Lasciata l'auto entriamo nel mondo della bassa Valle dei Ratti, caratterizzata dalla predominanza del castagno, in sostanza l'unica essenza vegetale del ripido versante sul quale passiamo. Sebbene non più curate, le piante, fra cui anche alcuni esemplari imponenti e sicuramente molto vecchi, ci raccontano dell'importanza della castanicoltura sulle Alpi. Questa coltura cominciò a prendere piede nel Medio Evo per poi estendersi sempre più, spesso in sostituzione di boschi naturali preesistenti. Forse la specie vegetale originaria più penalizzata fu il faggio, di cui erano presenti importanti selve, sacrificate sia per ricavarne combustibile, sia per lasciare posto al castagno. Nonostante il danno ecologico si può affermare che l'introduzione della castanicoltura migliorò di molto le condizioni di vita dei valligiani, ampliandone le possibilità di sostentamento ed integrando le loro scarse risorse alimentari. Oltre al frutto commestibile e cucinato in diversi modi, dalla castagna, "il pane dei poveri", si ricavava anche una farina nutriente, il legname forniva combustibile per il riscaldamento e le foglie erano utilizzate per far le lettiere al bestiame. Traversato il "Tracciolino", decauville di servizio degli impianti idroelettrici di Novate Mezzola che, in Valle dei Ratti, hanno un piccolo bacino artificiale (se si prende a sinistra e si segue questo spalto dotato di vecchi binari a scartamento ridotto, si giunge a San Giorgio di Cola ed in Val Codera; a destra si arriva alla diga) proseguiamo salendo in diagonale per sbucare, poco dopo, in località Cascten (Casten), minuscolo nucleo che sorge poco sopra il sentiero e il cui nome ci ricorda come, veramente, ci si trovi nella terra del castagno.
Fatti ancora pochi passi eccoci sul poggio dove sorge la cappella della Val d'Inferno, piccolo tempietto che segna il raggiungimento della soglia valliva. Tali cappelle erano sempre poste in punti particolarmente significativi lungo i sentieri. La cappella della Valle d'Inferno non fa eccezione e una scritta, in dialetto (vedi approfondimenti), ci tramanda e conferma l'affetto e il legame che i valligiani hanno ancora con questa chiesuola. Lo scritto ricorda il restauro della cappella eseguito dai coscritti del 1947.
Da qui il panorama si apre e lo sguardo può, finalmente, spaziare verso Oriente fin sulle creste granitiche che confinano col Masino. La cresta spartiacque presenta una grande sella divisa da una bifida elevazione minore. A sinistra dell'elevazione si trova il Passo di Primalpia o dello Spluga, a destra quello di Talamucca. Entrambi i valichi permettono di accedere all'alta Valle Spluga, da dove si può scendere in Val Masino giungendo all'altezza del Ponte del Baffo. A Sud la grande sella di cresta è delimitata dal Monte Spluga 2845 m; a Nord, dalla Cima centrale del Calvo 2967 m.
Dal poggio ove ci troviamo si può gettare uno sguardo anche sulla forra, stretta ed ombrosa, in cui scorre il torrente Ratti; se invece alziamo lo sguardo verso sinistra ecco che s'intravedono le case di Frasnedo, meta della giornata.
Su terreno più aperto la mulattiera sale superando qualche affioramento roccioso e poi prende quota con alcuni tornanti, arrivando ad una cappelletta eretta sotto un gruppo di grandi aceri. È una piccola oasi in mezzo ai prati, un luogo piacevole e tranquillo; da qui occorrono poche falcate per arrivare all'ingresso del paese dove, sul muro di una vecchia baita, si legge ancora la sbiadita scritta "Frasnedo".
Sebbene posto in una località remota, il paese è sempre stato amorevolmente tenuto dai suoi abitanti che, fino a non molti anni or sono, vi abitavano tutto l'anno.
Molte case sono stare ristrutturate con gusto e semplicità, rimanendo fedeli alle vecchie architetture anche se con qualche concessione al moderno. Questa importante opera di manutenzione è stata resa possibile anche grazie alla teleferica che collega il villaggio con il piano, la quale ha facilitato il trasporto dei materiali.
Frasnedo è un tipico villaggio alpino costruito come punto di appoggio sul percorso delle transumanze che portavano il bestiame sugli alti pascoli di Primalpia e di Talamucca. Pascoli, legname, castanicoltura, permettevano agli abitanti di sopravvivere abbastanza dignitosamente. Il graduale spopolamento subìto dalle nostre montagne durante il '900 si è però fatto sentire anche quassù, e oggi il villaggio si anima solo nelle belle stagioni.
Passando fra le case in pietra si percorrono alcuni viottoli che permettono di traversare il primo e più importante nucleo di Frasnedo. Nostra meta è la bella chiesa che domina dall'alto con il suo chiaro campanile. Curiosamente si potrà notare che alcune abitazioni sorgono su piccole rogge che sgorgano dalla base dei muri. Tali rogge servivano per tenere freschi i locali/cantina dove si conservavano i prodotti caseari.
Una bella mulattiera dal fondo ormai tappezzato d'erba sale in diagonale e, dopo aver traversato un piccolo avvallamento, giunge sul sagrato della chiesa. L'edificio sacro, dedicato alla Madonna della Neve, fu eretto nel 1677, mentre più recente, del 1844, è il campanile.
Sulla facciata della chiesa si possono ammirare due affreschi dedicati ai Santi Abbondio e Rocco, separati da un piccolo rosone ottagonale posto sopra l'ingresso. In alto, la facciata è occupata da un affresco centrale raffigurante la Madonna della Neve.
Tutti gli anni, in agosto gli abitanti di Frasnedo si ritrovano per la processione della Madonna della Neve, durante la quale la statua della Vergine viene portata in spalla lungo il tratturo che si addentra nella valle per poi fare ritorno alla chiesa compiendo il periplo del paese.
Da Frasnedo si può proseguire nella valle ed arrivare al piccolo rifugio Alessandro Volta, sperduta e frugale base d'appoggio per gli alpinisti che s'aggirano in quelle lande remote: per giungervi occorrono, però, ancora tre ore di marcia!!
In paese, è aperto un punto di ristoro, anche in inverno il fine settimana, denominato Rifugio Frasnedo presso il quale si possono degustare prodotti tipici locali.
Al me par er che andevi in Talamüka,
pasevi via quaivolt sempar de fügha
e te vedevi ilò, in or a sctreda,
a fe la guardia a tüta la valeda.
Te ne pase denenz de tüti 'l not:
tudesch, cuntrabandier e partigiani
ma te te mai tremeet, chära capela,
driza ilò, impee a fe da sentinela.
Paseven i nos vecc cul zain in scpala,
chilò i se feremevan a quintala;
un fiuu, un pater, e dopo via debot
andevan a pusee cuntent ai crot.
Adess i pasan via semper de presa,
se fermen piö ninch a cambiat i fiuu!
la nef, al suu, vürün maleducheet
töc i tö sant t'an quasi cancelet.
"Quanta fadiga i nos vecc a fala sö",
i disaran un dé i nos fiö,
cun i falo d'ascteet, al frecc d'invern,
vegia capela de la Val d'Infern!
On te faré növa, bela cumeé prüma,
senza specee ché i vegnin so da Roma
e quei che pasaré cun gran riscpet
i pensaran: "Parò 'l 47...."
Andreino
Mi sembra ieri che andavo in Talamucca*,
passavo via qualche volta sempre di fretta
e ti vedevo a lato della strada
a far la guardia a tutta la vallata.
Te ne sono passati davanti tutte le notti:
tedeschi, contrabbandieri e partigiani
ma tu non hai mai tremato cara cappella,
lì dritta a far da sentinella.
Passavano i nostri vecchi con lo zaino in spalla
qui si fermavano a chiaccherare;
un Figlio, un Padre e dopo via subito
andavano a riposare contenti al crotto.
Adesso passano via sempre di fretta,
non si fermano più neanche a cambiarti i fiori!
la neve, il sole, qualche maleducato
tutti i tuoi santi han quasi cancellato.
"Quanta fatica i nostri vecchi per costruirla"
diranno un giorno i nostri figli,
con i falò d'estate**, al freddo d'inverno
vecchia cappella della Val d'Inferno!
Noi ti faremo nuova, bella come prima,
senza aspettare che vengan su da Roma
e quelli che passeranno con gran rispetto
penseranno: "Però il '47...."
* alpeggio della Valle dei Ratti
** il riferimento è alle feste religiose estive durante
le quali si accendono grandi fuochi.