Da Chiavenna imbocchiamo la carrozzabile SS 37 per il Passo del Maloja e St. Moritz. Uscendo dall'abitato percorriamo un lungo viale alberato al cui termine, poco dopo la caserma della Polstrada ed il ponte che, a destra, traversa la Mera riportando nella cittadina, dobbiamo prestare attenzione al bivio per Pianazzola. Un piccolo cartello stradale indica la deviazione a sinistra dove inizia la strada che sale al paese. La carrozzabile compie, dapprima, un lungo traverso quasi pianeggiante per andare ad "approcciare" il punto meno ripido del pendio. Successivamente, con una serie di tornanti, la carrozzabile segue la ripidissima pendice del monte, quasi interamente a vigneto mediante arditissimi terrazzamenti.
Stiamo percorrendo gli antichissimi depositi morenici lasciati dal ritiro dei grandi ghiacciai del Quaternario. In alto, al loro termine, è nettissimo lo stacco con le soprastanti, aspre rupi granitiche i cui enormi frammenti franati in epoche remote emergono dalle vigne. Dopo circa 3 km eccoci a Pianazzola dove lasciamo l'auto. Al termine della strada è facile notare, sulla sinistra, il piccolo cartello escursionistico che indica la partenza del sentiero: inizia la lunga gradinata. La ripidezza del pendio e l'immediato substrato roccioso rivestito, qui, da una selva di castagni, hanno determinato scelta e impostazione del tracciato. Non si poteva giocare con comodi e frequenti tornanti, ma bisognava comunque trovare il modo di "inventare" una salita che fosse la meno faticosa possibile. L'unica alternativa era quella di creare una gradinata che, con poche curve, permettesse di guadagnare presto quota consentendo, al tempo stesso, un passo sicuro. Così, seguendo questo piccolo capolavoro di edilizia alpina eccoci alle prese con rampe e rampette di scalini in granito, intervallate ogni tanto da qualche breve diagonale che consente di riprendere un po' di fiato. In un paio di tratti i costruttori hanno sfruttato abilmente alcune emergenze rocciose disponendo una scalinata elicoidale di notevole effetto. Il percorso si svolge a destra della grande rupe granitica decritta nella presentazione e tenete bene a mente che dovremo raggiungerne la sommità. Quindi procederemo lungamente (e faticosamente) finché una serie di successivi tratti a mezza costa, verso sinistra, ci riporterà gradualmente verso i roccioni, qui quasi del tutto celati dal bosco. L'ultima parte dell'itinerario lambisce una bella fontanella ricavata da una sorgente, vero e proprio ristoro dopo tanta fatica. Si continua, poi, sempre con lento diagonale, lungo il camminamento che in questo punto è reso più sicuro da una ringhiera protettiva. Infine, il sentiero sembra infilarsi in una sorta di passaggio obbligato, quasi un piccolo valico, la cui sinistra è marcata dalla cima delle rupi granitiche. Dopo questo passo ecco aprirsi l'incantevole terrazzo erboso di Dalò. Il villaggio non è ancora visibile e, prima di arrivarci, consigliamo di deviare a sinistra per spingersi lungo il prato, fino alla croce che segna il culmine delle rocce. La croce metallica, eretta nel 1981, sostituisce quella di legno che fu infissa nel 1704 e che resistette alle intemperie per quasi trecento anni. Da quassù il panorama è veramente mozzafiato. Di fronte si staglia l'oscura parete settentrionale del Pizzo di Prata che manda verso Est una dentellata serie di vette minori, formanti lo spartiacque fra la Bregaglia e la Val Codera. Sempre di fronte, poco sopra Chiavenna, distesa letteralmente ai nostri piedi, ecco il poggio su cui sorge l'antico abitato di Uschione. Verso Est s'allunga il solco della Val Bregaglia, coronato in fondo dalle granitiche vette del Pizzo Badile e delle Sciore. A Sud lo sguardo spazia sulla vasta piana di Chiavenna, a Ovest appaiono le cime della Mesolcina e verso Nord s'inoltra la Val San Giacomo sul cui versante destro orografico scorgiamo i minuscoli abitati di Olmo e San Bernardo, sovrastati dalle aguzze punte della Cima Camoscie.
Tornati sul sentiero, in pochi passi s'inizia la breve discesa che porta nel villaggio, la cui visita ci occuperà per qualche minuto. Vi consigliamo di iniziare dalla chiesa, piccola ma molto aggraziata e perfettamente inserita nell'ambiente circostante. L'edificio, dedicato a S. Michele, fu costruito nel 1657. Successivamente, nel 1735-36, fu aggiunta la cappella laterale mentre il campanile è più tardo, del 1816. Per quanto possa apparire strano, all'interno della chiesa è conservato un piccolo capolavoro di G. B. Macolino il vecchio, raffigurante San Michele che sconfigge il drago. Graziosissimo anche il piccolo cimitero annesso. Dalla chiesa si volge verso le case disposte principalmente su due file, ai lati del sentiero principale. Molte sono in via di ristrutturazione e alcune mostrano chiarissimi segni dell'antico influsso di popolazioni d'origine Walser che, nella loro migrazione transalpina, si spinsero fin qui dopo aver valicato lo Spluga. Poco sopra la chiesa si scorge una costruzione che spicca per le sue caratteristiche architettoniche particolari. Si tratta, senza dubbio, della dimora di un importante membro della comunità, che ricorda, in tono minore, l'architettura delle tipiche case patrizie medioevali della Valchiavenna.
La discesa si svolge lungo il percorso di andata che, assi più rapidamente, ci deposita nuovamente al termine della strada di Pianazzola, sul parcheggio a monte delle case. Non è possibile lasciare questi luoghi senza affrontare alcuni altri gradini per scendere nel paese sottostante, che è un vero capolavoro di architettura ed urbanistica alpina. Come abbiamo accennato, a dispetto del nome, Pianazzola è costruita sul pendio inclinato del monte e le sue case strettamente addossate fra di loro ci riservano alcuni fra gli angoli più interessanti e suggestivi della giornata. Il borgo è traversato da una ragnatela di stretti viottoli che delineano una pianta a scacchiera con le linee longitudinali in forte pendenza. Ci troviamo di fronte ad un assetto urbanistico tipico di tanti paesi rivieraschi di lago o di mare. Qui però, in fondo al paese, invece che sull'acqua ci affacciamo sul vuoto. E che vuoto! Nelle costruzioni predomina l'uso della pietra, utilizzata per gli elementi murari, per le coperture e persino per i balconi. Più raramente s'abbinano parti di legno, presenti soprattutto nelle porzioni superiori delle case e nei balconi. Molte facciate si presentano dipinte a colori pastello un po' sul genere delle dimore della Costiera dei Cèch. Aggirarsi in questo dedalo di viottoli acciottolati è un vero divertimento, nonché un piacere per l'occhio che scopre sempre nuove curiosità fra angoli, passaggi coperti, archi e improvvise aperture sul fondovalle.
Nel settore orientale del paese emerge, fra i tetti, la torre campanaria della chiesa di San Bernardino da Siena. L'edifico, risalente al XV secolo, presenta una sola navata e conserva all'interno un'ancona raffigurante il santo cui è consacrata la chiesa. Pregevole anche un dipinto ad olio raffigurante la Madonna con Bambino e i SS. Antonio da Padova e Gottardo, eseguito da Francesco Guglielmetti da Mendrisio (sec. XVII).
Notevole, anche se malamente restaurato, è l'affresco raffigurante San Cristoforo che adorna la facciata la cui esecuzione è attribuita ad Andrea de Passeris (sec. XV).
Li abbiamo contati scendendo, solo dopo aver capito che erano veramente tanti, i gradini che compongono per il 90% il sentiero che da Pianazzola porta a Dalò. Si tratta di un vero record, anche se di certo, in Valtellina e Valchiavenna, ci sono "gradinate" ancor più lunghe. Ma questa è solo una delle tante curiosità offerte dalla gita che stiamo presentando.
Il minuscolo agglomerato di Dalò, reso importante da chiesa, cimitero e da un'insospettabile casa "patrizia", sorge invisibile, su un balcone sospeso all'incrocio fra Val San Giacomo, Val Bregaglia e Valchiavenna. Alcuni recenti scavi effettuati in loco hanno evidenziato la presenza di un insediamento risalente all'Età del ferro: sicuramente qui era il terminale di un'antica via che proveniva dal Passo dello Spluga. Questo antico itinerario si svolge tutt'oggi a mezza costa sulle rupi della destra orografica della Val San Giacomo. Coppelle, incisioni, luoghi di stazione e alcuni importanti paesi indicano che per anni fu la via preferenziale seguita da viandanti, cacciatori e commercianti. Forse iniziò a perdere importanza in epoca romana, per poi essere completamente abbandonato. Ma a questa magnifica "via" dedicheremo una delle prossime puntate.
Per secoli il Dalò è stato abitato per tutto l'anno poi, come per tanti altri nuclei simili, durante gli anni '50 ha conosciuto un graduale spopolamento. Oggi, dopo che una stradicciola sterrata ha consentito un certo collegamento con San Giacomo Filippo, all'ingresso della Val San Giacomo, Dalò torna a nuova vita e le sue antiche case sono state quasi tutte recuperate dai proprietari o dai loro eredi. Chissà che, fra non molto, qualcuno di loro non decida di tornare a stabilirsi permanentemente in questo angolo di pace e di silenzio sospeso fra i monti.
In questa breve introduzione abbiamo rivelato che c'è un modo assai comodo per arrivare alle porte del paesino, ma non vogliamo aggiungere altro. È intenzione di questa rubrica farVi conoscere un accesso diverso, più faticoso, ma sicuramente più bello e appagante, quello, appunto, che si svolge sulla lunga gradinata salente da Pianazzola.
Il nome di quest'ultimo paese potrebbe farci pensare ad un luogo pianeggiante, un verde terrazzo di mezza montagna cosparso di case. Viceversa, una volta arrivati, ci renderemo conto che la realtà è assai diversa, e le sorprese non mancheranno. Pianazzola è facilmente individuabile già dalla piana che precede Chiavenna, per una serie di segni che ne marcano inequivocabilmente la posizione. Alle spalle di Chiavenna si noterà, subito, una strada con alti e antiestetici muri di cemento che serpeggia fra ripidissimi vigneti portando ad un grappolo di case: è la via che conduce al borgo. Una grande parete granitica color miele determina un possente pilastro d'angolo fra Val Bregaglia e Val San Giacomo: ai suoi piedi, un po' verso Est, ecco Pianazzola alla cui visita dedicheremo la parte finale della gita.