Incamminarsi lungo la stradina che, a tratti pavimentata in cemento, inizia a salire lambendo alcune cascine. Poco dopo la carrareccia entra in un bel bosco di pini e prosegue con qualche tornante portandosi nei pressi del promontorio di Bravadina sul quale spiccano alti ripetitori già visibili alla partenza. Lasciando a sinistra la breve deviazione che porta ai ripetitori, si prosegue verso destra mentre sul versante opposto della Valtellina fa mostra di sé l'imponente ferita della frana del Monte Coppetto, triste ricordo della disastrosa alluvione del 1987. La strada prende quota lambendo alcuni roccioni e raggiunge il ripiano erboso di Azzola 1706 m.
Piegando infine verso destra (Sud-est) il tracciato risale una vallecola boscosa e, perfettamente lastricato, raggiunge le baite di Boero di sotto (1849 m). Superate le abitazioni si sbuca poco dopo sui vasti terrazzi prativi che preludono a Boero di sopra. La strada compie un arco di cerchio verso sinistra e con alcuni tornanti inizia a salire portandosi quasi sopra le baite di Boero di sotto. Al primo tornante si diparte sulla sinistra una stradina pianeggiante che in breve raggiunge Boero di sopra (1960 m), segnalazione assente sul bivio.
Prima delle baite si incontra un meno utile cartello che indica la direzione da prendere: si prosegue in piano oltre le costruzioni ed una fontana entrando su un bel sentiero pianeggiante che s'immerge nel bosco. Con piacevole cammino iniziamo una lunga traversata a mezza costa in direzione Nord percorrendo i ripidi e dirupati valloni che in questo tratto caratterizzano la sinistra orografica valtellinese.
Ci troviamo in una zona veramente impervia e solitaria, poco frequentata dagli escursionisti e forse per questo ancor più interessante e fascinosa.
Il sentiero, sicuramente molto antico, fu migliorato ed ampliato durante la Grande Guerra; con belle vedute sulla frana del Coppetto e le sovrastanti Cime di Redasco, si dipana in un ambiente selvaggio caratterizzato dalla presenza di grandi esemplari di Pino cembro. Con un ultimo tratto in leggera discesa sbuchiamo infine al margine del terrazzo erboso dove sorgono le baite di Profa alta (2034 m), che possiamo raggiungere oppure evitare tenendoci lungo l'incerta pista che corre in piano poco a monte di esse (se si raggiungono le baite si deve poi piegare a destra salendo brevemente lungo un varco nel bosco fino a riprendere il sentiero). Seguire il sentiero inerbito che è fiancheggiato sulla sinistra da un grosso tubo nero affiorante di tanto in tanto e ad un bivio prendere a destra incontrando poco dopo un vecchio cartello in legno del Parco Nazionale. Continuare su una traccia malagevole, e sempre più sassosa, uscendo dal bosco, per poi tagliare, con un lungo diagonale, la sinistra orografica della Valle delle Presure. Sovrastati da torrioni rocciosi ci si avvicina al grande franamento che ha interessato tutta la parte inferiore della valle nel suo centro. Il sentiero, che una volta traversava sulla sponda opposta, risale ora il margine della frana con percorso ripido e accidentato (tenersi il più possibile lontano dal ciglione franoso). Si raggiunge così il bordo superiore dello scoscendimento dove è possibile traversare a sinistra su blocchi e, abbassandosi leggermente, traversare il torrente di fondovalle riprendendo il vecchio sentiero. A questo punto si piega a destra percorrendo una successione di terrazze glaciali in un paesaggio desolato e solitario, caratterizzato da antiche morene. Con un'ultima salita si supera una strozzatura raggiungendo l'elevazione che delimita verso valle la conca dove si trova il Lago delle Tre Mote. Piegando a destra si raggiunge infine la dorsale che separa questo bacino dal vicino lago Stelù.
Il panorama è qui ancor più selvaggio, sebbene ingentilito dal laghetto; sulla sinistra torreggia la mole rossastra del Monte Mala e, verso Nord-est, separato dall'ampia sella della Bocca di Profa (Passo del Sobretta per l'Abate Stoppani) il Corno di Profa.
Il titolo della presentazione al percorso del mese potrebbe sembrare scontato. Andremo, infatti, al Laghi di Profa percorrendo in parte un tratto di sentiero percorso verso fine '800 dall'Abate Antonio Stoppani e descritto nella VI serata del celebre Bel Paese.
Chi dovesse però affrontare questa lunga e bellissima gita avrà però modo di constatare come un titolo simile si presta assai bene viste le pessime segnalazioni che si incontrano lungo il tragitto. Sarà veramente come cercare le orme di qualcuno perché, a parte il cartellone posto all'imbocco del sentiero e qualcun altro sparso, le indicazioni sono scarsissime. In particolare da Profa alta occorre prestare una certa attenzione anche se il sentiero, in molti casi poco evidente, è pur sempre visibile.
Comunque consoliamoci, anche il celebre abate, che da qui discese provenendo da Santa Caterina, si perse clamorosamente evitando di un soffio uno scomodo bivacco sotto le stelle.
Resta comunque lo stupore nel constatare lo stato d'incuria in cui il Parco dello Stelvio lascia i percorsi delle sue zone più marginali dove molto spesso si svolgono gite di grandissimo interesse.
La gita non presenta particolari difficoltà e, a parte i problemi di individuazione del percorso voglio ricordare di fare attenzione nell'attraversamento delle ripide vallette che scandiscono il tratto pianeggiante fra Boero di Sopra e Profa alta: a volte, nei mesi freddi si può trovare un po' di ghiaccio.
La gita piacerà moltissimo agli amanti delle grandi solitudini e degli ambienti desolati e selvaggi. Qui, anche senza la presenza di grandi vette o ghiacciai la montagna rivela tutta la sua grandiosa severità e resta il regno dell'aquila e del camoscio.
I tre laghi di Profa occupano altrettante conche di escavazione glaciale separate da cordoni morenici e affioramenti rocciosi; il Lago delle Tre Mote è così chiamato a causa di tre piccole dorsali che affiorano dalle acque, il Lagh Brodec (o Brodegh, sporco) non pare invece avere acque particolarmente sporche ed il Lago Stelù che dovrebbe voler dire sterile, senza vita.
Il sovrastante, ampio valico della Bocca di Profa, o Passo Sobretta, mette in comunicazione con la Valle Sobretta, laterale della sinistra orografica della Valfurva.
Antonio Stoppani nacque il 15 agosto 1824 a Lecco. Nel 1835 entrò nel Seminario di Castello per studiare grammatica, ma, ben presto, sentita la vocazione per il sacerdozio passò al Seminario di Monza e successivamente a quello di Milano ove, venne consacrato prete nel 1848. In quello stesso anno il giovane sacerdote partecipò attivamente all'insurrezione delle "Cinque giornate" schierandosi dalla parte dei patrioti, combattendo sulle barricate e fabbricando aerostati che vennero utilizzati per le comunicazioni con la periferia e le altre province lombarde. Come combattente prese parte anche ai successivi eventi bellici e solo dopo la battaglia di Novara fece ritorno in Seminario, come professore di grammatica. I suoi trascorsi patriottici e le sue idee politiche non passarono inosservati ai suoi superiori e ben presto, lo Stoppani fu espulso sia dal Seminario che dal Collegio Calchi-Taeggi di cui era Vicedirettore. La sua fama di insegnante era però ormai ben consolidata e fu facile per il giovane prelato trovare lavoro come precettore, presso la famiglia dei Porro di Como. Durante questo periodo ebbe modo di dedicarsi con passione agli studi di geologia e paleontologia focalizzando la sua attenzione sulla Brianza e le Alpi Retiche.
Dopo la liberazione di Milano lo Stoppani riassunse le precedenti cariche e nel 1861 venne nominato Straordinario di Geologia all'Università di Pavia. Nel 1867 passò, sempre come insegnante di geologia, al neonato Politecnico di Milano. Fu questo un periodo assai fecondo in cui scrisse una grande mole di lavori scientifici ed in particolare la sua opera più celebre: "Il Bel Paese": ponderoso volume concettualmente molto moderno e, per certi versi, geniale. Nel libro, diviso in ventinove "serate" a cui se ne aggiunsero altre cinque nella terza edizione, il precettore e zio Antonio Stoppani racconta ai suoi nipotini delle bellezze naturalistiche sparse sul territorio italiano. Scopo principale dell'opera era quello di fornire agli insegnanti, ma anche alla gente del popolo, uno strumento divulgativo che, pur nel rigore scientifico, trattasse dei vari argomenti in maniera facile e piacevole. L'ambizioso progetto ebbe pieno successo tanto che del libro si sono fatte innumerevoli riedizioni ed estratti che continuano ancor oggi.
Particolarmente appassionato di glaciologia lo Stoppani studiò a fondo la storia dei grandi ghiacciai e dei loro movimenti nel corso delle ere. Indagò anche sui massi erratici e fra questi descrisse anche il Sasso di Preguda. Nel 1874 Lo Stoppani venne nominato Presidente della neonata Sezione di Milano del Club Alpino Italiano. Successivamente fu Direttore del Museo Civico di Milano e Presidente della Società Italiana di Scienze Naturali. Morì di per un attacco di "angina pectoris" il 2 gennaio 1891.