Da Novate Mezzola si abbandona la SS 36 deviando a destra per raggiungere la frazione di Mezzolpiano, all'imbocco della Val Codera, sul suo lato destro orografico. Conviene lasciare l'auto al termine della strada, al parcheggio ove ha inizio la mulattiera per Codera. Si ripercorre ora un tratto della strada carrozzabile e poi si prende a sinistra, sempre su strada asfaltata, per traversare il torrente Codera su un moderno ponte e portarsi sulla sua sponda opposta. Poco dopo il ponte deviare a sinistra e percorrere una stradina che termina presso una vecchia cava poco oltre la quale si incontra la partenza della mulattiera per San Giorgio (segnavia n. A 5).
L'antica mulattiera, in gran parte gradinata con lastroni di chiaro granito San Fedelino, risale con numerosi tornanti il dossone che costituisce il versante sinistro orografico della forra del Codera. San Giorgio (748 m; 1.30-2 ore) è ben nascosto sull'ampia sella erbosa che si stende fra il dossone e la base della cresta Ovest-nord-ovest del soprastante Monte Provinaccio 1636 m. Di antichissime origini, il piccolo villaggio è un miracolo di armonia e semplicità architettonica nonché testimonianza di un sapientissimo uso della pietra; per averne ulteriore testimonianza basterà salire presso il vicino cimitero del paese dove si trovano uno splendido masso avello risalente almeno al periodo romano. Da San Giorgio, seguendo il sentiero lastricato, si scende ad attraversare il Vallone di Revelaso per poi salire ad incrociare e traversare il "Tracciolino" (pianeggiante viottolo di servizio degli impianti di captazione della Centrale di Campo di Novate Mezzola), proseguendo la salita lungo il sentiero che in breve porta a Cola 1018 m (a questo punto si giunge anche percorrendo un sentierino che prosegue oltre il cimitero del paese e risale alle sue spalle raggiungendo il pianeggiante spalto del "Tracciolino" che si percorre fino ad incontrare sulla destra la deviazione per Cola).
L'abitato, estremamente suggestivo, è interamente costruito in pietra, con le case tutte allineate su una stessa fila. Traversato il paese, ormai disabitato, si scende lungo un sentierino che, oltre un prato, si abbassa a raggiungere di nuovo il "Tracciolino" che si segue verso destra uscendo dal Vallone di Revelaso. Facendo un poco d'attenzione ad individuare le sottostanti baite di Ci (851 m) si deve ora imboccare il sentierino che, in breve, le raggiunge. Si prosegue poi, in leggera discesa, traversando il roccioso sbocco della Val Ladrogno su un bellissimo e antico ponte in pietra. Poco oltre un altro incredibile ponte, vero miracolo architettonico, permette di traversare la profonda forra del torrente Codera e di risalire in breve a Codera (825 m; 1 ora). Visitato il paese e il minuscolo museo etnografico si inizia la discesa lungo la meravigliosa mulattiera gradinata che percorre il lato destro orografico della Val Codera e che, con vertiginoso e suggestivo percorso, riporta all'imbocco della valle, a Mezzolpiano.
Abbiamo già citato il profondo legame che esiste fra la presenza umana in Val Codera e l'uso della pietra come principale elemento architettonico ed elemento principale dei manufatti della vita quotidiana, dalle fontane alle mangiatoie, dai tavoli alle panche, dalle soglie delle case alle tombe.
Tale antico legame si mantenne inalterato per secoli, più o meno fino al 1738 quando il trattato di Vienna privò il Ducato di Milano del territorio di Novara e quindi anche del granito proveniente dalle cave di Baveno e Montorfano, allora ampiamente utilizzato nell'edilizia privata e pubblica.
Pochi anni dopo, la creazione del canale navigabile di Paderno permise di aggirare le rapide dell'Adda, creando un'importante e diretta arteria di collegamento fra l'alto Lario e il milanese. Per gli abitanti di Novate e della Val Codera fu l'inizio di una nuova era che modificava il loro rapporto con la pietra locale non più solo utile strumento del costruire locale, ma preziosa merce e fonte di nuovo lavoro. Non passò infatti molto tempo che sulla sponda occidentale del Lago di Novate Mezzola, presso la chiesetta romanica di San Fedelino, veniva aperta la prima cava di granito che, prendeva il nome dall'antico tempietto.
Nell'800 altre cave, in numero sempre maggiore, vennero aperte presso l'ingresso della Val Codera e in valle. Dapprima venne usata manodopera proveniente da altre località, come i "picapreda" della Val d'Intelvi, portatori di una secolare tradizione nella lavorazione della pietra. Successivamente si impiegò in modo sempre più massiccio mano d'opera locale mentre la produzione andava costantemente aumentando. Dalle cave si ricavavano cordoli per marciapiedi, lastre per selciare le strade, pilastri, architravi, colonnine. Col San Fedelino vennero lastricate le strade di Pavia e molte nel centro di Milano.
Il periodo di maggior attività si ebbe a cavallo fra le due guerre mondiali quando le cave di Novate e della Val Codera arrivarono ad impiegare oltre 700 addetti. Poi, lentamente, la richiesta del pregiato materiale declinò soprattutto a causa dell'avvento di altri materiali edili più economici e di più pratico utilizzo. In pochi anni tutte le cave chiusero e negli anni novanta terminò anche l'attività dell'ultima rimasta, la cava "de la Muta" di San Giorgio. Scomparvero quindi anche i "picapreda" e la tradizione della lavorazione manuale del San Fedelino che tuttavia viene ancor oggi validamente perpetuata da alcuni abili artigiani.
Nel 1991, col rivestimento del palazzo comunale di Novate Mezzola, il San Fedelino venne usato per l'ultima volta nella realizzazione di un'opera pubblica.