Passeggiate - La magnifica Val Zebrù

Contenuto della pagina: scheda completa del percorso «La magnifica Val Zebrù»

  1. Scheda
  2. Percorso
  3. Approfondimento
 
  • Zona: Alta Valtellina
  • Tipo: Passeggiata
  • Sigla: A55
  • Periodo consigliato: da luglio ad ottobre
  • Punto di partenza:parcheggio auto in località Madonna dei Monti, 1600 m c. Madonna dei Monti raggruppa diverse piccole frazioni poste all'imbocco della Val Zebrù, sul versante destro orografico della Valfurva. Da Bormio (198 km da Milano lungo la SS36 dello Spluga e poi la SS38 dello Stelvio) si imbocca la SS 300 del Passo di Gavia in direzione S. Caterina Valfurva. All'altezza del municipio di Valfurva in località S. Nicolò, si abbandona la statale deviando a sinistra (ind. Madonna dei Monti - Val Zebrù). Seguendo le indicazioni per la Val Zebrù si raggiunge il parcheggio di Niblogo, dove conviene lasciare l'auto (stazione servizio navetta per la Val Zebrù).
  • Tempo di percorrenza:2.30 - 3.00 ore per la salita.
  • Dislivello:650 m.
  • Difficoltà:T (Turistica)
  • Bibliografia:AA.VV: "Alta Valtellina da Grosio allo Stelvio" - Edizioni CAI/TCI, Milano 1984; Gianasso M.: "Guida Turistica della Provincia di Sondrio", II Ediz. - Banca Popolare di Sondrio, 2000.
  • Cartografia:IGM 1:50.000 «Bormio»; Carta Escursionistica Kompass n. 72 «Ortles-Cevedale».
  • Informazioni locali: Consorzio TourisportP.zza Magliavaca 23030 Valfurva (SO) tel +39 0342-935544
  • fax +39 0342-935342
 
 
mappa di La magnifica Val Zebru

Percorso

Lasciata l'auto c'incamminiamo sulla strada che subito diventa sterrata e percorre il ripido versante, che precipita fra abetaie e colate franose sul torrente che scorre molti metri più giù. Con andamento pianeggiante la carrareccia giunge alla confluenza fra la Val Ardof, che scende da sinistra, e la Val Zebrù. Siamo in località Ponte Tre Croci; di fronte a noi s'apre la soglia della nostra valle, ammantata da fitti boschi, mentre in secondo piano s'alzano già le muraglie calcaree del Cristallo. Lasciato a destra il ponte mediante il quale una sterrata porta verso l'alpe Prataccio, proseguiamo per traversare il Torrente Zebrù più a monte portandoci sul versante sinistro orografico della valle, nel bosco. Alcuni tornanti permettono ora di guadagnare rapidamente quota raggiungendo finalmente la soglia della valle: da qui il tragitto sarà per lo più semi pianeggiante. Fra le conifere, spunta la scura sagoma del Gran Zebrù, ma è ancora lontanissima. Fra bosco e radure, dove compaiono le prime baite, raggiungiamo quelle del piccolo nucleo di Zebrù di Fuori 1828 m che, sebbene restaurate, sono fra le più antiche delle zona; poco dopo eccoci a transitare presso le case di Zebrù di Dentro 1858 m. Mediante una serie di ponti la carrozzabile corre sulle sponde del torrente passando in successione altri caratteristici nuclei di maggenghi: Chitomas, Baite Pecé, Pramighen. Le acque dello Zebrù scorrono lattiginose e torbide, unica nota forse poco piacevole dal punto di vista estetico, ma che si spiega facilmente. Il torrente si origina dalle acque di fusione dalle vedrette d'alta quota, che trasportano buona parte dei detriti generati dall'azione erosiva stessa dei ghiacci. Inoltre scorrono su un substrato di tenere rocce calcaree facilmente erodibili che tendono a dare loro un aspetto limaccioso.

In località Campo di fuori, "Camp da frò", 1980 m, si trova un primo punto di ristoro, "La Baita", ove è possibile fermarsi per ammirare il paesaggio e rifocillarsi. Un altro rifugio, che offre anche possibilità di pernottamento, si trova poco più avanti, alle Baite di Campo di mezzo, "Camp de mezz", 1989 m. Dopo le Baite di Campo s'incontra un ponticello che permette di traversare il Rinec, piccolo torrente che scende dall'ampio anfiteatro compreso fra il Monte Forcellino e il Monte Confinale. Con panorama sempre più aperto ci accingiamo a traversare nuovamente lo Zebrù, portandoci definitivamente sull'altro versante vallivo. La gita proposta sta per finire. Infatti, poche centinaia di metri più avanti eccoci in località Baita del Pastore 2168 m, (8 km dal parcheggio auto). Da qui si potrebbe proseguire ancora seguendo la stradina che, sulla sinistra, porta alla teleferica di servizio dei rifugi V° Alpini 2878 m e Bertarelli 2865 m, posti al limite della Vedretta dello Zebrù. Oltre la teleferica, un buon sentiero percorre le desolate pietraie moreniche che ci accompagnano fino alle due costruzioni (2 ore dalla Baita del Pastore).

Ma la grandiosa visione delle alte vette, dominanti la Vedretta dello Zebrù, appare già poco sopra la Baita del Pastore, ad iniziare da vasto ripiano erboso che s'incontra verso quota 2300 m.

La Val Zebrù

Appartata, quasi isolata dal territorio che la circonda, invisibile a chi passi distratto sul fondovalle della Valfurva, la Val Zebrù è un angolo di mondo alpino di rara suggestione e bellezza. La valle si origina ai piedi delle gigantesche scogliere calcaree del Monte Zebrù e del Gran Zebrù, due fra le maggiori vette del massiccio Ortles-Cevedale, ai cui piedi si stendono grandi vedrette. La valle ha, dapprima un orientamento Est-Ovest, per poi piegare con un largo gomito verso Sud confluendo, con una soglia sospesa, sul versante destro orografico della Valfurva.

Una delle caratteristiche morfologiche che rendono unica la Val Zebrù è la profonda differenza fra i suoi due versanti, dovuta ad una profonda linea di faglia, la "linea dello Zebrù", che segue tutto il fondovalle separando due realtà geologiche differenti. La spaccatura, che si origina ai piedi del Gran Zebrù, segna il confine delle rocce sedimentarie formanti il settore settentrionale del massiccio Ortles-Cevedale, delle montagne delle valli di Cancano e di Livigno oltre che di una parte del versante destro orografico della Bassa Engadina. Il versante aprico della Val Zebrù è, infatti, costituito quasi per tutta la sua lunghezza, circa 12 chilometri, dall'altissima bastionata calcarea che si distende dal Passo dell'Ables fino alle Cime di Campo 3408 m, passando per le vette del Monte Cristallo 3434 m e della Punta Payer 3446 m. Detta costiera forma il limite di contenimento meridionale ai ghiacciai dello Stelvio, Vedretta del Cristallo, Vedretta dei Vitelli e Vedretta Piana. Il Passo di Campo, ampia sella glaciale fra l'omonima vedretta e la Vedretta Piana, separa la costiera dalla grandiosa cresta che, iniziando con la Cima Tukett, giunge all'Ortles e ai due Zebrù.

L'altissima muraglia, vero e proprio coacervo di canaloni, cenge sospese, quinte rocciose, camini e valloni profondissimi, giunge fin quasi sul fondovalle, separata da esso solo da un breve pendio coperto da boschi di abeti, larici e cembri.

Il versante sinistro orografico della Valle è separato da questa selvaggia catena da una vastissima insellatura, dove s'aprono i Passi di Zebrù che immettono nella Val Cedech. Qui l'ambiente è decisamente meno grandioso ed austero e cambia anche la conformazione geologica. Le cime sono, infatti, formate da rocce di tipo cristallino-metamorfico, più scure e caratterizzate da creste a scaglioni. Procedendo verso lo sbocco della valle abbiamo dapprima una piccola catena di cime, che sui loro versanti settentrionali hanno apparati glaciali proporzionati all'inferiore altitudine. Da Est si allineano le Cime dei Forni, la Cima della Manzina e il Monte Confinale. Poi la cresta digrada dolcemente fino all'ampio cupolone del Monte Forcellino che domina l'ingresso della Val Zebrù a Sud.

La comoda strada sterrata che percorre la valle si presta molto bene ad una facile escursione che condensa numerosissimi motivi di interesse. Oltre alle bellezze del paesaggio dobbiamo ricordarci che ci troviamo in uno degli angoli meglio conservati del Parco Nazionale dello Stelvio, un vero santuario della natura dove è facile avvistare camosci, cervi e stambecchi, mentre nel cielo si potrà scorgere l'aquila o il più raro gipeto o "avvoltoio degli agnelli". Di grande interesse sono pure i segni dell'atavica presenza umana nella valle: piccoli agglomerati formati dalle tipiche baite in legno e da fienili, sono scanditi regolarmente lungo tutto il percorso fin quasi alla base delle riarse morene sottostanti il Gran Zebrù. Si tratta di maggenghi d'alta quota dove sostavano le mandrie nella bella stagione. L'assenza di ampi pascoli continui ha impedito qui la creazione di alpeggi consorziali o comunali. Pertanto, a differenza di quasi tutte le altre località valtellinesi, in Val Zebrù abbiamo la presenza di baite con stalla e fienile. Il foraggio, raccolto sugli appezzamenti privati dai singoli proprietari, era usato sia come integrazione della pastura estiva sia come alimento del bestiame nella stagione invernale quando veniva portato a valle mediante slitte.

La strada che percorreremo fu costruita durante da Prima Guerra Mondiale come arteria di collegamento fra la Valfurva ed il fronte bellico, che correva sulle alte creste del Cristallo e su tutto lo spartiacque della Val Zebrù. In alto, su passi e cime, sono ancora numerosissime le vestigia del conflitto che si possono ammirare. Una valle tanto importante ed abitata da tempo immemorabile non poteva non avere una sua leggenda locale legata al nome di Johannes Zebrusius, nobile feudatario di Gera Lario. Costui, per scordare un amore non ricambiato, partì per le crociate restando in Terra Santa per ben quattro anni. Al suo ritorno scoprì che la bella di cui era innamorato si era maritata con un altro. Così, ancora una volta, il giovane Zebrusius pensò bene di fuggire per dimenticare. Forse stanco delle calure medio orientali, si rifugiò fra i monti dell'alta Valtellina, nella valle che poi prese il suo nome, vivendovi in eremitaggio per trent'anni e un giorno fino alla morte.
In quegli anni Zebrusius aveva avuto tutto il tempo per prepararsi un sepolcro, costruendolo ai piedi della Vedretta della Miniera. Sentendo che l'ora era giunta, il vecchio si sdraiò nell'avello e, grazie ad un ingegnoso meccanismo, fece calare sopra di sé una gigantesca pietra tombale fatta di bianco calcare su cui era inciso il suo nome.

La passeggiata è estremamente piacevole e facile, coprendo un dislivello di circa 600 metri in una dozzina di chilometri; non ci sono mai ripidi strappi e faticose salite, a parte qualche brevissimo tratto fra i tornanti della prima parte del tragitto.