmente nessun'altra valle delle Alpi racchiude tante attrattive alpinistiche come la Val di Zocca, dove svetta la "nostra" Cima di Castello. Sconosciuta al turismo di massa fino a non molti anni or sono, la Val di Zocca è stata per anni un vero e proprio rifugio per chi amava cercare il sapore del vero grande alpinismo. Isolamento, ambiente selvaggio, grandi difficoltà, pareti e spigoli altissimi e dai profili elegantissimi, creste infinite e tormentate, angoli ancora poco esplorati. Tutte queste caratteristiche si univano alla presenza di un minuscolo rifugio, l'Allievi, che solo negli anni '80 è stato ampliato per fronteggiare l'aumentato turismo alpino. Oltre che a Francesco Allievi, il nuovo rifugio fu dedicato al Conte Aldo Bonacossa, instancabile esploratore alpino degli anni '30, e profondo amante di questi luoghi.
Ma fino a quel momento Val di Zocca voleva dire grande avventura solitaria al contatto con gli elementi. Sulle sue architetture granitiche si cimentarono alcuni dei più bei nomi dell'alpinismo. Negli anni '30, oltre al Bonacossa, ricordiamo Giusto Gervasutti, il "fortissimo", che aprì la via sullo spigolo Sud della Punta Allievi. Mario dell'Oro "Boga" fu invece autore della splendida prima salita al vertiginoso spigolo che prese il nome di Parravicini, lo sfortunato studente che qualche anno prima ivi morì in un tentativo. Vitale Bramani salì per primo la lunghissima cresta meridionale della Punta Rasica, lo "spigolo Nord del Badile" del Masino.
Negli anni '60 le pareti della Zocca conoscono nuovi alpinisti e altre vie di maggiore difficoltà vengono aperte sulla Cima di Zocca, sulla Quota 3228, sulla Punta Allievi. Ne sono autori alpinisti milanesi come Tiziano Nardella e i valtellinesi Speckenhauser, Pedroni, Ghetti, Gugiatti, Piasini. Ma anche gli inglesi tornarono fra queste recondite cime per ripercorrere e rinnovare le gesta dei pionieri loro conterranei. Opera di alpinisti inglesi sono le scalate al difficile pilastro Sud-est della Cima di Castello e alla cresta Sud-est della Cima di Zocca, la "cresta della Rosa Rossa".
In tempi più recenti giovani scalatori, con nuove attrezzature e allenamento specifico, hanno risolto gli "ultimi problemi". Tuttavia la vastità del terreno d'azione è tale che sicuramente la fantasia e l'audacia di altri alpinisti troverà modo di esprimersi ancora.
Sebbene il nuovo rifugio Allievi-Bonacossa sia stato distrutto da una slavina nel 2000/2001, oggi un nuovo edificio, leggermente più piccolo del precedente, lo sostituisce tornando ad essere meta e tappa di escursionisti e alpinisti di tutto il mondo.
In chi l'ha conosciuta in tempi ormai lontani resta però la nostalgia di una valle le cui atmosfere grandiose e selvagge ritrovano forza e vigore solo fuori dalla stagione estiva, quando gli uomini usano abbandonare questi luoghi magici.
La cima è il punto culminante del massiccio, e cioè del grande Plutone del Masino, formazione magmatica che inizialmente rimase coperta dagli strati di rocce metamorfiche e sedimentarie che la ricoprivano e che, successivamente, a causa dell'erosione, ha visto la luce offrendo un magico mondo di guglie e possenti strutture montuose. La Cima di Castello non presenta grandi creste ben rilevate ed evidenti. Il suo lato settentrionale è diviso in due versanti, Nord-est e Nord-ovest, da una sottile crestina rocciosa che la collega a Nord con la Cima di Cantone 3354 m. A Nord-est precipita sulla Vedretta del Forno (Vadrec del Forno su CNS) una piccola parete rocciosa alta circa 150 metri. Il versante Nord-ovest è, invece, quasi completamente ricoperto dalla porzione più elevata del Ghiacciaio o Vedretta dell'Albigna (Vadrec da l'Albigna su CNS) che determina la Vedretta di Castello Sud e la Vedretta di Castello Nord. I due apparati glaciali sono separati da una sottile e lunga dorsale Ovest-nord-ovest, che diventa sempre più rocciosa man mano procede verso occidente per culminare con la rocciosa sommità del Castel 2924 m, le cui pareti piombano sul pianeggiante Ghiacciaio dell'Albigna.
Una lunga e potente dorsale si dirige invece verso Sud-ovest formando la linea di confine e quello dello spartiacque principale delle Alpi. Il versante Nord-occidentale della dorsale è occupato dalla Vedretta del Castello Sud, mentre a Est imponenti pareti piombano sull'alta Val di Zocca. Procedendo verso Sud dalla cima, dopo un'ampia sella, la dorsale si rialza nella Quota 3228 la cui parete Sud-est sembra la faccia di una immensa piramide. Poi la dorsale si abbassa nuovamente ad un colletto glaciale, il Bocchetto Baroni, da dove torna a risalire un'ultima volta culminando con la massiccia Punta Allievi 3121 m.
Sempre dalla vetta della Cima di Castello, piomba verso Sud-est una bella e imponente parete alta circa 400 m, costituita da due pilastri rocciosi e delimitata a destra da un affilato spigolo che cade sul Passo Lurani o del Castello 3215 m, che mette in comunicazione l'alta Val di Zocca con il Ghiacciaio del Forno.
Non sono noti i primi salitori al monte per la via del versante Sud; la prima ascensione dal versante svizzero spetta a D. W. Freshfield, C. C. Tucker, F. Devouassoud e A. Flury il 31 luglio 1866 salendo dalla Valle del Forno.
Henry e François Devouassoud furono due fratelli, celebri Guide di Chamonix, che accompagnarono nelle loro imprese molti importanti alpinisti britannici dell' 800. In particolare Henry Devouassoud fu protagonista di due delle maggiori scalate esplorative compiute in Val Masino, scalando il Pizzo Badile nel 1867, con il fratello François e il rev. Coolidge, ed il Pizzo Cengalo, nel 1866, con D. W. Freshfield e C. C. Tucker.
A. Flury fu una delle prime Guide engadinesi, ma sulla sua attività si conosce ben poco.
William Douglas Freshfield, nato nel 1845, è riconosciuto come uno dei maggiori esploratori alpini di tutti i tempi, e uno dei padri dell'alpinismo. Fece le sue prime esperienze alpine al seguito della madre, appassionata escursionista. A questo periodo dedicò due libri Alpine Byways" (1861) e Summer tour in the Grisons and italian valleys of Bernina" (1862).
Il suo definitivo salto di qualità si ebbe nel 1863, anno in cui scalò il Monte Bianco. Da allora la vita di Freshfield fu dedicata quasi esclusivamente all'esplorazione delle montagne di ogni parte del globo. Fra le sue maggiori ascensioni alpine ricordiamo quelle del Cengalo e della Cima Brenta; la prima traversata del Pizzo Palù, della Tour Ronde e della Torre del Gran San Pietro. Nel 1868 compì la prima esplorazione assoluta dei monti del Caucaso; in quell'occasione scalò il M. Kasbek e la vetta orientale dell'Elbruz. Nel corso di una nuova spedizione nella zona, nel 1887, scalò il Gulba, il Tetnuld e lo Skoda. Tornò poi fra quei monti per cercarvi gli amici Donkin e Fox, misteriosamente scomparsi. Trovò le tracce del loro ultimo bivacco, ma dei due nessuna traccia.
Nel 1899 con Garwood e i fratelli Sella compì il primo periplo del Kangchenjunga, uno degli 8000 himalayani.
La sua longevità alpinistica fu notevolissima protraendosi senza interruzioni fino al 1920. A seguito delle sue esperienze ed esplorazioni, scrisse una decina di libri, oltre ai due già citati, e fu curatore dell'Alpine Journal dal 1872 al 1880. Morì nel 1934.
Charles Comyns Tucker (1834-1813)
Nonostante sia considerato una figura di secondo piano dell'alpinismo britannico di fine '800, fu uno dei compagni più apprezzati da D. Freschfield, col quale compì diverse esperienze alpinistiche sulle Alpi e, in particolare, nel Caucaso. In questa regione salì in prima ascensione, nel 1868, il Kasbek ed il M. Elbruz.
Successivamente Tucker scelse come terreno d'azione le Dolomiti dove riuscì in alcune brillanti prime ascensioni come quelle alla cima Brenta nel 1871, alla Cima Vezzana nel 1872 e al Catinaccio nel 1874.