Lasciata l'auto s'imbocca la bella mulattiera lastricata che sale a destra della strada, in prossimità di una fontanella (cartelli indicatori). Con piacevolissima camminata la si percorre per una serie di tornanti che, nel bosco, lambiscono due successivi gruppi di baite abbandonate. Più in alto il selciato taglia la strada che porta all'Alpe Orlo e, infine, giunge al margine inferiore di questo splendido agglomerato. Le baite, distribuite in due nuclei, sorgono su una magnifica spalla boscosa in posizione assai panoramica.
Il percorso prosegue, ora, lungo il largo crinale fra prati e boschi mentre, a sinistra, si dirama il sentiero che entra nella Val Pilotera. Dopo un primo tratto allo scoperto, si rientra nella selva passando sotto il porticato di una chiesuola e, poi, si riprende la salita sotto grossi faggi, per sbucare infine sui verdi prati che circondano l'Alpe Cermine. Quattro passi fra le baite possono rappresentare un interessante diversivo prima di riprendere la salita: quasi tutte le dimore sono state sapientemente restaurate e conservano intatta l'architettura originaria.
Da qui in avanti la mulattiera cede il posto al sentiero che continua sempre lungo la dorsale. Dopo le ultime case si fiancheggia, tenendolo sulla sinistra, un recinto al termine del quale si abbandona il tracciato che procede rettilineo, per salire a destra, portandosi in centro alla dorsale prativa. Si lambisce una fontana poco oltre la quale il terreno diventa ancor più ripido.
Da questo momento la camminata si fa più faticosa, ma si è ripagati dalle sempre nuove vedute sulla Val Chiavenna e verso la Val Bodengo. Placconate sfuggenti, ripidi precipizi, creste lontanissime c'immergono in una dimensione magica e quasi senza tempo. A Nord-est svettano le cime della Valle Spluga (Val San Giacomo) e della Bregaglia italiana. La più snella ed elegante è quella del Pizzo Stella 3163 m, simile ad una regolare piramide sulla quale, anche nella stagione più asciutta, resiste la neve. A destra, in altre parole verso oriente, sfilano il Pizzo di Lago, il Pizzo Gallegione, il Piz dal Märc, il Piz Duan e il Piz Cam. Tutte queste cime formano il ripido ed altissimo versante destro orografico della Val Bregaglia.
Verso Sud-est s'impone allo sguardo la nera sagoma del versante Nord del Pizzo di Prata, una gigantesca e remota parete di granito alta ben 600 metri. Subito alla sua destra ecco l'importante, ma poco evidente vetta del Pizzo Ligoncio, pilastro d'angolo fra la Val Codera, la Val dei Ratti e la Val Masino e, poi, la quadrangolare cima del Sasso Manduino.
Un po' sul crinale, un po' sul suo lato destro (Nord-est) guadagniamo quota, ora nel bosco, ora su terreno più aperto dove svettano imponenti larici, alcuni dei quali inceneriti dal fuoco.
L'impegnativa ginnastica" prosegue fino ad una lieve insellatura dove il sentiero serpeggia su una banale cresta di erbe e roccioni per poi affrontare l'ultimo strappo, segnato in alto da bianchi scheletri di larici rinsecchiti.
Un'ultima deviazione sulla destra e poi si torna sul crinale sbucando sull'insospettabile, magnifico pianoro dell'Alpe Cima. Qui il panorama è ancor più aereo ed emozionante. Perdendo leggermente quota ci avviciniamo, in breve, alle case prendendo di mira il minuscolo, bianco campanile che sembra vegliarle.
Affacciata sulla Val Chiavenna ecco poi apparire anche la bianca chiesetta: da qui il sentiero potrebbe proseguire alla volta del Passo della Forcola, antico valico verso la Mesolcina; un altro sentiero scende, invece, diretto nella valle della Forcola portando a Menarola.
Ci sono luoghi che emanano un fascino particolare e da cui sembra quasi sprigionare un'atmosfera di magia.
Adagiata in fondo alla grande spalla di una dorsale, al limite fra il bosco e i pascoli d'alta quota, sospesa fra due valli e affacciata su un panorama estesissimo, l'Alpe Cima è una di queste località. Per chiunque sarà una sorpresa raggiungere questo piccolo gruppo di baite: da tempo abbiamo abbandonato la strada e le mulattiere più in basso, da tempo ci siamo allontanati dai maggiori alpeggi. Una ripida salita e un sentierino che serpeggia fra roccioni, ci hanno portato nel cuore dell'alta montagna, all'Alpe Cima dove non ci aspetteremmo certo di trovare, fra le poche case di pietra, un piccolo campanile che spicca bianco fra i pascoli e una chiesuola rotonda che s'affaccia sulla Val Chiavenna e la Val Bregaglia. Campanile e chiesa sorgono stranamente staccati l'uno dall'altra; forse la torre è stata collocata in posizione più esposta per renderla meglio visibile: ma perché non farci vicino anche la chiesa visto che spazio ce ne sarebbe stato?
E' una domanda che ci siamo posti e a cui non abbiamo saputo dare una risposta convincente. Probabilmente l'Alpe Cima ebbe in tempi remoti un ruolo importante nel sistema viario fra Val Chiavenna e Mesolcina. Qui si trova una sorta di quadrivio e la località, quasi in cima al crinale che separa la Val Pilotera dalla Valle della Forcola, appare quanto meno posizionata in un punto strategico. La passeggiata verso questo magico alpeggio è assai piacevole e ci ripagherà ampiamente della fatica. Nel primo tratto il percorso si svolge su una magnifica e larga mulattiera selciata, mirabile esempio di architettura viaria alpina. Dopo il grosso nucleo di baite dell'Alpe Cermine il tracciato si fa ripido, ma mai monotono. Ad ogni passo nuovi scorci panoramici s'aprono sulle vallate circostanti, a sinistra verso le desolate dimensioni alpine della Val Pilotera e della Val Piodella, a destra sulle popolose valli del Chiavennasco e verso le vette della Bregaglia per spingersi anche sulle glaciali vette del Bernina.
Nell'illustrare le nostre gite ci è spesso capitato di trattare di antiche vie di comunicazione transalpine, di strade romane e medioevali, di testimonianze d'un passato che ci parla delle Alpi come di un luogo conosciuto e abitato fin dalla preistoria. In effetti, già in tempi remotissimi le valli alpine furono interessate da una viabilità che consentiva i collegamenti fra le varie genti che popolavano queste terre.
Ma come può essere avvenuta la colonizzazione di questi luoghi difficili e sicuramente più ostili della pianura o della collina? Di primo acchito ci verrebbe spontaneo pensare ad una penetrazione progressiva di cacciatori ed esploratori lungo le vallate. Tuttavia, le più recenti teorie mostrano che questa modalità fu l'ultima ad esser praticata e che i percorsi più antichi si svolsero, e sono ancor oggi rintracciabili, sui crinali: basta pensarci un attimo, o basta aver percorso qualche crinale, per capire la fondatezza di questa tesi. Il crinale è facile da seguire perché, anche se coperto da vegetazione, ci si accorge immediatamente quando se ne abbandona la groppa. In più anche quando ci sia della vegetazione, s'incontrano spesso punti più aperti da dove si gode un'ampia visuale in ogni direzione: radure, emergenze rocciose, piante più alte possono servire come punti d'osservazione per orientarsi e per controllare il territorio. In genere, inoltre, sul crinale la vegetazione di sottobosco è meno fitta ed il procedere più facile: chiunque, trovandosi in una località sconosciuta, preferirebbe camminare sulla dorsale di una cresta piuttosto che immergersi in un vallone. Quindi, molto verosimilmente, la colonizzazione delle Alpi è avvenuta partendo dall'alto. Sui crinali furono allestiti i primi ripari, poi migliorati se il percorso acquistava importanza. In epoche successive, una volta consolidato il percorso, si crearono veri e propri punti di sosta sotto il crinale, costruiti in posizione più riparata dagli elementi e meno visibili. Ancora più tardi, una volta creatasi la catena di insediamenti, la via alta fu abbandonata in favore di quella creatasi nel frattempo e che, altro non era che l'unione delle vie di servizio che collegavano i nuclei fra loro più vicini.
Il processo è proseguito nei secoli con il successivo abbassamento delle stazioni e con il loro progressivo ampliamento, per arrivare ai grandi borghi posti in posizione strategica all'imbocco delle valli, diventate infine le vie preferenziali di transito. Chiavenna e Gordona, all'incrocio fra Val Bregaglia, Val San Giacomo e Valle della Forcola, sono chiari esempi di questo processo.
L'Alpe Cima, con ogni probabilità, costituisce invece quanto resta di una antichissima stazione di crinale usata da chi voleva transitare per il Passo della Forcola. Dall'alpeggio al valico il cammino, oggi un po' disastrato, era agevole: bastava attraversare il piano per entrare nella parte superiore della valle, quasi priva di vegetazione, e poi raggiungere il facile valico dal quale si scendeva nell'odierna Svizzera.