Passeggiate - Le "tegie" di Lughina

Contenuto della pagina: scheda completa del percorso «Le "tegie" di Lughina»

  1. Scheda
  2. Percorso
  3. Approfondimento
 
  • Zona: Media Valtellina
  • Tipo: Passeggiata
  • Sigla: A48
  • Periodo consigliato: tutto l'anno
  • Punto di partenza: la strada che sale verso Lughina si stacca dalla SS38 dello Stelvio in località Villa di Tirano. Poco prima del grande edificio color mattone della Centrale idroelettrica di Villa di Tirano che sorge sulla sinistra della Statale (direzione Sondrio-Tirano) si diparte nella medesima direzione una stradina, Via Ragno. Si percorre la via per circa 200 metri e quindi si piega a destra entrando in una ripida e stretta carrareccia che, dopo essere passata fra le case della contrada Ragno, giunge ad un tornante sul quale si trova una palina con cartellini indicatori escursionistici. A destra si andrebbe verso la chiesa di S. Perpetua, proseguendo a sinistra si inizia invece a salire verso Lughina.
  • Tempo di percorrenza: da pochi minuti ad un'ora, a seconda se si lascia l'auto in località Piatta o si prosegue fino a Lughina. Il proseguimento facoltativo da Lughina al Colle di Salarsa o al Colle d'Anzana richiede un'altra ora di cammino.
  • Difficoltà: T (Turistica)
  • Bibliografia: Gianasso M. "Guida Turistica della provincia di Sondrio", Ed. Banca Popolare di Sondrio - L'officina del Libro, Sondrio 2001; Vannuccini M. "Monti e Valli della Comunità Montana di Tirano"; Lyasis Edizioni, Sondrio 2005
  • Cartografia: CNS 1:50.000 «Brusio»; Carta Escursionistica Kompass 1:50.000 n. 93 «Bernina-Sondrio».
  • Informazioni locali: Museo Etnografico Tiranese 
  • Comunità Montana Valtellina di Tirano   
  • UFFICIO TURISTICO DI TIRANO 
 
 
mappa di Le "tegie" di Lughina

Percorso

Mediante un'arditissima strada ci avventureremo lungo il crinale che segna la soglia destra orografica della Val Poschiavo, al suo sbocco nella Valle dell'Adda. Si tratta di un viaggio per certi versi avventuroso, che ha come meta principale il raggiungimento del poggio di Lughina, nei cui pressi vogliamo portarvi a vedere due strane costruzioni rurali la cui architettura, estremamente arcaica, rimanda ad altri antichissimi edifici di altre culture, prima fra tutte quella nuragica. Ma la gita ha anche un altro importante motivo d'interesse: a Lughina passa il cosiddetto "sentiero della morte" la via della speranza percorsa durante la Seconda Guerra Mondiale da centinaia di ebrei, in fuga dalla barbarie nazista alla volta dell'oasi di pace elvetica.

La prima parte del percorso è prettamente automobilistica e si svolge lungo una stretta strada asfaltata cui, a volte, si sostituiscono due corsie di cemento larghe poco più delle ruote. È un tracciato ardito e quasi incredibile che dapprima si inerpica, con un'implacabile serie di tornanti, lungo le pendici inferiori del Pizzo Cancan. Lasciati i vigneti di fondovalle ci si addentra in un bosco di betulle, castagni ed ontani neri seguendo il percorso di una vecchia mulattiera militare realizzata durante la Grande Guerra. Dopo circa quattro chilometri, si lambisce la chiesetta di S. Sebastiano, isolata nel bosco e, con viste sempre più aperte sul fondovalle valtellinese, si riprende fiato sul poggio prativo di Novaglia 883 m. Qui, in corrispondenza di una fontana, si prende la deviazione di sinistra, che lambisce i prati inferiormente e rientra poco dopo nel bosco. Più avanti (circa 5 km dalla partenza) l'asfalto cessa per lasciare il posto allo sterrato anche se in qualche tratto ritroveremo la doppia corsia in cemento. Chi non se la sentisse di proseguire in auto può lasciare qui il mezzo e proseguire a piedi. Tuttavia noi Vi consigliamo di affrontare ancora un tratto di strada passando le baite di Ramaione per parcheggiare al successivo nucleo di Piatta. La stradicciola prosegue nel bosco guadagnando quota lungo la ripida pendice della montagna e, con un ultimo tratto a mezza costa, si riporta sul costone del Pizzo Cancan che segna anche il confine italo-svizzero. In breve si giunge allo spalto panoramico dove su una rupe si notano i ruderi della vecchia caserma confinaria della Guardia di Finanza.

In auto, o dopo circa un'ora di cammino se abbiamo lasciato il mezzo qualche chilometro prima, abbiamo finalmente raggiunto il ridente poggio di Lughina esplorandone i segreti e le bellezze. La gita può considerarsi chiusa, ma chi volesse fare ancora quattro passi può proseguire lungo la mulattiera militare che, da qui, si attiene più o meno al crinale della montagna. Segnalazioni a vernice bianco-rossa del Sentiero Italia (S.I.) indicano il percorso che con ampi tornanti e in moderata pendenza traversa il bosco di abeti e poi di larici in un ambiente fatato.

Non occorre molto cammino per sbucare presso il ridente alpeggio di Frontalone, a 1831 m, località adatta per riposarsi un attimo al cospetto di un panorama estesissimo sulla Valtellina. La mulattiera che stiamo percorrendo non è che una delle tante opere di difesa costruite durante la Grande Guerra in previsione di uno sfondamento delle linee italiane sul fronte dello Stelvio. Il percorso è ancora perfettamente conservato e, se si pensa che partiva da fondovalle, non si può che restare ammirati dalla perizia con cui fu realizzata.

Dopo Frontalone la mulattiera guadagna ancora quota portandosi fin verso i 2100 meri quando, ormai fuori dal bosco, inizia una lunga traversata a mezza costa lungo il versante meridionale del Pizzo Cancan. In questo tratto due deviazioni sulla destra portano rispettivamente al Colle Salarsa 2235 m e al Colle d'Anzana 2224 m, che permettono di entrare nella Val dal Saent, in Svizzera.



Le "tegie" di Lughina

Nei pressi della caserma sorgono alcune baite; a monte di esse prosegue una mulattiera che lambisce un vecchio rudere e, alle sue spalle, quindi a pochi minuti di cammino dalla caserma, si trovano le due arcaiche costruzioni di pietra che abbiamo sopra descritto.

Le misteriose costruzioni di Lughina non sono le uniche della zona: edifici del genere, ma di dimensioni assai minori, sono distribuiti un po' ovunque nei boschi e sui maggenghi della Valle di Poschiavo. Li possiamo trovare, anche se sono molto rari, anche in Val Grosina e persino nel settore di Alpi Orobie prospiciente il Tiranese. Localmente queste costruzioni di pietra a secco sono note come "crotti" o "tegie". Grazie alla particolare ventilazione dovuta al passaggio dell'aria attraverso gli interstizi fra le pietre, le tegie" erano principalmente adibite alla conservazione dei prodotti caseari. In questo caso, però, oltre ad una volumetria piuttosto contenuta, le "tegie" hanno una forma per lo più cupoliforme e tondeggiante. Inoltre, per sfruttare il potere rinfrescante dell'acqua, si trovano spesso nei pressi di ruscelli e piccoli torrenti.

Sulla base di quanto appena detto possiamo affermare che le due costruzioni di Lughina, per quanto richiamino l'architettura delle "tegie", se ne discostano per diverse caratteristiche. Per prima cosa non sorgono in un luogo umido e fresco, anzi: sebbene il bosco sia loro cresciuto intorno, si capisce che si trovano in un luogo molto secco e soleggiato. Gli edifici hanno un'altezza notevole, che si aggira sui cinque metri e, all'interno di uno dei due, si possono ancora vedere dei travetti che servivano a dividere il locale su due piani. In cima ad una delle due costruzioni è stato messo un sasso appuntito come spesso, fino a non molti anni or sono, si usava mettere sui comignoli delle baite. Le costruzioni sono veramente imponenti: lo spessore della muratura a secco, alla base, supera il metro e cinquanta centimetri, per poi andare ad assottigliarsi salendo. L'ingresso è sovrastato da un pesantissimo monolite la cui messa a punto deve aver richiesto l'impegno di diversi uomini.

Resta piuttosto misterioso l'impiego cui erano destinati gli edifici. Per quanto detto sopra si può escludere, quasi con certezza che siano stati locali ove conservare latte, burro o formaggi. Forse potrebbero essere serviti per essiccare le castagne, ma la quota alla quale sorgono, abbondantemente sopra il limite altitudinale del castagneto, ci aiuta ad eliminare anche questa supposizione. E allora?

La similitudine delle due "tegie" di Lughina con i nuraghi sardi, con i "Tholoi" della Maiella, ci rimanda a tempi remotissimi e alle prime forme costruttive dell'uomo. Ad imitazione della natura fu abbastanza logico cercare di erigere delle "grotte" artificiali usando pietre a secco. E la tipologia costruttiva più semplice ed immediata portava ad erigere dimore dalla forma ogivale o ad igloo.

Non sappiamo quanto siano vecchie le costruzioni di Lughina, tuttavia se esse furono costruite per scopi abitativi, sia pure temporanei, si tratta sicuramente di dimore antichissime. Ma la cosa forse più sorprendente è che, a quanto ci è dato di sapere, non si conoscono nella regione costruzioni simili, grandi ed imponenti quanto quelle che Vi consigliamo di visitare.

Quale che sia stata la loro esatta funzione, resta innegabile che ci troviamo di fronte a due importanti manufatti che andrebbero meglio valorizzati e difesi.

"Il sentiero della Morte"

Il "sentiero della morte" sfila ai piedi della caserma e, dopo una salitella, si inoltra pianeggiante verso il territorio elvetico.
Fra il 1943 e il 1944 il Passo dell'Aprica, al confine fra la Provincia di Sondrio e quella di Brescia, divenne importante punto tappa per centinaia di ebrei che volevano sottrarsi alle leggi razziali fasciste e sfuggire al tragico destino della deportazione. Gli israeliti giungevano da ogni parte d'Italia, portando con sé solo lo stretto necessario per questo viaggio clandestino, ma anche quanto di prezioso era loro rimasto, per poter iniziare una nuova vita in Svizzera. Dall'Aprica, infatti, con mezzi improvvisati e anche grazie all'aiuto di tanti montanari, gli ebrei scendevano verso Tirano lungo sentieri poco battuti. A Villa di Tirano iniziava il sentiero della speranza verso la Svizzera; la mulattiera saliva lungo gli splendidi boschi del Pizzo Cancan per giungere al panoramico poggio di Lughina dove occorreva prestare attenzione: il tetro grande edificio della caserma confinaria era a sentinella del passaggio obbligato verso la salvezza. Il transito dei fuggiaschi era spesso agevolato e gestito da un gruppo di "passatori" che, in cambio di oro e preziosi, li accompagnavano verso la salvezza.

Qui, pensando ai numerosi profughi che giungono oggi sulle coste italiane, viene naturale pensare che ben poco è cambiato da allora e che sempre c'è qualcuno disposto a speculare sulle disgrazie altrui.

Purtroppo, si dice, che questa via di speranza si sia guadagnata il nome di "sentiero della morte" a causa di alcuni misteriosi incidenti in cui persero la vita alcuni ebrei precipitando dal roccioso "salto del gatto", quando ormai la salvezza era a portata di mano. Il dirupo si trova, infatti, già oltre la caserma e quindi la via verso la Svizzera era spianata; tuttavia, pare che qualche "passatore" non abbia esitato a gettare alcuni degli sfortunati fuggiaschi dalle rocce per impossessarsi delle loro ricchezze.

Il tempo trascorso, l'omertà, il silenzio, hanno relegato questi episodi nella incerta linea d'ombra fra realtà e leggenda, tuttavia il "sentiero della morte" resta ed è realmente stato utilizzato dai perseguitati ebrei per sfuggire alle camere a gas.
Un racconto più dettagliato e poetico" su questa incredibile eppur vera vicenda si può leggere nel Notiziario della Banca Popolare di Sondrio" n. 78 del 1998. Ne è autore il bravo ed eclettico giornalista Ermanno Sagliani.

Proseguendo...


  • I ruderi della vecchia caserma della Guardia di Finanza a Lughina. Da qui s'inoltra verso la Svizzera il Sentiero della Morte
  • Prima dell'odierna valorizzazione le tegie erano poco visibili
  • La stessa costruzione ripresa pochi anni dopo
  • Il complesso delle tegie di Lughina
  • Anni dopo la struttura di destra e' stata travolta dalla caduta del vicino abete
  • Il percorso prosegue coincidendo con quello del Sentiero Italia
  • Lungo le panoramiche creste sul confine con la Svizzera
  • Il Col d'Anzana