Da Polaggia si sale per strada parzialmente asfaltata tra boschi di castagno. Appena fuori dal paese, presso il secondo tornante, si dirama una mulattiera che brevemente conduce alla caratteristica chiesetta di San Gregorio. Il tempietto, risalente ai primi del 1700, su un piccolo e ripido dosso morenico e domina il territorio dei paesi di Berbenno e Polaggia. Rimandiamo una visita, per una divagazione di tipo storico e architettonico, al rientro dalla nostra gita.
La strada sale immersa in splendide selve secolari e, con ripidi tornanti, arriva al Gaggio di Polaggia a quota 1212 m. Negli ultimi anni il piccolo maggengo, non più usato per attività agro-pastorali, ha visto sorgere un numero imprecisato di costruzioni, non proprio del tutto rustiche e compatibili con l'architettura locale.
Al Gaggio, secondo l'innevamento presente sulla carrozzabile, si può decidere se abbandonare l'automobile e calzare gli sci. Ma attenzione! Anche se la strada appare inizialmente sgombra da neve, il bosco è fitto ed è quindi possibile incontrare ripidi tratti ghiacciati, affrontabili solo con un fuoristrada. Superando un dislivello di circa quattrocento metri, la carrareccia giunge sino a Prato Isio 1661 m che, a differenza del maggengo precedente, ha conservato, nel tempo, il suo primitivo aspetto. Prato Isio giace su uno stretto crinale ed è inferiormente lambito da cespugli di ginestra e piante secolari. Tra le prime costruzioni che s'incontrano, alcune baite dalla forma tozza e squadrata fanno compagnia ad un vecchio faggio cui il vento ha spezzato alcuni rami.
Schegge di modernità si mescolano col passato: una grossa stalla di cemento e lamiera e una fontana, in cemento anch'essa, non sembrano, in fondo, stonare con le costruzioni più vecchie.
All'estremità superiore dell'alpe, sulla destra, si diparte la strada consortile dell'Alpe Caldenno. Seguendo questa traccia ci si addentra nella ripida valle di Postalesio. Il bosco è molto fitto e solo in alcuni punti, dove la roccia prende il posto delle piante, si può sbirciare il panorama del versante opposto.
Ad un certo punto, la vegetazione si fa meno invadente e, verso Nord, libera al nostro sguardo la vista delle prime baite che sorgono sul ripiano di Caldenno mentre il fondovalle si fa improvvisamente pianeggiante. Da una tipica morfologia fluviale, a V", la vallata acquisisce un profilo più docile, caratteristico delle valli modellate dai ghiacciai, a forma di U".
Usciti dal bosco, poche centinaia di metri ci separano dalle baite. Proseguendo in direzione di queste, ci si inoltra sino ad un piccolo ponte e lo si attraversa.
Caldenno 1811 m è un nucleo rurale antico in cui l'attività pastorizia è tuttora attiva. Se alcune delle sue baite lasciano trasparire un certo degrado e abbandono, altre, soprattutto al loro interno, sono ben conservate e rimodernate. Nei pressi del ponticello sorge la casera. Curiosando furtivamente da una finestra, si può notare come al suo interno siano state rispettare le normative igienico sanitarie per la produzione casearia: le pareti ed il pavimento appaiono rigorosamente piastrellate. Tra le costruzioni rurali della sinistra idrografica vi è anche la piccola chiesa di Santa Margherita, con un porticato in legno e pietra, recentemente ristrutturato. Le baite di Caldenno hanno, inoltre, una loro particolarità: disposte sui due versanti della valle, sembrano allineate alla stessa quota e hanno, quasi tutte, l'ingresso rivolto verso il torrente.
Lasciato Caldenno ci si addentra verso il fondo del vallone. Un improvviso cambiamento di pendenza ostacola lo sguardo e la progressione. Per superare questo gradino morfologico, anch'esso di origine glaciale, è opportuno tenersi nella sua parte centrale, al fine di evitare di tagliare pericolosamente i pendii laterali e favorire indesiderati distacchi di slavine.
Superato il breve risalto, si giunge in località Palù 2099 m dove una nuova piana glaciale ci separa dall'ultimo strappo prima del Passo di Caldenno. Verso Nord troneggiano bonari i Corni Bruciati 3144 m. Le loro aride asperità rocciose ci fanno comprendere che il paesaggio si sta facendo più severo. All'inizio della nostra gita, eravamo tra boschi, baite trasformate in case di villeggiatura, stalle e abbeveratoi e immaginavamo scene di vita pastorale. Ora la vista di profili più aspri e desolati ci ricorda che siamo decisamente vicini a montagne imponenti quali il Monte Disgrazia e il Pizzo Cassandra.
Sulla nostra destra corre la ripida costiera del Monte Caldenno 2669 m mentre a Ovest l'irrispettosa guglia del Monte Pizzo Bello fa eco alle altre montagne.
Volgiamo il nostro sguardo verso sud. Sul versante Orobico si apre la lunga incisione della Val Madre. La vallata sembra, più per un fatto di prospettiva, correre parallela alla nostra. Proseguiamo lungo il pianoro tenendo leggermente la destra della valle, ma stando comunque attenti alle scariche dal Monte Caldenno. In prossimità di una piccola morena, in fondo al piano, il nostro cammino torna a farsi ripido.
Si guadagna la sommità della morena, affrontandola sulla sua destra e, quindi, si punta in direzione dello spartiacque che corre tra il limite orientale delle propaggini rocciose dei Corni Bruciati e quelle settentrionali del Monte Caldenno. Per ripido pendio, si giunge quindi al passo, meta della nostra gita.
Ora, nuovi panorami si aprono verso Nord e verso Est. Il Monte Disgrazia con i seracchi del Ghiacciaio della Cassandra, il Pizzo Cassandra, il Pizzo Scalino e la Valmalenco orientale, la Valle Airale e il rifugio Bosio. Ritornando con lo sguardo a meridione le Orobie si concedono in tutto il loro splendore di una giornata invernale.
Il Passo di Caldenno, sebbene sia un posto molto panoramico, non è certo un luogo in cui, a causa delle forti correnti d'aria, è piacevole fermarsi a lungo.
È quindi più opportuno levare le pelli di foca per ridiscendere, anche solo alla morena, per il frugale spuntino dello scialpinista: magro banchetto consumato sulla neve tra chiacchiere e progetti per nuove gite.
La discesa prosegue per la via di salita con una particolare attenzione ai ripidi versanti, che a causa dell'esposizione, sono spesso interessati da valanghe.
Il Passo di Caldenno è noto, ai vecchi di Berbenno e Polaggia, come Bocchetta di Zana. Dalla sua sommità, il panorama che si apre a nord-est invita a una divagazione. Del resto, che senso ha dirigersi verso un passo, se non quello di valicare e superare una barriera morfologica, quale può essere una catena di montagne.
Il tarlo dell'esploratore rode i più curiosi e vedere che, in fondo alla Valle Airale, sul versante opposto, c'è Caspoggio con le sue case, può far nascere il desiderio di raggiungerlo.
Scendere in Valle Airale, non è un'impresa impegnativa. Percorsi i primi metri sotto il passo, conviene dirigersi leggermente a sinistra per un sistema di ripidi canali si scende sino al fondovalle e al piano su cui sorge il rifugio Bosio. Con condizioni di neve assestata è pure possibile spingersi più a est, fin sotto le pareti settentrionali del Monte Caldenno, per poi scendere sino al rifugio.
Dalla Capanna Bosio, è possibile scendere a Torre Santa Maria, passando per l'Alpe Acquabianca e Ciappanico. Oppure, tenendosi sulla destra idrografica del torrente Torreggio, per Pra Piasci.
Chi invece volesse spingersi sino alle porte di Chiesa Valmalenco, può farlo riattaccando le pelli presso l'Alpe Airale e risalendo sino a Mastabia. Da qui, per bosco più o meno rado, è possibile scendere sino all'Alpe Lago. Dall'ampia torbiera dell'alpeggio, una strada sterrata conduce alla comunale che collega Chiesa a Primolo.
Sempre che il gusto di attraversare queste montagne con mezzi semplici e poveri, quali le proprie gambe e un paio di sci, sia cosa sentita, una volta giunti a Chiesa o a Torre, non resta che affidarsi ai mezzi pubblici per giungere a Sondrio.