Dal Ristoro S. Giacomo 1962 m si segue per breve tratto la strada del lago in direzione di S. Giacomo di Fraele. Poco dopo si imbocca sulla sinistra la stradina che si inoltra in Val Pettini. Fatte poche centinaia di metri si incontra un bivio. Lasciato il tracciato principale si prende a destra piegando a gomito verso Nord e, a mezza costa nel bosco, si passa per i successivi casolari di Le Stalle 2001 m, Baite Tea 1976 m e di Casal 2100 m, entrando progressivamente in Valle Alpisella ad incrociare la strada sterrata che sale staccandosi da quella per S. Giacomo di Fraele. Seguendo la strada si raggiunge la conca dove si trovano i laghetti di quota 2350 m c. dai quali si origina l'Adda. Poco più avanti si raggiunge il Passo di Valle Alpisella 2267 m sulla linea spartimare alpina (le acque che defluiscono a Ovest entrano nel bacino del Mar Nero, quelle a Est nel bacino del Mediterraneo).
Dal Ristoro S. Giacomo 1962 m si segue l'itinerario precedente risalendo la sponda destra orografica della Val Pettini. La stradina si porta poi sul versante opposto giungendo all'imbocco della Val Lunga (diramazione occidentale della Val Pettini) e piegando a sinistra, con qualche tornante entra nella Val Corta, proseguimento meridionale della Val Pettini. Con suggestivo percorso la strada arriva infine nella grande conca erbosa dove si trovano le Baite di Trela (2170 m; 1.15 ore). Da qui si devia in direzione Sud-est risalendo il vallone delimitato a sinistra dalle pareti calcaree della Cima di Doscopa 2794 m. Un ultimo tratto, più ripido e incassato, porta al valico della Bocchetta di Trela 2349 m.
Si scende ora verso Sud, per pascolo, raggiungendo l'alpe di Case Vezzola 2200 m e l'omonimo piano. Da qui si piega a destra (Nord-ovest), entrando in Val Vezzola e percorrendone il lato sinistro orografico, in lenta salita fino ad un'amena conca erbosa da dove, piegando a destra, si segue una valletta quasi pianeggiante che in breve porta alla Bocchetta Trelina 2283 m, riaffacciandosi sul pianoro delle Baite di Trela. Si prosegue in quota, a mezza costa, con arco di cerchio da Nord-est a Nord-ovest per aggirare lo sperone Nord-est della Punta del Lago Nero 2676 m ed entrare in Val Trela. Tenendosi sul versante destro orografico ci si avvicina al torrente incrociando un sentiero proveniente dalle Baite di Trela. Proseguendo verso sinistra (Ovest-nord-ovest) si raggiunge, in breve, il Passo di Val Trela 2295 m.
Inizia ora il ritorno che si effettua, percorrendo senza perdere quota il versante sinistro orografico della Val Trela, su traccia, magro pascolo e detriti. Dopo circa 1 km si devia a sinistra, raggiungendo la Bocchetta di Val Lunga 2335 m da dove il sentiero prosegue scendendo l'omonima valletta per ricongiungersi all'itinerario di salita percorso in precedenza.
Quando nel 1922 la AEM (Azienda Elettrica Municipale di Milano, ora Azienda Energetica) diede il via alla costruzione di una grande diga nella valle di Fraele, il paesaggio del luogo era ben diverso da quello che oggi ci appare quando, oltre le Torri di Fraele, ci affacciamo sull'ampia vallata.
Pochi anni dopo la muraglia di cemento di "Cancano I" entrò in funzione bloccando le acque dell'alto corso dell'Adda e creando un primo lago che sommerse il verdeggiante fondovalle. Non è facile stabilire quanto, con la realizzazione di questa colossale opera, si sia perso in termini di beni ambientali e quindi di potenzialità turistica. Più immediati furono e sono i riscontri, in termine di occupazione delle popolazioni locali e di produzione di energia elettrica, e le cifre parlano tutte in favore delle grandi costruzioni idroelettriche.
L'Italia andava sempre più avviandosi ad essere un paese industrializzato e la "'fame" di energia era sempre maggiore, specie nelle grandi città del settentrione attorno alle quali si stavano sviluppando le grandi fabbriche.
Con l'inaugurazione avvenuta il 31 ottobre del 1928, entrò finalmente in funzione la centrale elettrica di Rasin ad Isolaccia che produceva energia grazie alle acque del bacino di Cancano e quelle della Val Viola.
Una decina di anni dopo, nel 1939, venne decisa la costruzione di un secondo sbarramento a monte del primo: "San Giacomo di Fraele", dal nome del piccolo villaggio in fondo alla vallata. Per facilitare i lavori venne realizzata una filovia elettrica che alimentava, speciali camion da trasporto, i "filocarri". Incessanti colonne di questi strani mezzi partivano da Tirano giungendo alla Prima Cantoniera dello Stelvio da dove una potente teleferica veicolava i materiali da costruzione fino al cantiere. La II Guerra mondiale blocca i lavori e sul finire del conflitto, numerosi furono gli scontri fra le truppe partigiane incaricate di proteggere gli impianti idroelettrici dell'alta Valtellina e le truppe tedesche.
La diga di San Giacomo fu terminata nel 1950 e fu seguita nel 1956 da un nuovo più potente sbarramento a valle del muro di "Cancano I". La nuova grandiosa opera, chiamata "Cancano II", creò un vasto lago che sommerse il primo sbarramento, e tutte le costruzioni che erano sorte presso le sue rive: le villette, il "Soggiorno alpino" per i dipendenti AEM e la chiesetta di Sant'Erasmo eretta in memoria degli operai morti durante la costruzione di "Cancano I".
Oggi quello che appare ai nostri occhi è un'imponente opera di ingegneria e un paesaggio tutto sommato arricchito dalla presenza di due magnifici laghi: 64.000.000 m3 quello di San Giacomo e 123.100.000 m3 quello di Cancano II. Resta in molti il rammarico delle bellezze di una delle più caratteristiche valli valtellinesi, sacrificate per sempre sull'altare del progresso: "Un mondo più che scomparso, annegato!" come scrisse il poeta bormino Giulio Pedranzini.