L'abitato di Chiavenna sorge in una regione che, nei secoli passati, ha assolto ad un importante ruolo strategico e commerciale. Via di comunicazione per traffici e culture estremamente diverse tra loro, la Valchiavenna ha visto, con un precipitoso succedersi di eventi, il passaggio e il dominio mediceo, grigione e austriaco. I perché di tanta bramosia nel cercare di contendersi questa regione alpina vanno ricercati nel territorio stesso. La cittadina si trova allo sbocco di due importanti vallate alpine: la Valle di S. Giacomo e la Val Bondasca. Via di accesso per il passo dello Spluga e per Coira la prima, per l'Engadina, attraverso, il passo del Maloja, la seconda.
Una vera e propria porta delle Alpi: anche per questo motivo il nostro itinerario inizierà da uno storico portale della città.
Giungendo nella cittadina dalla statale 36, dopo aver attraversato Via Roma, in prossimità del ponte sul fiume Mera, si incontra Piazza Verdi e la Porta di Santa Maria. Attraversato il corso d'acqua (dal ponte si ha uno scorcio suggestivodelle antiche case del borgo che si affacciano direttamente sul fiume, quasi sostenute da quel che resta delle mura fatte costruire, nel XV secolo, daLudovico il Moro), si può proseguire con Via Consoli Chiavennaschi; quindi, giunti al bivio, che divide Via Carducci da Viale Maloggia, ci si presenta il bivio tra la valle di S. Giacomo a sinistra e la Val Bondasca a destra. Quest'ultima, visitare la parte storica di Chiavenna, quella che un tempo era cinta da mura, erette tra il 1488 e il 1497, progettate dall'ingegnere ducale Ambrogio Ferrari. Si accede al vecchio borgo varcando il Portone di Santa Maria.
Il Portone è costituito da un imponente arco d'onore edificato nel 1741 in ricordo dell'ufficio del commissario grigione Ercole Salis. Anche se non si tratta della vera e propria "storica" via d'accesso all'antico borgo (nella contrada Reguscio), la Via Pedretti, che da essa si diparte, è un'ottima opportunità per avventurarsi nel cuore del borgo e cominciare ad assaporare la sua particolare atmosfera.
Già dai primi metri percorsi, si possono intuire i preziosi tesori che Chiavenna ci offrirà in questa passeggiata. Pochi passi dopo la porta, infatti, si incontra la chiesa di S. Maria detta di Borgonuovo. La facciata semplice e a capanna, risalente al '700, è arricchita da un portale barocco in pietra ollare, sormontato dalle statue di due angeli e una Madonna in marmo bianco. Guardando al campanile della chiesa, viene subito in mente una semplice considerazione. La sua forma alta e slanciata, con cupola a cipolla, ricorda quella di altri suoi simili presenti nella vicina Engadina. Santa Maria, infatti, venne fondata nel quattordicesimo secolo e, dal 1592 al 1622, fu usata per servire il culto protestante. Una visita al suo interno può far scoprire notevoli tesori. Una pala raffigurante i santi Francesco Saverio e Gaetano da Tiene, tele ad olio del seicento e varie ancone in legno arredano i fastosi interni barocchi.
Proseguendo per Via Pedretti è anche possibile osservare alcuni caratteristici portali cinquecenteschi in pietra ollare.
Mentre, a poco a poco, ci si dirige verso Piazza Pestalozzi, si può cominciare a respirare un'atmosfera decisamente mitteleuropea tipica di una cittadina situata al confine con la Confederazione elvetica. Tra i volti che popolano la via, assieme a quelle dei cittadini chiavennaschi, si riconoscono i lineamenti di turisti germanici che si mescolano a quelli di semplici sbadati visitatori d'oltre confine. Questa forte presenza di stranieri, non può che rafforzare la nostra convinzione del valore artistico e culturale che questa piccola cittadina riveste soprattutto nei confronti di un turismo esigente qual è quello straniero. Distratti da queste, forse banali, considerazioni, tra le vetrine e i portoni di caseggiati che hanno visto almeno quattro secoli della nostra storia, arriviamo in prossimità della piazza.
Alla fine di Via Pedretti, prima di Piazza Pestalozzi, sulla sinistra sorge l'omonimo palazzo cinquecentesco. A sinistra della piazza c'è il ponte di San Giovanni Nepomuceno, con statua del santo a protezione dalle inondazioni; dal ponte è possibile osservare le caratteristiche case sul fiume.
Sul lato opposto di Piazza Pestalozzi si apre la Via Lena Perpenti. Lasciamo il fastoso palazzo alle nostre spalle, per dedicargli attenzione più tardi, e cominciamo a salire per l'angusta via in direzione dell'altrettanto importante Palazzo Pollavini, oggi "Istituto dell'Immacolata". L'austera facciata del palazzo dell'ordine monastico si contrappone alla singolare corte medioevale detta degli Asini, in dialetto "la curt di àsen". Con uno sguardo quasi furtivo, ci si perde facilmente nei particolari architettonici delle balconate lignee che dominano la corte. Una caratteristica colonna tornita in pietra ollare sorregge i poggioli: si tratta di un dettaglio architettonico abbastanza unico nel suo genere che, tuttavia, contraddistinse diverse costruzioni antiche della zona.Torniamo alla piazza, che nel dialetto locale viene denominata Canton, e al suo palazzo che merita una visita più attenta, in particolare al suo interno, dove si trova un magnifico salone affrescato e una preziosa stüa seicentesca.
Il centro della piazza è arricchito da una bella fontana a pianta ottagonale cinquecentesca, arredata con vasi di fiori. Un attimo d'attenzione al contrasto fra la fremente vita della piazza, contrapposta alla quiete di Via Perpenti, s'impone. Allo scopo può essere una buona idea quella di accomodarsi in uno dei tavolini dei Caffè di Piazza Pestalozzi, oppure della vicina Piazza Crollalanza e, sorseggiando, a seconda dei gusti e delle stagioni, un caffè o una bevanda dissetante, immaginare la città in una veste di fine ottocento. Del resto, proprio in questo secondo foro dal fondo acciottolato, sorge la casa in cui nacque il "poeta delle Alpi" Giovanni Bertacchi, per cui, un tuffo nel passato è d'obbligo, almeno con la fantasia.
Le due piazze sono collegate da Via Dolzino, lungo la quale, poco dopo l'istituto di credito lombardo, sorge la stele della "Berlina" (XV sec.), un tempo usata come gogna per i condannati a reati minori. Sempre in Via Dolzino c'è il Palazzo Salis, detto anche Castelvetro dal nome del letterato modenese che qui si rifugiò e morì nel 1571, per sfuggire all'inquisizione, come ricorda una lapide commemorativa.
La nostra passeggiata prosegue in direzione di Via Matteotti, della stazione ferroviaria e di Pratogiano. La stazioncina appare desolata e i pochi treni che arrivano e partono, spesso in ritardo, lasciano poche speranze per un futuro migliore e mettono a dura prova la pazienza dei pendolari. Tuttavia, poco meno di un secolo fa, la linea che collega Colico a Chiavenna fu la prima tratta ferroviaria elettrica del mondo. Un primato che può suonare forse un'esagerazione se si pensa al servizio odierno non sempre soddisfacente. Se, però, si ha l'accortezza di ben osservare i particolari architettonici della stazione di Chiavenna e delle altre sue sorelle dislocate lungo la linea, affiorano i dettagli di uno stile, il liberty, un tempo, impiegato indistintamente sia nell'architettura industriale sia nell'edilizia privata.
Sperando che questa breve considerazione risvegli l'attenzione delle Ferrovie dello Stato e sia d'auspicio per una concreta valorizzazione delle strutture ferroviarie chiavennasche, attraversiamo i binari ed entriamo in Viale Pratogiano.
Sulla nostra destra un parco di platani, mentre, sul lato opposto, si affacciano, addossati alla montagna, i crotti Ombra, Pratogiano, Damiani Torricelli ed altri. Ripidi viottoli s'inerpicano per il versante conducendo a suggestive dimore in stile liberty arroccate su un versante impervio. Pratogiano deve probabilmente il suo nome ai vescovi della famiglia Giani. La contrada è il fulcro della manifestazione della "Sagra dei crotti", che si svolge annualmente, il primo weekend di settembre. Il resto dell'anno Pratogiano è luogo d'incontro e sede del mercato.
Proseguendo oltre Pratogiano ci si immette in Via Picchi ove sorge la Basilica di San Lorenzo, cui si accede attraverso un portico con colonne in pietra ollare costruito tra il 1629 e il 1699; servì come cimitero gentilizio e, ancor oggi, vi si possono osservare lapidi e stemmi alle pareti.
La chiesa, risalente al V secolo, è nominata la prima volta nel 973, diviene pieve nel 1402 e basilica nel 1908. Nel '400 alla struttura romanica furono aggiunte sei cappelle laterali; dal 1641 al 1649 si allungarono le tre absidi. Altri lavori, come la sostituzione delle colonne, furono eseguiti nel 1719 su disegno di capomastri ticinesi. Il campanile fu costruito dal 1597 al 1603, come si può leggere sull'architrave del portale.
All'interno del porticato è da visitare il battistero: il fonte battesimale, pregevole opera di scultura romanica del 1156, è una vasca monolitica in pietra ollare con una circonferenza di 6 metri.
La vasca esternamente presenta un'epigrafe sul bordo superiore e diverse sculture a mezzo rilievo.
Sempre nel complesso di San Lorenzo è da visitare il "Tesoro" che conserva notevoli opere d'arte sacra: il manufatto più pregiato è la "Pace", coperta di evangelario del XII secolo, in oro, pietre dure, perle, smeraldi, rubini e opale. Secondo una tradizione locale il gioiello fu donato alla città da Federico Barbarossa, grato per l'ospitalità ricevuta, allorquando vi soggiornò per incontrare suo cugino Enrico il Leone, duca di Sassonia e di Baviera.
Lasciata San Lorenzo, e continuando per Via Picchi, si giunge al Castello, nell'omonima piazza (si tratta della residenza fortificata dei conti Balbiani, i feudatari della valle per conto degli Sforza): fu eretto nel 1477 e fu distrutto una cinquantina d'anni dopo. Solo nel 1930 fu ricostruito salvando le pareti perimetrali con le due potenti torri. A sinistra del palazzo la Via Quadrio ci porta al "Paradiso" parco archeologico botanico, comprendente i colli del Paradiso e del Belvedere con sezioni di archeologia, cartografia e botanica.
Una passerella gettata sulla profonda frattura rocciosa della "Caurga" unisce il colle del Paradiso con quello del Belvedere. Per quanto incredibile, la "Caurga", che oggi ci appare come un piccolo canyon, altro non è che lo scavo di un'antichissima cava di pietra ollare.
Nelle vicinanze presso la sede della locale Comunità Montana ha sede il Museo della Valchiavenna e nell'ampio piazzale antistante si trova un monumentale torchio a leva che merita senz'altro una visita.
Termina qui la nostra passeggiata, anche se Chiavenna ha tante altre vie e scorci da osservare, e atmosfere da vivere.