Da Armisa 1041 m si imbocca la ripida carrareccia chiusa al traffico che prosegue oltre la centrale. Dopo aver scavalcato un torrentello, si possono generalmente calzare gli sci. Il fondo è quasi sempre ben battuto e permette di percorrere rapidamente i tornanti che, superato il tratto incassato e inospitale della vallata, portano agli spazi inaspettatamente ampi della località Foppe 1350 m. Chi non ha pensato che sarebbe bello possedere una baita quassù? Questo tratto di Val d'Arigna, in effetti, rappresenta un'eccezione rispetto allo "standard" delle vallate orobiche, che quasi sempre giacciono incassate tra le pieghe di montagne scoscese. Inoltre da qui si ammira la suggestiva testata della Val d'Arigna, dove spiccano il Dente e il Pizzo di Coca, che con i suoi 3050 metri rappresenta la vetta più elevata dell'intera catena. Ma riprendiamo la salita& (dopo la breve pausa che certamente Vi sarete presi). Lasciato a destra il tracciato pianeggiante per Prataccio e Michelini, si sfiorano due grossi massi per raggiungere le soprastanti baite allineate dei Moretti 1459 m. Più sopra, un breve traverso obbligato verso sinistra, tra gli ontani, permette di accedere ai prati della conca dei Campèi 1647 m. Seguendo un dosso appena accennato si lasciano le baite a sinistra, proseguendo tra radi abeti e massi disseminati qua e là, che la neve ha reso rotondeggianti. Questo è uno dei tratti di discesa solitamente più divertenti, dove si trova la neve migliore. Raggiunto il limite superiore degli alberi bisogna superare la fascia rocciosa che si innalza sulla sinistra e, per farlo, si deve imboccare uno dei due passaggi che, d'estate, sono percorsi da altrettanti sentieri. Per seguire quello inferiore si volge subito a sinistra, con alcuni dietro-front, raggiungendo dopo pochi metri una strettoia tra le rocce e un successivo canalino, incassato ma pianeggiante, che permette di portarsi alla base di alcuni dossi. Salendo senza direzione obbligata, lasciando a sinistra alcuni caratteristici roccioni puntuti, si giunge ad un campo di neve pianeggiante. Per imboccare il passaggio superiore, invece, dalla fine degli alberi si prosegue risalendo una zona di massi accatastati fino a portarsi alla base di un pendio-canale che si innalza verso la Punta Pesciola. Facendo attenzione a non 'disturbare' la soprastante zona di potenziale accumulo, si piega a sinistra (Nord), impegnandosi in un brevissimo, ripido traverso che permette di oltrepassare la fascia rocciosa e di portarsi al ripiano sopra descritto.
Da qui, volendo terminare l'escursione, ci si può abbassare brevemente verso sinistra (Nord) fino all'Alpe Pesciola 2004 m, dove si trovano l'omonimo Rifugio (chiuso) e l'adiacente baita dell'alpeggio (generalmente aperta).
Per proseguire, invece, si aggirano sulla sinistra alcuni affioramenti rocciosi portandosi all'imbocco del lungo canalone esposto a Nord che si innalza verso la Punta Pesciola. La pendenza di questo gigantesco "toboga" naturale non è costante; presenta piuttosto una serie di impennate alternate a piccoli ripiani, dove di solito la neve è indurita dall'azione eolica e dai frequenti passaggi. Un ultimo breve tratto ripido viene spesso superato a piedi, almeno in salita, mentre in discesa sarà sufficiente "derapare" un po'. Gli succede, inaspettatamente, un breve valloncello pianeggiante, dal quale si volge a destra e si raggiunge, a piacimento, uno degli innumerevoli dossi sui quali si conclude questa escursione, al cospetto delle pareti severe delle Cime del Druet e baciati da un sole gradito se la giornata è serena.
La sezione mediana della discesa si presta a innumerevoli varianti, che permettono di lasciare la propria traccia nella neve fresca anche dopo lunghi periodi senza nuove nevicate. Scesi ai piedi della fascia rocciosa sottostante l'Alpe Pesciola, ogni spostamento verso sinistra (Sud) è possibile, e riporta facilmente alla località Foppe 1350 m. Una variante frequentata consiste nel traversare lungamente verso Sud-ovest fino all'Alpe del Druet 1812 m, affacciata sull'omonimo canalone, per poi piegare a destra e rientrare alle Foppe.
La grande fortuna di questa classica "orobica" è quella di presentare difficoltà contenute e di essere ben sciabile in tutte le situazioni, passando dalla neve fresca a quella assestata e portante. Nelle belle giornate il sole vi terrà compagnia sia in vetta che lungo la discesa, caratteristica che si fa ben apprezzare anche in pieno inverno. L'itinerario è suddiviso abbastanza nettamente, per impegno e potenziali pericoli, in una prima parte, che si conclude all'Alpe Pesciola, e nella continuazione fino alla Punta Pesciola. In basso l'escursione è generalmente fattibile anche quando le condizioni di sicurezza sconsigliano mete più impegnative; per la parte alta, invece, è richiesta una certa capacità di valutazione riguardo alla tenuta del manto nevoso. Quasi sicuramente non sarete soli, questa escursione è molto conosciuta, soprattutto dai valtellinesi. Inoltre, da qualche anno, su questi pendii regolari sono comparsi altri scivolatori, appartenenti ad una "razza" diversa da quella degli sci alpinisti: si tratta degli snowboarders, che con grandi fatiche salgono con le racchette da neve per poi tuffarsi in discese velocissime.
Ma oltre alla bellezza ed al fascino del persorso puramente sciistico vi ricordiamo, se mai ce ne fosse bisogno, di dare un'occhiata a questi luoghi solitari e selvaggi. Salendo si avrà piena visione della testata della val d'Arigna chiusa dalle dentellate, altissime scogliere del Pizzo e del dente di Coca.
Sulla vetta della Punta Pescila s'apre anche lo sguardo sulla vertiginosa Val Malgina e sul suo grande canalone, un "must" per ogni esigente sciatore alpinista che vi proporremo a breve. La testata della valle è occupata da minuscoli ghiacciaietti separati da creste rocciose che scendono dal roccioso spartiacque delle Cime dei Cagamei e della Cima della Foppa che presenta una bella parete settentrionale.
I titoli dei giornali di questo periodo si sono scatenati: "valanghe assassine", "mangiatrici di uomini", "la morte bianca ha colpito ancora" e quant'altro. Purtroppo sì, ci sono stati incidenti mortali a causa delle valanghe. Ma le valanghe sono un evento squisitamente oggettivo, che è sbagliato voler ricondurre, a tutti i costi, ad una dimensione umana, come se si trattasse di creature capaci di volere il male degli uomini. Per noi uomini, piccoli di fronte a certi eventi naturali e spesso incapaci di comprenderne la causa, le dinamiche e le conseguenze, è comunque sempre data la possibilità di scegliere. La prima scelta è relativa alla propria giornata: vado o non vado a fare sci alpinismo? Ognuno è, ovviamente, libero (speriamo) di scegliere. La seconda scelta riguarda, invece, i modi con i quali posso prevenire o ridurre i rischi connessi al fuoripista". Posso scegliere di essere negligente, ignorante o superficiale nei confronti dei pericoli a cui vado potenzialmente incontro, oppure attuare una serie di azioni per ridurre i rischi o per attivare il miglior rimedio possibile in caso di incidente.
Senza entrare nel merito degli ultimi incidenti, ma cercando di estrapolare dagli avvenimenti alcune considerazioni significative che possano aiutarci in futuro, vediamo alcuni comportamenti che andrebbero seguiti prima e durante una giornata sulla neve.
L'ascolto dei bollettini valanghe è la prima cosa. I bollettini forniscono, senza ombra di dubbio, le informazioni primarie per conoscere la situazione in una data regione (Vi ricordate il primo filtro di Munter?). Anche se Vostro/a nonno/a, madre, padre, marito, moglie, sorella, fratello, suocero/a Vi hanno messo in guardia sulle valanghe 'quando fa caldo', Voi considererete attentamente, ad esempio, anche ad altri fattori, tra i quali venti forti o tempestosi che hanno soffiato durante o dopo una nevicata. Il vento è il più grande costruttore di valanghe: lo sapete no?
Non bisognerebbe mai partire da soli per un'escursione, soprattutto sulla neve. Soli o in gruppo lasciate sempre indicazioni su dove siete diretti. Se cambiate meta, trovate il modo di comunicarlo prima di iniziare la salita (una telefonata, un biglietto lasciato nell'auto). Scegliete una meta che sia alla Vostra portata, che sia 'ragionevolmente sicura' rispetto ai bollettini e misurata sui componenti più deboli del gruppo. Durante un'escursione non lasciate mai un componente del gruppo completamente solo.
Valutate quello che state facendo (che nello sci alpinismo si concretizza in dove state andando) e tutti i particolari ambientali che Vi circondano secondo la Vostra esperienza, il Vostro senso critico e le Vostre sensazioni. Le valanghe possono scendere anche dove non l'hanno mai fatto (non hanno memoria) e dove Voi non ne avete mai viste. La valanga, poi, 'se ne frega' del fatto che Voi siete espertissimi sci alpinisti. Sta a Voi decidere se attraversare quel pendio lì, se provare da un'altra parte o se sospendere la salita.
Abbiate sempre con Voi l'ARVA. Non è uno strumento di prevenzione, d'accordo, ma saperlo usare bene potrebbe risultare determinante. Va sempre indossato acceso (non esiste che lo si accenda solo quando 'c'è pericolo' perché, chiedeteVi, quand'è che riconosciamo esattamente il pericolo? Non esiste, ovviamente, nemmeno che lo si tenga nello zaino). Costa alcune centinaia di euro, ma quanti ne avete spesi per quel nuovo sciettino largo e sciancrato? Ovviamente bisogna anche esercitarsi per saperlo usare bene, e per saperlo usare in caso di reale necessità. Portate sempre con Voi (ogni componente del gruppo, s'intende) la pala e la sonda.
Infine, una considerazione del tutto personale. Mi sono accorto che ciclicamente, in anni senza incidenti, l'attenzione al problema valanghe tende ad allentarsi, come se le esperienze positive degli sci alpinisti ('sono andato su quel pendio là e non si è staccato niente') facciano automaticamente diminuire il pericolo. Poi si verifica l'incidente, e tutti 'tirano i remi in barca'.
Speriamo che da oggi non si verifichino più cicli come questo.