Alla periferia settentrionale di Magreglio, si imbocca sulla sinistra la Via dei Castagneti che corre a monte del paese e conduce in un grande piazzale parcheggio ove si lascia l'auto.
Si segue una stradetta e facendo un po' d'attenzione si imbocca sulla destra il tracciato del Sentiero Geologico delle Sorgenti del Lambro (un paio di smunti cartellini gialli della Pro Loco Magreglio indicano la direzione) che s'inoltra nel bosco. A parte forse l'imbocco, il sentiero è sempre evidente e con piacevole passeggiata ci permetterà di avvicinare le numerose peculiarità ambientali e naturalistiche presenti in questi boschi. Traversando alcuni minuscoli corsi d'acqua, impreziositi da piccole vasche e cascatelle che scivolano sulle rocce calcaree, arriviamo presso una marmitta dei giganti, fenomeno ben descritto sul grande cartellone esplicativo nei suoi pressi. Proseguendo, altri cartelloni didattici illustrano ad esempio la storia dei massi erratici o descrivono l'ambiente circostante. La prima parte della facile passeggiata termina presso la Fonte Menaresta, origine del Lambro. Qui, un cartello consiglia di andare a vedere il vicino Bus di Pegur, doppio antro che si apre ai piedi di una parete calcarea.
Proseguendo oltre le sorgenti, si mette ben presto piede su una stradina che porta ad uno slargo, fiancheggiando un vasto prato posto sulla sinistra. Siamo al margine meridionale del Piano Rancio, si prosegue sulla strada fino all'incrocio con la Via all'Alpe che si percorre verso sinistra. Poco dopo, in corrispondenza di una curva (su una pianta indicazione del Ristorante Bar Diavolo - 031 963179), si imbocca un sentiero che sale fiancheggiando una recinzione (cartelli escursionistici) e poco più in alto, dopo un ripido tratto, entra nel bosco ed piega a sinistra in salita diagonale. Con piacevolissima camminata si percorre il fianco della montagna ammantato da una fitta foresta in cui troneggiano grandi esemplari di faggio. Sempre ben tracciato, il percorso sbuca infine dal bosco per affrontare gli ultimi panoramici pendii erbosi che portano alla Bocchetta di Spessola 1237 m che, una volta sul crinale, si raggiunge con breve discesa. Il panorama è veramente bello ed esteso, ma per goderne ancora di più può forse valere la pena di fare ancora uno sforzo. Piegando a destra si deve percorrere l'ampia dorsale erbosa sovrastante la bocchetta e con salita un po' faticosa, si raggiunge l'antenna che svetta sulla cima del Monte Ponciv da dove, di fronte a noi, verso Ovest si staglia la vicina sommità del Monte San Primo.
«A piè del colle scorre il Lambro limpidissimo fiume e benché piccolo, è capace di sostenere barche di ordinaria grandezza, il quale scendendo per Monza, di qui non lungi, si scarica nel Po.»
(Francesco Petrarca, 1353)
Il fiume Lambro nasce alle pendici orientali del Monte Poncio, ultima elevazione della lunga dorsale che dal Monte San Primo si allunga verso Est. La sorgente si trova appena sopra il paese di Magreglio e della località Madonna del Ghisallo, in provincia di Como. Il fiume, la cui fama è ancora spesso associata ad un triste passato di record, oggi fortunatamente quasi cancellati, relativi sul suo inquinamento, ha una lunghezza di 130 km, e si getta direttamente nel Po. La sorgente del Lambro sgorga da una piccola grotticella in località Pian Lavena, a quota 942 m ed è originata da fenomeni legati al carsismo di questi monti calcarei. Il nome locale della sorgente, detta Menaresta, deriva dalla sua caratteristica intermittenza. Infatti, come molte sorgenti carsiche, anche questa "mena" cioè "va, porta" e "resta" cioè "rimane, non rilascia acqua", grazie ad un serbatoio sotterraneo a sifone, che ad intervalli regolari si riempie di acqua fino a sgorgare verso l'esterno, per poi calare e tornare a caricarsi. A questa caratteristica intermittenza, certamente prolungatasi più del normale a causa di un forte periodo siccitoso è forse legata la leggenda che narra come Autari, re dei Longobardi, si fosse convertito al Cristianesimo grazie al ritorno delle acque in molti fiumi della Brianza, a partire proprio dalla rinascita della Fonte Menaresta, ottenuta dalle preghiere della Regina Teodolinda.
Dalla Fonte Menaresta, sottoforma di ruscelletto il Lambro compie i suoi primi metri scendendo su Magreglio.
Il piccolo fiume alimenta da secoli le attività umane sia nella Vallassina, sia nella Brianza e negli anni fra il 1950 ed il 1980, con l'esplodere dell'industrializzazione brianzola, è diventato una sorta di cloaca a cielo aperto che tutti hanno utilizzato per gli scarichi inquinanti. Fortunatamente in questi ultimi decenni una maggiore coscienza ecologica ha consentito che si guardasse a questo corso d'acqua con occhi diversi, avviandone il processo di rigenerazione, processo che sarà lento e richiederà ancora diversi anni, sempre che si continui sul percorso iniziato. Con umiltà e pazienza le acque e la vita del Lambro hanno sopportato le prevaricazioni umane e tutti noi, in fin dei conti, dobbiamo qualcosa a questo fiume: è forse ora che in qualche modo si cerchi di riparare al danno fatto.
In questo contesto, il "Gruppo Naturalistico della Brianza", ha voluto dare inizio ad un suo progetto che ha per obiettivo la tutela della sorgente del fiume Lambro.
Come tutte le sorgenti, anche quella del Lambro è stata oggetto di culto e venerazione da parte delle popolazioni preistoriche che già 2-3000 anni or sono popolavano la zona; ne è testimonianza il caratteristico masso erratico granitico dalla forma allungata che si trova nei pressi della fonte. Sulle sue facce si trovano alcune incisioni, fra cui coppelle sparse irregolarmente, una incisione rettilinea, lunga 27 cm e una incisione ovoidale che comprende una piccola coppella ben marcata che si completa in un canaletto che sbocca verso valle.
In molti casi la concentrazione delle incisioni e la posizione della pietra incisa fanno pensare a dei veri e propri massi-altare; è infatti molto probabile che questi segni abbiano assolto a funzioni specifiche legate a credenze religiose ed alla celebrazione di antichi riti. Nel Triangolo Lariano sono presenti alcune decine di massi erratici incisi, senza concentrazioni locali (diversi sono di recente scoperta, ad opera di Irene Gandola di Bellagio, mentre a Franco Redaelli di Canzo dobbiamola segnalazione delle incisioni della Menaresta). Prestando fede ad un'interpretazione di tipo rituale le coppelle potrebbero essere state utilizzate per versarvi acqua di fonte; la coppella sommitale del masso potrebbe invece avere ospitato un lumino (ottenuto con grasso animale e uno stoppino vegetale, come spesso usato nell'antichità).
Nei pressi della sorgente del Lambro, al piede di una piccola falesia costituita da Dolomia Principale (Norico), si aprono due piccole cavità carsiche citate per la prima volta , seppure in modo anonimo, da Carlo Amorettinel suo "Viaggio da Milano ai Tre Laghi" del 1794. Delle due cavità parla anche Giacomo Frassi, nelle sue, "Notizie sulla sorgente del Lambro" del 1876.
Negli anni '50 del 900 iniziarono le prime prospezioni speleologiche e la stesura di un primo rilievo topografico, cui faranno seguito altri studi più approfonditi conclusi nel 1979, con lo studio morfologico della cavità.
L'angusto ingresso della grotta conduce a diversi ambienti in cui si possono osservare concrezioni parietali e colonnari, stalattiti, latte di monte (moonmilk), concrezione viscosa ricchissima d'acqua e piccole eccentriche, minuscole concrezioni che a differenza di stalattiti e stalagmiti, si sviluppano in ogni direzione. Il pavimento è formato in gran parte da materiale morenico depositato dai ghiacciai che occupavano il territorio nel Quaternario. Attualmente lo sviluppo della grotta assomma a 72 metri con un dislivello di 8.