Da Filorera s'imbocca la carrozzabile della Valle di Predarossa e la si percorre fin dove l'innevamento non consente di proseguire. A seconda delle annate, e del periodo scelto, il punto di partenza con gli sci ai piedi varia considerevolmente. Sul tracciato della rotabile si supera Sasso Bisolo, ove sorge il piccolo rifugio privato Scotti e, con percorso monotono, si raggiunge il vasto piano di Predarossa in realtà costituito da due ripiani successivi disposti a gradino.
In fondo all'ultimo ripiano possiamo adottare due diverse soluzioni:
a) salire il valloncello formatosi fra il versante destro orografico della valle e la morena destra orografica del ghiacciaio;
b) rimontare in centro alla valle.
Verso i 2550 metri, la pendenza inizia a diminuire e, guardando alla nostra sinistra, appare ben visibile e non lontano, il rifugio Ponti che si raggiunge con facile traversata.
Dal rifugio si prosegue ora sulla morena, fino al limite del ghiacciaio. In genere il passaggio sul ghiacciaio avviene senza accorgersene; solo più in alto, qualche debole crepa è in grado di indicare il terreno nuovo sul quale si procede. Una ripida salita e poi ecco l'ampio anfiteatro racchiuso fra il Monte Pioda, a sinistra, e il Disgrazia. Con salita diretta si giunge alla massima insellatura di cresta fra le due montagne: la Sella di Pioda 3387 m. Dalla Sella di Pioda si aggira il primo risalto roccioso sul lato meridionale e per un canalino si torna in cresta e con aerea cavalcata sul crinale, fra rampe nevose, roccette e tratti affilati si perviene al rosso gendarme del "Cavallo di bronzo" che si aggira ancora da Sud. Un breve pendio di neve e roccette porta finalmente alla croce di vetta. Il panorama si apre ora anche verso Nord-est e ancor più verso il Bernina, a Est compare l'Adamello, a Sud sfilano tutte le Orobie e in basso, ben visibile, la piana di Morbegno.
L'itinerario di discesa si attiene a quello di salita e se, anche in basso, la strada conserva quel po' di neve che basta fermeremo la nostra sciata solo all'auto.
Il giorno 24 agosto 1862 fu una data memorabile nella storia dell'esplorazione alpinistica delle montagne valtellinesi. Quel giorno una numerosa cordata, composta dagli inglesi Sir Leslie Stephen, Edward Shirley Kennedy e dal domestico Thomas Cox, con la guida Melchior Anderegg, riusciva nella scalata al Monte Disgrazia, una delle più belle e difficili vette ancora inviolate delle Alpi. La comitiva aveva già tentato la salita quattro giorni prima, partendo da Chiesa Val Malenco. Un lungo cammino li aveva portati sulle creste che separano la Valle di Chiareggio dalla Val di Mello, in Val Masino. Seguendo l'accidentato crinale roccioso, gli alpinisti avevano raggiunto la vetta del Monte Pioda, per poi arrestarsi data l'ora tarda. Da quella cima, che battezzarono Picco della Speranza, Stephen e Anderegg ebbero modo di individuare un via più facile d'accesso all'involata cima di quello che definirono un "Picco Glorioso". L'itinerario sarebbe dovuto partire dal Masino. Li avrebbe portati sul ghiacciaio del versante meridionale e poi alla cresta Sud-ovest che, per quanto difficile, sembrava poter essere scalabile. Il lungo e gustosissimo racconto dell'ascensione fu il pezzo forte della prima edizione dell'Alpine Journal, pubblicato a Londra dall'Alpine Club, nel 1863 (il bollettino, che fu la prima rivista alpinistica al mondo, era già edito dal 1859 col nome di "Peaks, passes and glaciers"). Dopo aver preso alloggio all'Hotel dei Bagni di Masino, il mattino seguente i quattro risalirono la Val di Mello ed infilarono il canale nevoso che porta al Passo Cecilia, stretta incisione posta ai piedi della cresta Sud del Monte Pioda. Riuscirono così ad entrare sul Ghiacciaio di Predarossa e a raggiungere la Sella di Pioda, da dove seguirono poi la cresta che ancor oggi è la via normale alla vetta. Fu senza dubbio una grande impresa, soprattutto se si considera la scarsa conoscenza della geografia locale e le rudimentali tecniche alpinistiche di cui gli scalatori erano in possesso.
Ma fra questi primi esploratori si pensi anche all'audace signora Le Blond Main che, nel 1896, solo quattro anni dopo la tanto temuta e osannata prima ascensione, compì la prima salita invernale al Monte Disgrazia, assieme alle guide engadinesi Schocher e Schnitzler partendo dal Passo del Maloja e attraversando il Monte Sissone!