Dal parcheggio auto ci si porta presso il vicino arginedi un torrentello scendente da destra che delmits a Nord la paleofrana di Cimaganda. Un cartello indicatore segna la partenza del sentiero che dapprima sale con piccole curve serpeggiando nel rado bosco e fra i blocchi di gneiss. Più in alto il tracciato migliora e, con una serie di lunghi diagonali, traversa più volte il corpo della frana che, man mano si sale acquista tutta la sua imponenza. Sempre ben segnalato, con tratti su blocchi ed altri su terra battuta il sentiero si porta sotto le pareti rocciose che chiudono in alto la visuale. Dopo essersi abbassato per pochi metri, il percorso riprende a salire lungo una scalinata di pietra e poi ancora con qualche tornante nel bosco e fra roccioni finché, con un'ultima salita raggiunge la soglia della Val d'Avero. Ci troviamo in un punto particolarmente panoramico, evidenziato da una grande croce di legno e a picco sulla sottostante Val San Giacomo dove si snoda la carrozzabile verso il Passo dello Spluga. Ora il sentiero si inoltra nella Val d'Avero tenendone la sponda destra orografica. Dapprima si abbassa con un lungo tratto, traversa una vallecola e poi riprende a salire molto dolcemente puntando verso il lontano fondo della valle. Sospeso sul ripido versante il sentiero lambisce alcune vecchie costruzioni e, poi, arriva al greto di un primo torrente che traversa verso destra per poi procedere in piano e poco dopo sbucare presso il favoloso gruppo di stalle e fienili di Zoccane.
Da qui in avanti il tracciato si fa meno comodo e procede alle spalle di Zoccane rimontando un ripidissimo crinale boscoso scandito da imponenti larici. Con faticosa marcia si arriva così al greto di un altro torrente che si attraversa verso destra. Superato un altro guado si rientra nel bosco salendo un poco per poi sbucare al limite inferiore dei pascoli di Avero. Risalendo direttamente i prati, in pochi minuti si giunge all'abitato.
Nota: in discesa l'imbocco del sentiero è poco evidente e si trova circa 150 metri a valle della chiesa, un po' spostato sulla destra della verticale calata da essa.
Il cartello escursionistico alla partenza della gita recita, Avero ore 1,40, ma voi non credeteci. Chi ha stabilito quell'orario forse ha sbagliato, mettendo un "uno" al posto di un "due", oppure non ha tenuto in considerazione il passo medio di un escursionista.
La salita è quanto mai varia. La prima parte si svolge fra i macigni di Cimaganda e, man mano si sale offre interessanti scorci panoramici sul fondovalle ove emerge il grande edificio sacro del santuario di Galivaggio. Di fronte chiudono la visuale i valloni e le dirupate pareti rocciose delle Cime Camoscie, che delimitano ad oriente il bacino del Truzzo. Sulla sinistra, più vicine, altre pareti roccione solcate da una grande cascata che d'estate è spesso quasi asciutta, ma che d'inverno costituisce una delle più classiche ascensioni su cascate di ghiaccio della Val San Giacomo. La seconda parte del percorso è meno faticosa e potremmo farla terminare presso il piccolo "paese" di legno di Zoccane. Questo minuscolo agglomerato in realtà è costituito solo dalle stalle e dai fienili del soprastante nucleo di Avero; si tratta di costruzioni di stile tipicamente Walser, con i tronchi sapientemente incastrati fra loro agli angoli, mediante il sistema "block-bau". Purtroppo alcuni edifici hanno subito le ingiurie del tempo e dell'abbandono ma sarebbe assolutamente importante se si riuscisse a recuperare questo splendido esempio di architettura alpina che probabilmente costituisce un unicum in tutta la provincia di Sondrio. Come spesso accade negli insediamenti alpini e Walzer, in particolare, per questioni igieniche, ma anche di sicurezza, le stalle ed i fienili sono stati realizzati fuori dal paese. In questo caso però, stupisce la lontananza che intercorre fra i due sistemi urbani, infatti, mentre di solito gli elementi dell'azienda agricola si trovano più o meno sulla stessa curva di livello rispetto all'abitato, Zoccane sorge quasi duecento metri di dislivello più a valle. Il percorso termina ad Avero, uno dei più caratteristici ed importanti insediamenti temporanei della Valchiavenna, situato su uno sperone che separa i due rami principali del torrente Avero. Alle spalle del paese la valle si apre in un uniforme anfiteatro di pascoli dominato dal versante Sud del Pizzo Stella. Parzialmente distrutto da una grande slavina nel 1986, il paese sta pian piano rinascendo permettendo ai turisti di ammirare la sua ordinata ed unica urbanistica. Si tratta di una cinquantina di bassi edifici, di legno e pietra disposti secondo un unico orientamento secondo la linea della massima pendenza. La pianta urbanistica mostra le case disposte a ventaglio o a cuneo, con la parte più ampia affacciata verso valle, dove si trova anche la chiesetta. Tale disposizione unitamente alla scarsa altezza delle case e all'univoco orientamento costituisce un meraviglioso esempio di adattamento architettonico alle difficili e pericolose condizioni del luogo, esposto alle slavine che potrebbero scendere dagli uniformi e ripidi pendii sovrastanti. E' stato probabilmente grazie a quest'accorta disposizione se nel 1986 il paese non è stato completamente spazzato via dalla valanga. Verso Sud, presso alcuni ruscelli, sorge un piccolo gruppo di minuscole costruzioni: sono i "casèi", le costruzioni adibite alla conservazione del latte e del burro.
La grande frana di massi staccatasi dal sovrastante versante Ovest del Motto di Bondeno è sempre stata quasi ignorata da turisti e viandanti che percorrevano la strada dello Spluga. L'ambiente circostante, per quanto ancora ingentilito da qualche pianta, è in generale ostile e poco offre allo sguardo. Sul finire del 1970, però, la negletta Cimaganda, divenne famosa come uno dei luoghi d'elezione per la pratica dell'arrampicata sui massi, oggi nota come "bouldering". Il nascente sport aveva il suo centro propulsore nella non lontana Val Masino, e la scoperta di un nuovo piacevole campo d'azione in Val San Giacomo fece diventare la provincia di Sondrio celebre presso tutti i giovani scalatori.
I massi di Cimaganda non sono di granito, ma di ottimo gneiss compatto, che richiede l'applicazione di una tecnica raffinata: l'arrampicata si svolge prevalentemenete su muri e strapiombi con appigli ed appoggi netti, oppure in fessure. Più rara, anche se presente, la possibilità di scalate in aderenza.
Merito di aver valorizzato il luogo spetta a scalatori come Sergio Panzeri, Giuseppe "Popi" Miotti e Antonio Boscacci. Costui redasse niente meno che una piccola guida, forse la prima in assoluto a trattare esclusivamente il bouldering. Oggi la guida "Arrampicare sui sassi di Cimaganda" è un raro pezzo d'antiquariato e le indicazioni tecniche in essa contenute sono in gran parte superate, soprattutto a causa del notevole miglioramento tecnico delle giovani generazioni di scalatori. Tuttavia la quantità dei massi presenti è tale che anche chi è alle prime armi può trovare di che divertirsi e forse, girando qua e là nel labirinto di pietra, potrà ancora trovare, alla base di qualche masso, le piccole frecce gialle con cui Panzeri e gli altri usavano segnare i passaggi saliti.
Prevalentemente i passaggi più classici si trovano nel settore di frana che situato appena oltre le poche case della località; altri passaggi sono stati saliti sui blocchi posti nei tornantini della strada fra Lirone e Cimaganda. Moltissimo resta però ancora da fare soprattutto nella parte alta e nel settore destro della conoide di blocchi.