Entrati in Premana si procede fino a che sulla destra s'incontra l'edificio della ditta CAMP. Poco oltre, sulla sinistra si trova un parcheggio sospeso che si raggiunge con una rampa a chiocciola.
Lasciata l'auto si torna in breve di fronte alla CAMP dove s'imbocca il sentiero per il Laghi di Deleguaccio. Dapprima per una rampa di cemento si abbandonano le ultime case del paese per poi procedere su una bella mulattiera che in pochi minuti porta sui prati dove sorgono le cascine di Gorla (Gorle) 994 m. Poco oltre le case la mulattiera perde leggermente quota e poi riprende a salire dolcemente lambendo il piccolo nucleo di Zucco (Zücc). Seguendo le frequenti segnalazioni (prevalentemente bolli o frecce bianchi) si tagliano i maggenghi di Gianello entrando definitivamente nella stretta Valle del Varroncello, la cui sponda destra è costituita dal complesso ed imponente versante Sud del Monte Legnone. La salita continua assai agevole, con tratti ripidi intervallati da altri a mezza costa. Sfilando accanto a spumeggianti ruscelli e in suggestive macchie di faggi e betulle, il sentiero supera un poggio panoramico, s'abbassa leggermente sotto un roccione con una piccola cappella e riprende a salire arrivando al limite della vegetazione d'alto fusto, presso una grande cappella votiva. Ora la salita si fa più ripida ma comunque abbastanza semplice e, dopo aver preso quota, con un ultimo traverso a sinistra si perviene sul poggio dove s'annida l'Alpe Deleguaccio 1670 m.
Il percorso prosegue alle spalle delle case, fra queste e le rocce soprastanti che si aggirano sulla sinistra e poi si sormontano proseguendo sulla ampia dorsale successiva. Per pascolo roccioso, su un sentiero più sconnesso, si affronta il ripido pendio e poi con una lunga diagonale si traversa il torrentello emissario del lago inferiore di Deleguaccio per poi tornare a destra e riattraversarlo. Ancora pochi metri di ripido terreno ed eccoci infine sul margine della piccola conca alpestre che ospita il lago inferiore di Deleguaccio dove sorge anche un piccolo ricovero ricavato da una baita (attenzione, il ricovero è chiuso!).
Per arrivare al bacino superiore si deve lambire la sponda destra del lago e risalire in diagonale puntando alla bastionata rocciosa che chiude a monte la conca. Seguendo la traccia si giunge alla base di una rampa attrezzata con catene corrimano che permette di superare le rocce e di giungere in breve al secondo lago di Deleguaccio. Da qui in pochi passi ci si può portare sulla cresta spartiacque con la Valtellina per godere un panorama veramente eccezionale.
Il Monte Legnone è un'imponente montagna dai fianchi ripidi e dirupati su ogni versante. A dispetto della modesta altezza, 2609 m, le sue creste e le pareti presentano notevoli dislivelli tanto che d'inverno questa vetta assume aspetti quasi himalayani. Il versante meridionale costituisce buona parte della destra orografica della stretta e lunga Valvarrone che, originandosi ai piedi del Pizzo dei Tre Signori, sbocca nel Lario all'altezza di Dervio. La vallata si apre un poco solo nella sua parte alta, a partire dall'abitato di Premana ramificandosi con alcuni solchi minori. Il primo di questi, la Valle del Varroncello, sbocca proprio fra Premana e Piagnona e sarà il teatro della nostra gita. Per quanto assai ripidi entrambi i versanti del Varroncello sono percorsi da sentieri che raccontano di una montagna vissuta fino in fondo da parte degli antichi abitanti di questi luoghi. Dalla montagna si doveva trarre il massimo perché da essa derivava parte del sostentamento che s'integrava con un po' d'agricoltura e con i proventi derivanti dalla secolare tradizione della lavorazione del ferro, quest'ultima caratteristica peculiare dei premanesi. Per quanto apparentemente secondaria e poco importante la Valle del Varroncello è una vera sorpresa sia per la bellezza dell'ambiente, sia per le sue caratteristiche paesaggistiche che s'arricchiscono con i laghetti di Deleguaccio, minuscoli bacini d'origine glaciale annidati nei pressi della cresta spartiacque orobica, sul suo lato meridionale. L'ambiente selvaggio e poco contaminato ha consentito la sopravvivenza alla tipica fauna alpina per cui non è raro poter osservare gruppi di camosci pascolare sui ripidi versanti erbosi del Legnone. La gita è abbastanza agevole e, tutto sommato, poco faticosa nonostante il dislivello. A tratti ripidi si alternano altri a mezza costa che consentono di "tirare il fiato" e di riposare un poco. Il cammino si fa un po' meno agevole solo nel tratto che separa l'Alpe Deleguaccio dall'omonimo lago (inferiore). Se da quest'ultimo vogliamo arrivare a quello superiore dovremo affrontare ancora circa trenta minuti di cammino ed un tratto di parete rocciosa facilitato dalla presenza di catene corrimano. È una piccola fatica che vale la pena di affrontare perché nei pressi ci si può affacciare sulla Valtellina. Il toponimo Deleguaccio è chiaramente di derivazione dialettale e si riconduce al verbo "sciogliere". I laghi, infatti, raccolgono le acque derivanti dallo scioglimento estivo delle nevi.
Ad avvalorare l'importanza che Premana ha avuto per secoli, ma anche per testimoniare le peculiarità del territorio legato alla Valvarrone e dei suoi abitanti, nel 1974 è stato fondato il Museo Etnografico di Premana. L'esposizione merita senza dubbio una visita approfondita perché ben allestita e veramente interessante.
Gli appassionati fondatori avevano le idee molto chiare e con semplicità ed efficacia hanno saputo mettere in luce secoli di storia e di tradizioni legati sia alle attività agro-pastorali, sia all'epica storia delle miniere di ferro.
Nulla di quello che si pensava potesse essere utile per mantenere vivo il collegamento con il passato di una gloriosa e originale comunità alpina è stato dimenticato. In primo luogo sono state raccolte le fotografie che con grande immediatezza ci riportano ad una Valvarrone di tanti anni fa mostrandoci volti ed attività, legati in particolare alla figura femminile e alla lavorazione del ferro.
Al primo piano dell'edificio, oltre all'archivio fotografico, si trova anche una raccolta di documenti fra cui una lettera autografa di Alessandro Manzoni la cui famiglia possedeva in loco miniere e forni di fusione.
Al piano superiore del museo si trovano la Sala del Ferro, la Sala del Costume e la Sala dell'Agricoltura, tutte di notevolissimo interesse.
Particolarmente curata è la documentazione della Sala del Ferro. Accanto ad oggetti legati all'attività mineraria come lampade, slitte per il trasporto del minerale o stampi da mina, troviamo una dettagliata documentazione storica.
Si inizia dalla descrizione delle miniere per passare a quella delle tecniche di scavo e di lavorazione primaria del minerale, cioè la cottura del prodotto grezzo e la selezione del ferro da portare in fucina.
Di grande interesse sono anche le parti dedicate alla lavorazione del ferro in Valvarrone e a Premana.
La Sala del Costume oltre a capi di abbigliamento tipici e costumi, raccoglie oggetti di uso quotidiano per la casa e per i lavori domestici com'erano la filatura e la tessitura.
Nella Sala dell'Agricoltura si trovano tutti gli oggetti ed i manufatti legati ai lavori tradizionali della coltivazione, della pastorizia e dello sfruttamento del bosco.
Un bellissimo sito Internet, completa l'ineccepibile servizio di questo museo semplice utile e diretto come tutte le cose che vengono dalla gente di montagna.
Premana è il più interno ed elevato dei paesi della Valvarrone ma allo stesso tempo è sicuramente il più vitale ed importante. La vista del borgo è particolarmente impressionante se lo si raggiunge dalla Valsassina. Valicando il colle del Piazzo, da cui si entra in Valvarrone, sul versante opposto ecco apparire un compatto e consistente grumo di case abbarbicate alla ripida pendice della montagna, quasi stessero per cadere da un momento all'altro. Considerando la difficoltà di accesso stradale che permane ancor oggi, sembra impossibile che in fondo ad una vallata tanto remota si trovi un simile centro abitato.
La spiegazione è però presto trovata, Premana deve la sua vita e la sua prosperità al ferro. Il paese ha origini remote trovandosi al centro di un'area ricca di minerale ferroso. Esso costituiva, infatti, un avamposto importante e una sorta di campo base per le maestranze che lavoravano le vene ferrose dell'alta Valvarrone. Sicuramente già in epoca romana, ma forse ancor prima, le miniere di ferro orobiche e quindi anche quelle della Valvarrone dovevano essere assai attive. L'attività estrattiva si protrasse con alti e bassi per moltissimi secoli e cessò solo verso la fine del 1800 senza però causare una crisi economicha locale. Infatti, nel frattempo, gli intraprendenti premanesi avevano trovato un altro modo di sfruttare il ferro. Gradualmente, grazie ad una tradizione artigiana già consolidata, cominciarono ad imporsi sul mercato come produttori di attrezzi metallici. Il ferro non veniva più dalle montagne vicine, ma poco importava. Con grande capacità ed inventiva le molte famiglie locali seppero ritagliarsi delle singole specializzazioni: alcuni divennero maestri nella produzione di attrezzi agricoli, altri di coltelli a serramanico, altri ancora di posate da cucina per giungere addirittura alla forgiatura di attrezzi d'alpinismo come piccozze e chiodi. Nel contempo le ditte produttrici svilupparono anche la necessaria organizzazione di marketing e vendita che permise loro di ampliare ulteriormente il fatturato abbinando alla produzione principale quelle di accessori vari. Dal piccolo nucleo iniziale il borgo si estese man mano con costruzione di nuove fabbriche e case resa per altro sempre problematica dalla ripida posizione in cui bisognava operare. Oggi le antiche miniere di ferro sono quindi solo un ricordo, un'attrattiva per turisti ed escursionisti ma il ferro, a Premana, resta sempre elemento e risorsa di primaria importanza.