Dal paese di Isola si continua lungo una strada ancora carrozzabile che percorre la destra orografica della Valle del Liro raggiungendo le case di Mottaletta 1342 m, per poi inoltrarsi, a sinistra, in Val Febbraro.
Interessantissima la visita alla piccola frazione, oltre la quale si procede avendo sul versante opposto della valle la visione delle case di Torni 1351 m, raggiunte da un tracciato inizialmente carrozzabile e parallelo al nostro. Il proseguimento del nostro itinerario si svolge su buon sentiero che taglia dei ripidi prati per giungere nel magnifico nucleo di Rasdeglia, ancora perfettamente conservato nelle sue architetture originali e di cui si consiglia la visita. Evidenti, qui come a Mottaletta, le tipiche costruzioni alpine d'influenza Walser dove il legno è l'elemento architettonico principale.
Ci troviamo sul tracciato originario della "via del Cardinello" che da Isola passava per i due nuclei appena visitati.
Oltre Rasdeglia il tragitto prosegue su sentierino che traversa un anfiteatro erboso (fontana) e poi raggiunge le poche case in pietra di Soste 1544 m, antichissimo agglomerato il cui nome indica come qui si trovasse un punto di riposo per i viandanti. Di fronte si apre l'oscura forra del Liro; ancora poche centinaia di metri e, abbassandosi a destra verso il torrente, il sentiero raggiunge un ponticello che permette di arrivare sulla stradina che percorre l'opposto versante provenendo da Torni. NOTA: un altro attraersamento si trova poco più a monte. Ora siamo sul tragitto "ufficiale" del Cardinello, quello spesso decritto nelle guide e nei depliant. Seguendo il bel tracciato si prosegue finché la carreggiata si restringe a sentiero e sale ancora un poco, per poi iniziare sorprendentemente a percorrere la verticale parete che piomba sul torrente. Si tratta di una specie di cengia intagliata nella roccia che per oltre 500 metri di sviluppo, sale lentamente, fino a sbucare su pendii più mansueti un po' prima della diga del Lago di Montespluga. Durante il percorso si aprono belle vedute sul versante opposto della gola che appare meno ostile ed esposto al sole. E' difficile trovare una valida motivazione per giustificare la realizzazione di un percorso tanto ardito ed impegnativo. Forse il tutto fu facilitato dalla natura stessa che "regalò" all'uomo la cengia su cui ci troviamo, già quasi bell'e fatta. Trovandosi un corridoio naturale del genere è probabile che venne spontaneo il farci passare la strada. Man mano si sale, si apre anche la vista sulle alte montagne del versante destro idrografico della Val San Giacomo e, in particolare, appare imponente la sagoma del Pizzo Ferrè 3103 m.
Il tracciato presenta alcuni punti veramente impressionanti anche se è sempre largo e comodo. Seguendo le sinuosità e le quinte della parete rocciosa, la via serpeggia dentro e fuori con viste vertiginose sul torrente. Alcuni tratti più esposti sono anche attrezzati da un corrimano ottenuto con una fune metallica, che però non serve mai veramente. Si tenga tuttavia presente che, poiché la parete che stiamo percorrendo è esposta a Nord-ovest, con freddo intenso si può trovare qualche tratto di sentiero ricoperto di infido verglass.
Al termine del tratto più esposto la via raggiunge i pascoli che precedono la diga di Montespluga. Qui possiamo scegliere di piegare a destra per arrivare a Stuetta dove si trova l'omonimo rifugio che può servire da ottimo punto di ristoro. In alternativa possiamo continuare fino alla vicina diga che in realtà è formata da due muraglioni separati dalla tondeggiante emergenza della Colmanetta sulla quale doveva sorgere un castelliere o simile postazione di guardia.
In discesa può essere un'idea quella di abbandonare la mulattiera poche centinaia di metri sotto la diga per scendere una scaletta di pietra e traversare il Liro su una fragile passerella di legno. Un sentierino, prosegue sul versante opposto fino al magnifico poggio di larici posto a quota 1825 m, dove si trovano alcune baite.
Da qui, per sentiero, si scende alle baite del Crotto dove si entra su quello che fu il percorso integrale della via trecentesca che poi si ricollega all'itinerario percorso in salita poco prima di Soste.
Prima di essere soppiantata da altre vie di comunicazione transalpine, la strada che, attraverso il Passo dello Spluga, unisce Svizzera ed Italia, era fra le più frequentate da pellegrini e commercianti. Il valico era noto già in epoche preistoriche, ma un primo seppur incerto riferimento ad esso lo troviamo solo sulla Tavola Peutingeriana. Si tratta della copia redatta nell' XI-XII secolo, di una carta stradale romana che, in forma di lungo rotolo, illustra le principali vie di comunicazione attraverso le Alpi. Molti dei toponimi riportati lungo la via verso la Rezia ci sono ben noti: Mediolanum, Bergamum, Como, Clavenna. Altri nomi sullo stesso tragitto ci suonano estranei: Tarvesede doveva essere l'odierna Campodolcino e Cunus Aureus era probabilmente una stazione situata poco a Sud del valico dello Spluga, forse posta ove oggi sorge Montespluga. Forse non è un caso se proprio qui fu rinvenuto un coltello della tarda Età del bronzo. Altri recenti ritrovamenti archeologici effettuati al Piano dei Cavalli testimoniano di come tutta questa area alpina fosse ben frequentata già nel paleolitico. Il valico dello Spluga, assieme al vicino Passo Baldiscio, che permette di raggiungere in breve il Passo del San Bernardino, e al Passo di Niemet, era dunque noto e percorso già nella preistoria: in pochi chilometri quattro facili passi permettevano di valicare le Alpi.
Tuttavia, per quanto l'importanza strategica della via dello Spluga sia ormai assodata, è difficile stabilire con esattezza quale fosse il suo reale percorso, soprattutto per il sovrapporsi temporale di tracciati diversi che, di volta in volta, si adeguavano alle esigenze dei trasporti e alle modificazioni climatiche e orografiche.
Come del resto avviene ancor oggi, da Campodolcino ci dovevano essere due direttrici che permettevano il superamento della strettoia della valle che da Campodolcino forma una gola che termina ad Isola. Una ne percorreva la parete raggiungendo Pianazzo e poi i vasti pascoli degli Andossi. Ci sono evidenze di tracciati preistorici, e poi romani, che passavano sul cosiddetto Sengio, la ripida parete del versante sinistro orografico.
L'altra via correva sullo stretto fondovalle e arrivava ad Isola per poi salire agli Andossi. Si vennero a creare quindi una "viabilità alta" e una "viabilità bassa" che, come oggi, furono utilizzate secondo le esigenze, del periodo stagionale, delle contingenze legate a frane o accidenti diversi.
Approfonditi studi condotti da Tumasch Planta e da suo padre sulla viabilità dello Spluga, hanno evidenziato una grande sovrapposizione di percorsi. Almeno quattro diversi tracciati, compreso quello dell'odierna carrozzabile, percorrono la parete del Sengio fino a Pianazzo. Da qui sono state riconosciute tre direttrici: una, dopo un primo tratto in comune con la carrozzabile, corre ad essa parallela a monte; un'altra percorre la larga dorsale che separa Pianazzo da Madesimo ricongiungendosi alla prima via in località S. Rocco; un terzo tracciato tocca, invece, Madesimo e poi risale al limite meridionale degli Andossi per poi ricongiungersi con gli altri percorsi.
Anche da Isola si poteva proseguire lungo la gola del Cardinello, per raggiungere la località Stuetta sita poco prima dell'odierno lago artificiale di Montespluga. Sebbene sia certo che questa via fosse già nota in epoche romane o antecedenti, una percorrenza sicura di tale strada risale solo al 1300. Anche per il Cardinello si riscontrano almeno tre percorsi più qualche variante. Il più antico, forse preistorico, tiene il versante destro orografico della valle e dopo Soste sale a Crotto per traversare la gola solo molto più in alto. Percorsi più recenti, fra cui quello descritto, traversavano la valle poco dopo Soste per seguire la cengia che taglia la parete della sinistra orografica. Un altro tracciato seguiva, invece, la dorsale del Cardinello senza entrare nella gola vera e propria. In relazione alle esigenze e alle strategie viarie dell'antichità si può supporre che il più antico passaggio, preistorico e romano, dovette dapprima seguire la dorsale.
Da Stuetta la via verso lo Spluga proseguiva nel pianeggiante fondovalle, ora occupato dalle acque del lago, e arrivava a Monteslpuga dove sorgeva un ostello per accogliere i viandanti. Da qui, con qualche tornante, la via arrivava al valico per poi scendere verso Splügen.
L'itinerario che proponiamo permetterà di effettuare un piccolo viaggio nel tempo portandoVi sulla via delle Gole del Cardinello, uno stretto passaggio ove il sentiero è arditamente ricavato sul versante roccioso della forra del torrente Liro. Per quanto probabilmente secondaria, questa via ebbe una sua certa importanza e permise agli agglomerati di Mottaletta e Rasdeglia di non essere "tagliati fuori" dall'importante via di comunicazione dello Spluga.