Raggiunta Franscia, e lasciata l'auto, si imbocca la stradina asfaltata che inizia dal piazzale che precede l'albergo Fior di Roccia e con ampio semicerchio percorre il margine dell'ampia conca prativa racchiusa fra le rupi. Dopo una breve discesa si traversa il torrente Cormor, che giunge dai bacini artificiali di Campo Moro e Gera; poco oltre un altro ponte consente di superare il torrente Scerscen. Ora con un paio di tornati, si prende quota lambendo le numerose abitazioni in gran parte edificate negli ultimi trent'anni. Dopo un successivo tratto pianeggiante la carrozzabile traversa la conca e si porta sul lato opposto per salire con alcuni tornanti lungo le antiche discariche oggi rimboschite dei "Piodè". Al termine dell'asfalto si continua ancora brevemente su sterrato fino ad un ampio piazzale che precede una cava. Da qui, seguendo le segnaletiche, si prende la stradina che verso destra porta a un nucleo di abitazioni costruite sotto montagna dove inizia la mulattiera per il Dosso dei Vetti. Questo, assieme al gruppo di case posto a metà della conca, è il nucleo originario della località.
La zona che abbiamo appena percorso si chiama Piodè (italianizzando: posto delle piode) perché si trova al margine di grandi discariche di pietrame prodotte da vecchie cave di amianto e di serpentino, ora abbandonate o sostituite da altre più efficienti. Piode sono dette localmente le lastre di serpentinoscisto usate come tegole per i tetti in tutta la Val Malenco e in Valtellina. Trattandosi di un materiale eccellente allo scopo, il serpentinoscisto, che si lascia "sfogliare" in sottili lastre è diventato un pregiatissimo materiale sulla cui estrazione si basa buona parte dell'economia valliva.
Per diversi anni queste discariche furono luoghi d'azione prediletti dai cercatori di minerali che qui potevano imbattersi in esemplari di magnetite, pirrotina,granatogrossularia, e, molto raramente, nel ricercatissimo granato verde o demantoide. Oggi, però, trovare qualcosa fra gli sfasciumi che ancora emergono dalla copertura vegetale è praticamente impossibile.
Lasciate le case dei Piodè, la nostra mulattiera inizia ad inerpicarsi per superare la bastionata rocciosa che incombe sulla conca di Franscia. Man mano si sale il panorama si apre, mentre la bella e regolare piramide del Pizzo Scalino sorveglia il nostro cammino. Durante la salita lambiamo ilun piccolo gruppo di baite di Orsera arroccate in splendida quanto vertiginosa posizione su una sorta di gradino-cengia. Una visita al luogo richiede una breve ma consigliabile deviazione.
Ripresa la marcia giungiamo, infine, al margine inferiore del Dosso dei Vetti 1813 m, il promontorio che domina Franscia e sul quale, accanto ad altre baite, si trova il vecchio Rifugio Scerscen, ora aperto solo come punto di ristoro. Il rifugio era, un tempo, un'importante base per chi, magari partendo a piedi da Sondrio, saliva al Rifugio Marinelli. Stiamo, infatti, percorrendo il vecchio sentiero che per decenni ha portato gli alpinisti verso il cuore del massiccio del Bernina. Prima che fosse costruita l'attuale carrozzabile, si partiva da Lanzada si risaliva la bassa Val Lanterna e poi il sentiero aggirava le bastionate rocciose che proteggono Franscia, infilandosi nella Valbrutta. Da qui piegava a destra, passava accanto al "Ristoro" e sbucava ai Piodè.
Il Dosso dei Vetti è come una soglia che ci introduce in un nuovo ambiente. Poco sopra il rifugio Scerscen una sorta di colletto apre allo sguardo più vasti panorami. Inizia, ora, un lungo tratto semi pianeggiante nella bellissima abetaia che ammanta il versante destro orografico del torrente Scerscen le cui acque rumoreggiano molto più in basso, in una stretta forra. Anticamente il Dosso dei Vetti e il ripiano dell'Alpe Foppa, sul versante opposto della valle, erano un unico grande spalto pianeggiante. Nel corso dei millenni le acque dello Scerscen hanno scavato una profondissima gola alta un centinaio di metri e stretta, a volte, solo cinque, sei metri. Il percorso del fondovalle è riservato agli appassionati del "canyoning", ma chiunque può portarsi senza difficoltà allo sbocco delle gole presso Franscia, per ammirare le bellissime marmitte dei giganti e le rocce lisciate dall'acqua. Dopo circa un chilometro di cammino eccoci al margine della piana dell'Alpe Campascio 1844 m. Un tempo il vasto pianoro era una vera oasi nascosta fra i boschi e le rupi del Sasso Nero che lo sovrastano a Ovest. Purtroppo, in questi anni, alcune esondazioni dello Scerscen hanno eroso la cotica erbosa trasformando parte del luogo in un vasto deposito alluvionale. In questo tratto di cammino avremo forse avuto modo di notare la costruzione di una delle tante centraline private che captano l'acqua per produrre energia. La Val Malenco ha subito, in questi anni, gli effetti di un pesante intervento umano in questo senso, intervento che - a prezzo di gravi danni ambientali - ha ritorni piuttosto incerti sull'economia sociale della valle.
Ma la bellezza del luogo raggiunto fa presto dimenticare eventuali tristi pensieri. Facendo attenzione alla segnaletica si abbandona la larga mulattiera di un tempo, deviando a destra. Poco dopo, lambita la stazione della predetta centralina, tramite un bel ponte di legno possiamo traversare lo Scerscen e mettere piede sulla vasta piana dirigendoci alla volta delle baite che ne occupano il margine settentrionale, allo sbocco delle gole superiori del torrente note come Vallone di Scerscen. Seguendo il sentiero che taglia per i prati si supera, su un ponticello, un affluente dello Scerscen e si procede verso Nord avvicinandosi al margine dell'alpeggio ma senza arrivarci. Le indicazioni ci portano, infatti, all'imbocco di un evidente sentiero che inizia ad inerpicarsi lungo il ripido pendio boscoso che chiude il pianoro verso Nord. Una lunga serie di tornanti ci porta, infine, sul ciglio meridionale della conca dove, in splendida e riposante posizione, fra larici e abeti, sorgono le due costruzioni affiancate dei rifugi Mitta e Musella 2021 m. Verso Nord, oltre le ultime piante, s'innalza il pendio erboso che termina sotto le dentellate creste delle Cime di Musella e che è percorso dal sentiero per il Rifugio Marinelli-Bombardieri.
Nelle vicinanze dei rifugi si trovano i due gruppi di baite che formano l'Alpe Musella, uno degli alpeggi più importanti della Val Lanterna. Sia il pianoro di Musella che quello di Campascio sono stati originati dall'azione erosiva degli antichi ghiacciai del Quaternario. Il gradino che separa le due località è, invece, un evidente deposito morenico oggi completamente ricoperto dal bosco. Dal nucleo di baite più ad occidente si diparte un sentierino che, in pochi minuti, porta nel Vallone dello Scerscen, selvaggio solco inciso fra le cupe pareti del Sasso Nero e la massiccia mole del Monte delle Forbici. È una breve deviazione che, se siete curiosi e amanti delle senz'azioni forti, Vi consigliamo: l'imbocco del vallone con le falesie di rosso serpentino striate di nero, arrotondate e modellate dai ghiacci e dalle acque, è veramente un piccolo gioiello paesaggistico.
Il ritorno a valle si svolge lungo la mulattiera che, da Musella, porta direttamente a Franscia passando per l'Alpe Foppa. La prima parte del percorso è caratteristica e assai riposante svolgendosi con una serie di leggeri saliscendi in un rado bosco intervallato da tratti a torbiera. Al termine di questa sorta di altopiano inizia la discesa che con ampie svolte, su larga mulattiera a volte lastricata da pietroni di serpentino, ci porta nei pressi dell'amena conca erbosa dell'Alpe Foppa. La località merita una brevissima deviazione. Alcune antichissime baite in legno, nonostante l'abbandono e l'incuria, ci parlano di un tempo in cui qualche membro della comunità Walser decise di fermarsi in questi luoghi.
Ripresa la marcia con un'altra serie di tornanti ci riaffacciamo sulla conca di Franscia raggiungendone l'abitato in pochi minuti.
Terminata l'estate la grande folla dei turisti ritorna verso valle e la natura riprende possesso del suo regno che, per qualche mese, è stato invaso da frotte di villeggianti. In pochi giorni tutto cambia e il silenzio e le atmosfere calme e tranquille dell'alpe ammantano boschi e pascoli. Finite le spesso brevi calure estive, l'aria frizzante ci stimola al movimento: il passeggiare in questi ambienti freschi e riposanti diventa un piacevolissimo esercizio.
Questa volta vogliamo proporre una gita che per le sue caratteristiche può rientrare, a pieno titolo, fra le più classiche della Valtellina ma che, forse, è poco nota ai più.
Si tratta di un percorso ad anello che si svolge in alta Val Lanterna, l'importante vallata che confluendo con la Valle di Chiareggio forma la Val Malenco. Cammineremo lungo vecchie ed ampie mulattiere fra rupi di rosso serpentino, fitti boschi di abeti e di larici, radure ampie e verdeggianti punteggiate di bellissime baite. A metà percorso troveremo un attimo di ristoro presso i due gloriosi e storici rifugi Alpe Musella e Mitta per poi tornare verso valle