Prima di iniziare la camminata consigliamo di andare a curiosare fra i grandi edifici della Cascina Figina. Il nome della località deriva dal latino fictilarium cioè terra per laterizi, materiale utilizzato per la costruzione degli edifici.
Dal XII secolo al XVIII secolo, il piccolo agglomerato fu un monastero; successivamente gli edifici furono parzialmente abbattuti e ricostruiti ad uso agricolo. La piccola chiesa all'ingresso della cascina ricorda l'antico passato.
Interessante è la facciata dell'edificio più importante, arricchita da fregi in cotto e da medaglioni raffiguranti gli eroi del nostro Risorgimento.
Dirigendosi a destra, sotto un passaggio coperto (bandierina bianco-rossa all'ingresso), ci si porta sul lato opposto degli edifici e si piega subito a destra seguendo per pochi metri un tratturo. Un cartello poco visibile sulla sinistra (segnavia n. 10), nascosto parzialmente da un albero, indica la retta via. Il bivio che dobbiamo imboccare volge a destra pochi metri prima e s'inoltra nell'umido bosco. Dapprima in piano (altro cartello segnavia), poi in salita, si guadagna una dorsale da dove, fra le piante, si scorge la Cascina Figina. Poi si rientra nel bosco sempre fitto e silenzioso procedendo con un lungo traverso a mezza costa verso destra. Si giunge ad una sorta di bivio, tale solo in apparenza poiché la traccia di destra altro non è che un canale di scolo dell'acqua. Si procede, quindi, sulla sinistra restando grosso modo paralleli al canaletto e, infine, si giunge ad incrociare un largo sentiero proveniente da destra. I cartelli indicatori segnalano la prosecuzione; con un ultimo ripido strappetto eccoci in vetta al Monte Crocione, toponimo enfatizzato dalla grande croce lignea che vi è stata eretta. La vecchia croce portata lassù nel 1937 era ormai fatiscente ed è stata recentemente sostituita con un nuovo manufatto. Nei pressi della croce e di un ripetitore, alcune panche in pietra invitano ad una sosta.
Abbandonando la vetta si scende leggermente sulla larga dorsale (segnavia n. 8) e, poco dopo, si giunge ad un largo spiazzo che segna un quadrivio. Salendo dritti, poco oltre una staccionata, arriviamo alla cappelletta della Madonna dell'Alpe nei cui pressi si trova anche il "terminon" pietra di confine fra i comuni di Galbiate, Valgreghentino e Colle Brianza. Ritornati al quadrivio prendiamo il largo sentiero, che procede a mezza costa verso sinistra e ci riporta ben presto sul crinale. Con amena passeggiata nel bosco procediamo fino ad una poco accennata sella da dove si riprende la salita per scavalcare un dossone. Poi, tralasciando la deviazione di un bivio e quelle ad un incrocio, si continua sulla dorsale fino ad un altro bivio. In questa caso, però, non conta quale diramazione si prende: a sinistra si giunge direttamente al piazzale parcheggio di fronte all'Eremo di S. Genesio superando il bivio del sentiero n. 4; a destra si arriva dapprima, ad un ristoro che sovrasta il parcheggio stesso. La chiesetta dell'eremo è di origine longobarda e preesistente al romitorio che fu eretto nel XVI secolo dai frati Agostiniani. Dal 1863 il luogo sacro fu occupato dai Padri Camaldolesi che lo abbandonarono dopo la fine della seconda guerra mondiale. Ora il complesso di edifici appartiene ad un privato ed è visitabile solo il 23 agosto in occasione di una festa religiosa.
A questo punto possiamo interrompere la gita e tornare sui nostri passi, oppure possiamo proseguire verso Consonno. Scegliendo quest'ultima possibilità dobbiamo imboccare il sentiero n. 4 il cui imbocco si trova sotto (e a destra guardando l'edificio) il ristoro alpino, poco prima del parcheggio. Si scende un ripido pendio, spezzato da gradini di legno, giungendo su un bel sentiero che si percorre verso destra per poche decine di metri. Si presti ora attenzione a non perdere la nuova deviazione del sentiero n. 4 che si dirama a sinistra, nuovamente ripida e scivolosa. La discesa si svolge inizialmente nel bosco per poi sbucare su una bella radura oltre la quale si rientra nella selva. Poco più sotto s'incontra un bivio (ometto), ma non conta la direzione che prendiamo: in entrambi i casi arriveremo a dei cartelli segnaletici posti poche decine di metri più a valle. Non molto più giù eccoci ad incrociare il sentiero n. 9 con l'indicazione Biglio-Dozio-Consonno. Si volge, ora, a sinistra nel bel bosco e, dopo una sorgente protetta da una reticella e una cascina, giungiamo alle case semi abbandonate di Biglio superiore 563 m. Una magnifica mulattiera selciata ci consente ora di perder quota per arrivare al piccolo e graziosissimo borgo di Biglio inferiore. Seguendo, ora, l'indicazione per Consonno percorriamo la strada sterrata che dal paesino scende fino ad incrociare la carrozzabile asfaltata che, verso sinistra, sale a Dozio. Con agevole salita, in circa 15 minuti di cammino arriviamo a quest'altro pugno di case, reso particolarmente interessante dal magnifico lavatoio coperto. Il nostro itinerario passa proprio accanto al lavatoio per imboccare una stradina acciottolata, verso sinistra, portandosi a monte delle case. Si sale poi per un ripido sentiero rettilineo, ma, fatte poche decine di metri, presso due piccoli massi erratici, lo si abbandona per piegare a destra. Il tracciato prosegue pianeggiante al margine superiore dei prati di Dozio e poi rientra nella selva. Con qualche saliscendi si continua senza fatica, nel silenzio dei boschi e, infine, si giunge in un ampio piazzale sterrato e ad una rampa asfaltata che, alle spalle del Centro di Accoglienza per anziani, ci porta a Consonno. Lasciamo ai nostri lettori ogni giudizio sulla località, guardata quasi con rassegnazione dalla piccola chiesa di San Maurizio, unico elemento del borgo sopravissuto alla distruzione.
A questo punto pieghiamo a sinistra, seguendo in salita la strada asfaltata che sfila davanti al "minareto di Consonno". Il procedere non è faticoso, ma l'ambiente, ci teniamo a dirlo e poco piacevole visto lo stato di trascuratezza dei luoghi.
La carrozzabile aggira la larga dorsale settentrionale del Monte di Brianza e poi prende a scendere. Dopo crca un chilometro e mezz, prima di un vasto prato si imbocca sula sinisrauna sterrata (cartelli indicatori pco visibili) che ci riporta alla Cascina Figina.
A meridione delle aspre cime che racchiudono il Lario la montagna digrada man mano verso la pianura ma, prima di smorzarsi nelle colline della Brianza, forma ancora due importanti sommità vicine l'una all'altra: il Monte Barro e il boscoso crinale del Monte Crocione-Monte S. Genesio.
Ci troviamo, ormai, in una porzione di Lombardia quasi completamente antropizzata e urbanizzata; tuttavia, abbandonata la "facile" pianura, si rientra in una natura insospettabilmente conservata, fra fitti boschi e atmosfere ovattate. Il massiccio del Monte Crocione s'allunga a separare la Valle dell'Adda ad Est e la Valle del Lambro, con i laghi briantei ad Ovest. A Nord l'ampia sella dove sorge Galbiate separa questa cima dalle ripide pendici del Monte Barro; a Sud fitti pendii boscosi digradano su Montevecchia e Olgiate.
La gita che presentiamo si presta a diverse "interpretazioni" a seconda del nostro grado di allenamento, della voglia di curiosare qua e là, del tempo disponibile. Potremmo accontentarci della salita al Monte Crocione, potremmo prolungare il percorso fino all'Eremo di San Genesio, oppure allungare la passeggiata compiendo l'anello completo della montagna.
Il territorio descritto fa parte del "Parco San Genesio-Colle Brianza" istituito dalla Regione Lombardia nel 1983 in considerazione del suo elevato interesse naturalistico. La sua definitiva consacrazione a Parco regionale porrebbe quest'area al centro di un sistema di zone protette (Parco Monte Barro, Parco Adda Nord, Parco Valle del Lambro e Parco di Montevecchia-Valle del Curone) creando così un importante polmone verde per tutta la Brianza.
Il toponimo "Monte di Brianza", che identifica la dorsale del Monte Crocione, compare per la prima volta in un documento ufficiale del 1412 e si addice alla perfezione a quest'ultima propaggine alpina affacciata verso Sud.
Impressionante è la copertura boschiva che ammanta quasi completamente i suoi fianchi con selve miste di castagno, betulla, robinia e qualche faggio. Ancor oggi gli escursionisti che percorrono i sentieri nella stagione autunnale possono fare buona scorta di castagne cadute dalle piante un tempo amorevolmente curate. La castanicoltura era, infatti, assai praticata dai contadini locali e a Consonno si trovava un enorme essiccatoio per i frutti, distrutto in un incendio negli anni '50. Al margine delle fitte selve sussistono ancora alcune are adibite alla coltura del mais e prati da foraggio; sopravvivono anche pochi gelsi, ultimi testimoni del periodo in cui ebbe una certa fortuna la bachicoltura da seta.
Numerose sono le specie di fiori che hanno trovato fra questi boschi un habitat ideale per svilupparsi. L'anemone di bosco, l'anemone epatica, l'elleboro nelle varietà verde e nera, la polmonaria e il sigillo di Salomone sono i più rappresentativi.
La fauna è costituita dai più comuni rettili e anfibi tipici delle zone umide e boscose di bassa quota e da piccoli mammiferi, fra cui alcuni predatori come la volpe e la faina.
Nel Medioevo questi luoghi tranquilli ed appartati furono al centro delle contese territoriali fra la Repubblica di Venezia e il Ducato di Milano. Il Monte di Brianza guardava, infatti, l'Adda, linea di confine fra le due signorie. Dopo lunghe scaramucce il Monte di Brianza fu conquistato dai Veneziani che lo tennero dal 1447 al 1450, quando, a prezzo di numerose perdite, Francesco Sforza riconquistò quest'importante caposaldo. La battaglia decisiva ebbe luogo presso la chiesa di San Genesio, quando l'eremo doveva ancor essere eretto. La posizione strategica, che permise alle popolazioni locali, soprattutto ai nobili, di ottenere importanti privilegi ed esenzioni fiscali, fu anche causa di gravi rovine. Nella prima metà del XVI secolo il Monte di Brianza conobbe la crudeltà delle truppe francesi che devastarono la zona lasciando pochi superstiti.
Tuttavia più delle truppe francesi riuscì a fare, negli anni '60 la speculazione edilizia. Quello che accadde al piccolo borgo di Consonno è una storia poco nota che merita di essere conosciuta e che dimostra la devastante potenza dell'unione fra ricchezza e ignoranza.
Il piccolo paese era localmente noto per la cura con cui i suoi abitanti coltivavano i castagneti e per la produzione di un sedano particolarmente gustoso e saporito. Un'economia povera, ma dignitosa, che consentiva la sopravvivenza dei suoi abitanti. Per motivi che sarebbe interessante indagare più a fondo, forse anche per un certo spopolamento, e certamente con il permesso delle autorità competenti, qualcuno decise di trasformare Consonno in un improbabile centro di svago e divertimento. Si diede così il via alla totale distruzione delle antiche case contadine e, quando il villaggio fu raso al suolo, furono eretti nuovi orrendi edifici fra cui un incredibile minareto. Ma il centro turistico non decollò mai, anzi, a giudicare dalle macerie e dai macchinari edili ancora presenti sul posto, probabilmente non fu neppure ultimato. Forse finirono le fonti di finanziamento ma ormai il danno era fatto. Sta di fatto che oggi Consonno è un centro fantasma dove l'unica presenza umana è data dagli ospiti di un centro per anziani. Tutt'attorno regna il degrado e l'abbandono.
Se durante la passeggiata transiterete per Biglio e Dozio potrete farVi un'idea dell'antico paese di Consonno e, magari, spingerVi a pensare quanto sarebbe stato più redditizio recuperare l'abitato e, al limite, affittare le antiche case a turisti in cerca di pace e tranquillità. Ma trent'anni or sono l'agriturismo era parola sconosciuta.
Oggi tutta l'area è al centro di importanti progetti di recupero dove, ancora una volta sembrano prevalere gli interessi immobiliari. Storia, progetti, critiche e proposte per il futuro di Consonno sono contenuti in un interessante sito creato appositamente per questa surreale località: Consonno.it