Passeggiate - Il grande ghiacciaio di Morteratsch

Contenuto della pagina: scheda completa del percorso «Il grande ghiacciaio di Morteratsch»

  1. Scheda
  2. Percorso
  3. Approfondimento
 
  • Zona: Engadina
  • Tipo: Passeggiata
  • Sigla: A81
  • Periodo consigliato: da luglio ad ottobre
  • Punto di partenza: Stazione ferroviaria di Morteratsch sulla linea Tirano-St. Moritz.
  • Tempo di percorrenza: un'ora,stradina sterrata, quasi pianeggiante
  • Dislivello: pochi metri
  • Difficoltà: T (Turistica)
  • Bibliografia:Anker. D, "Pizzo Bernina - Il re delle Alpi centrali"; Zanichelli editore Spa, Bologna 2002.
  • Cartografia: CNS 1:50.000 «Passo del Bernina» e 1:25.000 «Piz Bernina»;Carta escursionistica Kompass 1:50.000 «Bernina-Sondrio»
  • Informazioni locali:Ferrovia Retica
 


 
mappa di Il grande ghiacciaio di Morteratsch

Una gita che non richiede descrizione tecnica

Pochi ghiacciai, nelle Alpi, hanno il fascino e la celebrità della grandiosa lingua glaciale che scende imponente dall'altissimo bacino di accumulo posto ad oltre 3500 metri fra il Pizzo Bernina e la cresta dei pizzi Argent e Zupò. Il Vadret da Morteratsch è uno degli elementi principali della splendida veduta alpina che s'offre a chiunque passi in treno o in auto nella Val Bernina.
Poco a monte di Pontresina la valle di Morteratsch si apre grandiosa dominata dal Piz Bernina ai cui piedi corre la grande fiumana glaciale che, a metà percorso, incontrata la strozzatura rocciosa fra la Fortezza a sinistra e il Sass dal Pos a destra, si rompe in una sconvolta cascata di crepacci e seracchi che gli alpinisti, con azzeccato toponimo, battezzarono il Labyrinth. Fu lungo questa cascata di ghiaccio, pericolosa e intricata, che il 13 settembre 1850, il topografo Johann Coaz - con le guide Jon e Lorenz Ragut Tscharner - s'aprì la via verso l'inviolata vetta del Bernina. Da allora il Labyrinth è diventato uno dei simboli dell'alpinismo romantico: non si contano le avventure, vere o esagerate di cordate perse nei meandri di ghiaccio, divorate da crepacci senza fondo, disperse nelle nebbie alla ricerca del giusto corridoio verso la salvezza. Non molti anni dopo la prima ascensione al Bernina, alpinisti più saggi e prudenti scoprirono altri modi per accedere ai pendii superiori del ghiacciaio, evitando il pericoloso passaggio del Labyrinth. Tuttavia, specie nella stagione invernale, quando la neve copre i crepacci e addolcisce le seraccate, sono ancora in molti coloro che salgono al Bernina lungo questa via, pericolosa, ma più diretta e, quindi, rapida.
La gita proposta vuole portarVi facilmente fino alla lingua frontale del Morteratsch, con una bellissima, quanto poco faticosa, passeggiata che si svolge in un ambiente veramente unico. Uno dei vantaggi di cui potremo disporre è anche quello di usare allo scopo anche il treno. Partendo da Tirano, il rosso convoglio della Ferrovia Retica s'inerpica sul Passo del Bernina; nella successiva discesa verso St. Moritz una delle fermate è appunto la piccola stazione di Morteratsch, dove giunge anche una carrozzabile che si stacca sulla sinistra da quella del Passo del Bernina (parcheggi a pagamento). Nei pressi della stazione si trova anche un albergo ristorante e ovunque si percepisce la tipica atmosfera che pervade le località turistiche celebri in Svizzera. Anziani seri e compresi nel loro ruolo di alpinisti con abbigliamento anni '30, comitive di ragazzini ben ordinati e silenziosi che seguono la guida verso la palestra di roccia o alla base del ghiacciaio, coppie di signori di mezza età che trasudano ricchezza e benessere mentre su tutto aleggia il vago profumo di creme solari e abbronzanti. Per un attimo si può correre il rischio di sentirsi fuori posto, ma l'impressione dura poco: nessuno Vi guarderà come marziani mentre invece sarà più facile l'opposto.
Lungo la bella stradina che conduce ai piedi del ghiacciaio e che dunque è tanto semplice da non richiedere alcuna descrizione specifica, è stato allestito un percorso glaciologico guidato con cartelli esplicativi. Sono scritti in tedesco, ma non ci vuole troppa intuizione per poterli comprendere. Indicano il punto in cui si trovava il ghiacciaio nell'anno indicato e, più in piccolo, i metri di regresso dalla posizione precedente. La lingua terminale del Morteratsch, che nell'ultimo tratto di arricchisce dell'apporto del Vadret Pers che scende a Est, nel 1850 arrivava nei pressi dell'attuale stazione ferroviaria.

La prima ascensione del Pizzo Bernina

Allora la ferrovia era solo nei progetti dei più arditi e l'accesso al ghiacciaio avveniva usualmente con partenza dall'attuale stazione di Bernina Suot, che si trova più a monte. Da lì partirono Coaz e compagni verso la loro meta; risalirono la pianeggiante lingua del ghiacciaio evitando una prima barriera di crepacci che li obbligò ad un aggiramento sulla destra "..fummo però ricompensati quanto basta per i nostri sforzi da una splendida visione. In una parete di ghiaccio si apriva ad arco una grande nicchia, illuminata dall'alto attraverso una fessura ed era pervasa del celeste più tenero e cristallino; strisce di un cupo blu scuro, dette bande blu, percorrevano quella volta di ghiaccio limpida come il cristallo."
L'avventuroso viaggio dei tre verso le ignote altezze proseguì tranquillamente scandito da periodiche osservazioni sulla temperatura e sulla morfologia del ghiacciaio finché giunsero sotto il Labyrinth. "Il percorso era stato fin qui abbastanza facile e privo di pericoli, ma da questo punto in avanti si fecero a noi incontro ostacoli e insidie tali, che il loro superamento richiese tutta la nostra esperienza, forza di volontà e resistenza. Era possibile prendere solo un sentiero, conduceva proprio sopra il torrente principale del ghiacciaio pieno di profondi crepacci. Così come il fiume si disperde nelle onde di schiuma delle cascate, allo stesso modo qui il flusso del ghiacciaio aveva frantumato la sua massa di ghiaccio in milioni di frammenti, che si ammassavano uno sull'altro".
É interessante notare la straordinaria intuizione del Coaz che, ancor prima che gli studi glaciologici lo chiarissero, aveva capito come il ghiacciaio fosse un elemento plastico e mobile, in tutto e per tutto simile ad un torrente che si muove con estrema lentezza.
Vinta la grande barriera di seracchi gli alpinisti poterono finalmente accedere alla conca superiore del Morteratsch, da dove proseguirono puntando verso la rocciosa cresta Est del Bernina. "La cresta menzionata, l'unica via per scalare la vetta del Bernina& scende a picco, è rocciosa in basso e verso l'alto è ricoperta dal ghiaccio e dal firn. La parte più bassa della cresta venne scalata abbastanza agevolmente, nonostante ad un certo punto il cammino fosse impedito dalla presenza nella parete perpendicolare di un blocco di roccia dell'altezza di circa 10 piedi (3 metri). Ma ognuno di noi la scalò lo stesso, protestando dignitosamente a ogni offerta di aiuto, ci passavamo l'un l'altro solo gli attrezzi, in modo da avere liberi la mano e il braccio. Jon si arrampicò coraggiosamente per primo."
Una piacevole scalata sulle rocce inondate dall'ultimo sole li portò sulla vetta& "alla fine riuscimmo davvero a raggiungere felicemente la vetta più alta (4052 metri o 13.508 piedi sul livello del mare) che offriva proprio lo spazio necessario per stare comodamente in piedi uno accanto all'altro. Erano le 6 del pomeriggio; un'intera giornata era trascorsa dalla partenza dalla locanda del Bernina".
L'occhio del topografo,pur non immune alle bellezze del paesaggio sconosciuto che si poteva ammirare di lassù, cercava subito i riferimenti per impostare la futura cartografia del massiccio: "Avido vagava ora lo sguardo sulla terra fino al lontano orizzonte, migliaia e migliaia di vette si dispiegavano come un immenso mare intorno a noi. Attoniti e al tempo stesso angosciati volgemmo lo sguardo a questo magnifico universo alpino, cercavamo le valli di Bünden, i suoi fiumi, le case, ma solo Samaden e Bevers ci trasmettevano una sensazione familiare. Il resto dei Grigioni sembrava essersi trasformato in ghiacciai e aspre montagne e la prima magnifica immagine fu avvolta da un velo lugubre.
Finalmente l'occhio cominciava a orientarsi. Il panorama nelle sue linee principali era delimitato verso Nord dal Rãtikon, la montagna che partendo dal Silvretta si allarga verso Nordest e dalla catena del Dödi (Tödi n.d.r.), dietro alle quali emergevamo i corni grigi delle altre vette.
La catena di ghiacciai che va dal Septimer al Gottardo, detta catena dell'Adula, era visibile solo nel senso della lunghezza. Le vette delle montagne erano a tal punto ammassate che, in una regione montana comunque ancor poco conosciuta dal punto di vista topografico come questa, eravamo in grado di nominarne ben poche. Riconoscevamo chiaramente i monti Adula e Suvretta e nello stesso (gruppo) la piramide di roccia del Pizzo Tambò (3273 metri). A est si faceva soprattutto notare la Ofengebirge e il gruppo dell'Ortles con la sua vetta alta 3911 metri. In questa ampia cornice le innumerevoli vette dei Grigioni formavano un immobile mare di onde, spumeggianti di nevati e ghiacciai. Riconoscemmo fra le cime più alte della catena dell'Albula il Piz Kesch (3417 m) situato fra Madolain e Bergün, il Piz Linard presso Lavin, il Piz Morteratsch sullo Julier (3385 m), il Piz Ot (3249 m), il Piz d'Err nell'Oberhalbstein (3393 m), lo Schwarzhorn nel Davos (3151 m), gli alti picchi delle montagne del Silvretta, e poi lo Schesa-Plana nel Rãtikon (2966 m), il Dödi nella catena del Dödi, Il Beverin presso Thusis, ecc. Verso sud era calata una fitta nebbia, che avvolgeva le montagne senza superarle e ci impediva purtroppo la visuale su questo versante. Il Bernina se ne stava come un potente signore circondato dalle grosse personalità del suo regno, le altre elevate vette e le punte rocciose. i nevai del ghiacciaio del Roseg e del Morteratsch giacevano ai suoi piedi e lo corazzavano fin sulla cima."
Terminati I rilievi la cordata scese a precipizio verso valle sfruttando le ultime luci per arrivare alla base di partenza alle due del mattino, a 20 ore esatte dall'inizio dell'avventura.

Le misure del gigante

Nel 1910, quando fu ultimata la linea ferroviaria Tirano-St. Moritz, il ghiacciaio si era già ritirato di parecchie centinaia di metri. Il suo regresso è proseguito quasi ininterrottamente portando la fronte a ben 2 chilometri dal punto della sua massima espansione.
Le prime misurazioni scientifiche sul ghiacciaio iniziarono nel 1878 e, grazie ad esse, si sono potuti riconoscere alcuni episodi significativi nella sua vita. Si apprende così che, complice anche la notevole estensione dei bacini d'accumulo in quota, il ritiro non è stato uniforme è ha risposto con un certo ritardo agli eventi climatici. In alcuni anni particolarmente freddi il movimento si è quasi arrestato senza tuttavia fermarsi. Nel 1899 si registrò addirittura un aumento di 2 metri, cui seguirono i progressi del 1912 (5 m), 1985 (8,4 m) e 1988 (2,4 m). Comunque sia, negli ultimi 122 anni il Morteratsch si è ritirato in media di 16,2 metri l'anno e se non ci sarà un'inversione di tendenza, si prevede che nel 2050, questo maestoso gigante di cristallo avrà abbandonato tutto il fondovalle per rifugiarsi alle quote più elevate.
Oggi, assistendo a questo fenomeno naturale non possiamo che esserne rattristati; i più razionali pensando alla progressiva perdita di una grande riserva di acqua dolce, i più romantici alla scomparsa di un elemento essenziale del paesaggio che con il bianco e l'azzurro delle sue sfumature aggiunge una nota di vita e di colore ad ambienti altrimenti rocciosi e desolati. Chi non vuol cedere alla fredda razionalità vede il ghiacciaio come una cosa viva, come un gigante che sta vivendo un periodo di declino forse inarrestabile. Tuttavia, in altri tempi, quando a partire dal 1450 circa, iniziò la Piccola Età Glaciale, furono altri i sentimenti che pervasero le popolazioni alpine. Il continuo avanzare delle lingue glaciali sottrasse alpeggi, occupò vallate abitate e apparve come una minaccia catastrofica, La stampa d'epoca, che fa parte delle illustrazioni del servizio, è emblematica di quegli stati d'animo che il preoccupante avanzamento dei flussi glaciali suscitava nell'uomo. Nel disegno il ghiacciaio è visto come un mostro, un drago che s'appiattisce sul fondo della valle e, strisciando sul ventre, scende verso il basso a divorare tutto: veramente un'immagine di grandissimo impatto emotivo.
Prima di concludere questa puntata vogliamo consigliare ai più "audaci" anche la possibilità di salire alla vicina Chamanna da Boval lungo il sentiero che corre per buona parte sul filo della morena laterale sinistra (orografica) del ghiacciaio. Non si arriverà ai piedi del Morteratsch, ma se ne avrà una veduta incomparabile: dal rifugio lo sguardo potrà spaziare anche sul vicino Vadret Pers dominato dal "castello argentato" dei Pizzi Palù. In questo caso la gita è un po' più faticosa comportando un dislivello di 600 m per due ore di tranquillo e facile cammino. Il sentiero per la Boval, perfettamente indicato con una gigantesca mano ricavata da un vecchio tronco, si stacca sulla destra dalla stradina che porta al ghiacciaio, poche decine di metri dopo la stazione ferroviaria.

  • La stazione di Morteratsch e l'imbocco della strada verso il ghiacciaio.
  • Una simpatica mano indica le direzioni: a destra verso la Chamanna da Boval, dritti verso il ghiacciaio.
  • Dalle rocce montonate che sovrastano la strada: una prima veduta del bacino di Morteratsch.
  • La grande morena della destra idrografica del Morteratsch non ancora colonizzata dalla vegetazione pioniera.
  • Antica stampa ottocentesca che mostra con grande efficacia l'impatto   che ebbe l'avanzata dei ghiacciai sulla fantasia collettiva