Dalla sommità degli impianti di risalita di Isolaccia, presso il Monte Masucco (2366 m), si scende sul versante meridionale della montagna di fianco a un ex ski-lift fino all'ampio pianoro sottostante (2200 m c.). Montate le pelli, si procede verso sud, in lieve salita, seguendo il tracciato di una stradina che fiancheggia il torrente, per poi piegare a destra (2271 m) e portarsi alla partenza di uno ski-lift dismesso. Si risalgono i pendii soprastanti lungo il tracciato dell'ex pista da sci fino all'altezza dell'ampia insellatura dove si trova la chiesetta di San Colombano (2484 m), dalla quale la vista si apre sulla spettacolare Cima Piazzi.
Da qui gli sci alpinisti più pigri hanno anche la possibilità di abbandonare la salita verso il Monte Rinalpi per dedicarsi alla breve, ma pur bella discesa fino a Prei e al fondo della Val Lia (vedi di seguito), per proseguire lungo la carrareccia di fondovalle fino a Isolaccia.
In ogni caso, tolte le pelli, si discendono, inizialmente verso destra e poi direttamente, gli ampi pendii che conducono alle baite di Prei (m 2161), situate al limitare del bosco della Val Lia. Dalle baite una stradina scende ripida sulla sinistra con qualche tornante fino a immettersi nel tracciato di fondovalle (2000 m c.). Rimesse le pelli si segue la carrareccia verso sinistra e, in pochi minuti, si esce dal bosco toccando le baite dell'Alpe Borron (2057 m), dove ha termine la carrareccia. Attraverso gli ampi pendii di fondovalle ci si porta verso la testata della Val Lia, sovrastati dalle imponenti seraccate azzurre della Cima Piazzi. Sempre seguendo il fondovalle, che piega gradualmente verso sinistra (sud-est), si oltrepassa un tratto incassato tra le morene per guadagnare i dolci declivi ai piedi del Corno di San Colombano. Si volge a sud, vincendo un tratto più ripido caratterizzato da alcuni canali paralleli e, oltre una strozzatura, si raggiunge la conca occupata dal piccolo Ghiacciaio del Rinalpi. Si prosegue leggermente verso sinistra lungo il vallone pressoché pianeggiante che conduce all'ampio Colle Rinalpi (2950 m c.), depressione situata tra il Monte Rinalpi e la Cima Piazzi. Infine, volgendo a sinistra per un ripido, breve pendio tra le rocce, si guadagna la sommità del Monte Rinalpi (3009 m).
Gli impianti di risalita di Isolaccia consentono di risparmiare un po' di dislivello e di evitare la salita lungo la carrareccia della Val Lia, di notevole sviluppo. La discesa, invece, avverrà proprio lungo la carrareccia, permettendo una lunga e divertente scivolata fino a Isolaccia. Quest'escursione di grande respiro e di notevole valore ambientale, con ottime vedute sulla Cima Piazzi e sui boschi della Val Lia, va affrontata solo in condizioni di neve sicura. Si consiglia, pertanto, di informarsi preventivamente sulle condizioni del manto nevoso, telefonando al Servizio Nivometeorologico (vedi Informazioni generali).
Avviene lungo la via di salita fino all'Alpe Borron (2057 m). Superata la strozzatura che precede l'alpeggio suddetto è consigliabile restare alti, seguendo le tracce di salita fino alle baite. Da qui, senza possibilità di errore, si segue la carrareccia che si abbassa lungo il versante destro della Val Lia, oltrepassando l'incrocio per le baite di Prei, attraverso boschi di conifere e belle radure dalle quali si godono ottimi scorci sul severo ed elegante versante settentrionale della Cima Piazzi, ammantato di ghiacci. Raggiunti i prati della Madonna di Presedont (1750 m c.), si lascia sulla sinistra la deviazione per la Val Cardonné, e si prosegue passando gradualmente sul versante di Isolaccia. Oltre i prati di Pezzél la strada perde rapidamente quota fino a Isolaccia (1345 m).
La Cima Piazzi, la cui vista accompagna sempre lo sci alpinista durante l'ascensione al Monte Rinalpi, deve probabilmente il proprio nome a quello di un'antica famiglia che godeva del diritto di pascolo in Val Cardonné o in Val Lia (anticamente chiamata Vallévé o Valéi), vallate di proprietà della chiesa di S. Abbondio di Semogo. Ma il collegamento mentale che viene automatico sentendo questo toponimo è con il celebre astronomo Giuseppe Piazzi, tanto da fare pensare che il nome sia stato dato alla montagna quale riconoscimento alle scoperte dello scienziato valtellinese. Giuseppe Piazzi, infatti, nacque a Ponte in Valtellina il 16 luglio 1746. Intrapresa la carriera ecclesiastica per volere della famiglia, insegna teologia e matematica presso numerose università italiane. Appassionatosi per l'astronomia, nel 1786 assume dal re di Napoli Ferdinando IV l'incarico di dirigere l'osservatorio astronomico di Palermo, città alla quale rimarrà legato per sempre. E il giorno di Capodanno del 1801 Piazzi scopre il primo e il più grande degli asteroidi, da lui battezzato Cerere Ferdinandea. In pochi anni verranno individuati gli altri pianetini, costituenti una fascia con orbita propria. La definizione di pianetini, data dal Piazzi, verrà sostituita da quella di asteroidi, anche se il Saint Exupery nel suo 'Piccolo Principe' ci fa capire quanto azzeccata fosse la definizione del Piazzi.
In tempi recentissimi, invece, la Cima Piazzi è divenuta famosissima (pur mantenendo l'anonimato) in quanto raffigurata sulla bottiglia di una nota marca di acqua minerale.