Passeggiate - Il Castello di Mancapane e il mulino di Cà di Mazza

Contenuto della pagina: scheda completa del percorso «Il Castello di Mancapane e il mulino di Cà di Mazza»

  1. Scheda
  2. Percorso
  3. Approfondimento
 
  • Zona: Media Valtellina
  • Tipo: Passeggiata
  • Sigla: A23
  • Periodo consigliato: tutto l'anno
  • Punto di partenza: Sondrio (vedi nella descrizione del percorso)
  • Tempo di percorrenza: percorso ad anello che richiede circa 2 ore
  • Dislivello: 250 m circa
  • Difficoltà: E
  • Bibliografia: Gianasso  M. e AA.VV. - "Guida turistica  della Provincia di Sondrio"  seconda edizione; Ed. Banca Popolare di Sondrio"  - Sondrio  2000
  • Cartografia: Carta Escursionistica Kompass 1:50.000 n° 93 «Bernina-Sondrio»; SeteMap 1:30.000«Valmalenco-Sondrio e dintorni»
 
 
mappa di Una visita al Castello di Mancapane e al vecchio mulino

Itinerario

La nostra gita prende le mosse da Sondrio da dove, con l'auto, si deve imboccare la strada panoramica che conduce a Colda e a Montagna. La strada parte subito in salita lasciando il centro abitato per lambire poco dopo, sulla destra, il convento dei Frati Cappuccini di Colda. Più avanti superato il Castello Grumello le cui mura si stagliano sul poggio che delimita a destra l'orizzonte vicino, si giunge ad un bivio (semaforo). Qui si deve volgere a sinistra per imboccare la strada che, con alcuni tornanti, sale entrando nel paese di Montagna in Valtellina. Poco dopo compaiono i primi cartelli indicatori per Carnale e S. Maria. Tralasciando la deviazione per quest'ultima località si prenda la strada per Carnale. Poco dopo, abbandonata l'ultima contrada di Montagna, Cà Paini, 622 m, la strada si stringe proseguendo comunque asfaltata. Si sale fra tratti da poco rimboschiti a causa dell'abbandono della campagna, fra frutteti e prati ancora ben tenuti, fino a raggiungere il grappolo di antiche case di Cà Bongiascia indicato da una grande scritta su un muro di cemento. Lasciata l'auto si sfila lungo la stradicciola che corre a valle delle case per portarsi al limite orientale del nucleo. Si devia a sinistra e poco dopo una fontana ecco il cartello della C. M. di Sondrio che indica la partenza dell'itinerario che avrà, come prima meta, il Castello di Mancapane. Una facile sentiero, quasi uno spalto inerbito, si inoltra pianeggiante in una valletta; lasciata a sinistra una allettante diramazione proseguiamo oltre per traversare il ruscello che solca l'avvallamento tramite un ponticello di legno. Ancora in piano usciamo sul versante opposto passando al margine inferiore del poggio erboso su cui, già visibili, sorgono le mura del Castello di Mancapane. Raggiunto un altro cartello indicatore stacchiamoci momentaneamente dal sentiero principale salendo a sinistra lungo un bel tracciato che in breve porta sul prato antistante il fortilizio. Qui una elegante bacheca espone una cartellone esplicativo in cui sono narrate le caratteristiche del monumento.
Dal castello abbassiamoci lungo il sentiero di accesso fino al cartello indicatore per poi deviare a sinistra scendendo un ripido tratto che porta sul fondo di una piccola gola percorsa dal torrente Davaglione. Si segue il greto per una cinquantina di metri, poi una breve salita protetta da transenne porta sul versante opposto. Scesi pochi metri appare il piccolo mulino di Cà di Mazza. Il restauro, promosso dalla Comunità Montana Valtellina di Sondrio, in collaborazione con il Comune di Montagna Valtellina, ci ha riconsegnato il manufatto in perfetto stato e con gli ingranaggi ancora funzionanti. La particolarità del mulino consiste nell'atipica disposizione delle pale che, a differenza della maggior parte dei mulini, sono disposte su un asse orizzontale. In tal modo non vi sono altri ingranaggi fra essa e l'albero di trasmissione consentendo il massimo sfruttamento della forza motrice. Un canale in muratura conduce l'acqua del Davaglione fino ad una paratoia che serve per controllare il flusso idrico. Oltre la paratoia una canalizzazione ottenuta mediante un tronco scavato porta l'acqua a frangersi sulle pale. Sopra la macina si trova la tramoggia che lascia cadere i chicchi di frumento nel palmento la cui apertura può essere regolata in funzione del tipo di cereale molito e del grado di macinatura che si vuole ottenere. Il prodotto macinato cade in una madia da dove viene poi passato in un cribbio per una ulteriore raffinazione.

Dal mulino un sentierino pianeggiante porta in breve alle case di Cà Zoia e alla strada che da Montagna sale alla chiesa di Santa Maria il cui edificio è ben visibile poche centinaia di metri più avanti. Sebbene la chiesa sia ricordata solo a partire dalla fine del '500 è probabile che sia sorta su un edificio preesistente e su un luogo di culto praticato già in epoche preromane. Qui venne, infatti, rinvenuta una interessantissima lapide recante un iscrizione nord-estrusca oggi conservata a Sondrio nel Museo Valtellinese di Storia ed Arte. NOTA: quasi di fronte alla chiesa sorge l'Agriturismo Santa Maria, ottimo punto di sosta e ristoro

Superata la chiesa, seguiamo ora la strada asfaltata che sale lambendo baite e casette per la villeggiatura. Al primo tornante si trascura una deviazione a destra e lo stesso facciamo anche poco dopo il successivo, lasciando a destra la deviazione per Oniscio e per l'Alpe Mara, proseguendo invece a sinistra, lungo una carrozzabile. Il percorso ci riporta ad attraversare il Davaglione; facendo attenzione, in alto, fra gli abeti si possono scorgere le sagome di alcune piramidi di terra e di alcuni calanchi. Traversato il torrente la strada esce dalla Valle del Davaglione portandosi a monte della chiesa e dell'abitato di S. Giovanni 1002 m. Lasciata a destra la deviazione che porta al maggengo di Carnale 1250 m (fontana), si scende a sinistra lambendo il piccolo e antico nucleo con la sua chiesa. Il complesso merita una visita anche se molte delle abitazioni sono in stato di completo abbandono; le antiche case si stringono attorno alla grande costruzione della chiesa, risalente al XV secolo, dalla facciata abbellita da un affresco cinquecentesco di autore ignoto raffigurante "il battesimo di Cristo".

Con magnifica vista sul fondovalle valtellinese e sulle antistanti vallate orobiche si scende lungo la strada e dopo poco si torna a Cà Bongiascia.

Il castello di Mancapane

Il castello risale al XIII secolo e doveva far parte di un sistema di fortificazioni secondarie e torri di segnalazione che facevano perno sul sottostante e maggiore Castello Grumello. Si tratta, comunque, di una costruzione piuttosto atipica poiché, sebbene in posizione abbastanza dominante, appare piuttosto nascosta e defilata all'interno della Valle del Davaglione. Ciò può far pensare che, la sua funzione avesse scopi prevalentemente locali e che, oltre a punto di avvistamento e segnalazione, potesse essere stata eretta anche per proteggere le popolazioni dei vicini nuclei abitati. L'edifico, recentemente restaurato, è costituito da un unico complesso di cui fanno parte, senza soluzione di continuità, la torre e il muro di cinta. Il piano all'interno del recinto è stato ottenuto con un terrapieno che lo pone circa due metri più in alto rispetto al livello esterno. Si otteneva così una maggior resistenza delle mura basali. Alla torre si accedeva mediante una scala lignea e all'interno della stessa si trovavano gli alloggi della guardia. Una serie di feritoie, alcune delle quali munite di scivolo per facilitare la caduta di sassi e olio bollente, completano l'opera difensiva. Il Castello di Mancapane resta uno dei pochi esempi di architettura castellana valtellinese ancora ben conservati e fu uno dei pochi a sopravvivere alla sistematica distruzione delle opere militari operata dai Grigioni nei primi anni del 1500.
Una diceria locale sosteneva che la fortezza fosse collegata con un lungo tunnel al sottostante Castel Grumello, ma la distanza fra le due strutture ed il forte dislivello che le separa rendono praticamente impossibile tale eventualità.

Edifici rurali nella media Valtellina

A conclusione di questa passeggiata "storica" vorremmo ricordarVi di non perdere mai occasione di curiosare fra le vecchie case del luogo perché fra queste sparse contrade si possono ancora trovare magnifici esempi di architettura rurale valtellinese. Gli edifici anche di notevole altezza, fino a tre piani, sono raggruppati a formare uno stretto agglomerato percorso da viottoli e passaggi coperti. Le costruzioni sono completamente in pietra a vista con le finestre piuttosto piccole e spesso riquadrate da un bordo di calce. Un sistema di balconi e ballatoi esterni consente l'accesso ai piani superiori: tali ballatoi hanno, allo stesso tempo, la funzione di essiccatoi. Il tetto è generalmente a due spioventi e molto sporgente sul lato dei ballatoi consentendone la protezione; la copertura è ottenuta mediante lastre di pietra, localmente dette "piode", spesso meno pregiate di quelle tipiche della Valmalenco e per questo dette volgarmente "piode selvatiche". Il piano terreno dell'edificio ospita la stalla, il locale di elaborazione dei prodotti dell'azienda e la cucina; al primo piano si trova generalmente il fienile mentre i piani superiori sono occupati dalle stanze di abitazione. In altri casi stalla e fienile si trovano in un edificio staccato dal corpo principale dell'abitazione.

  • La chiesa di S. Maria
  • L'ingresso del castello di Mancapane
  • Leggere strutture moderne disturbano poco l'austera architettura
  • Il castello visto nel suo insieme
  • L'imponente torrione quadrangolare incute ancora rispetto
  • Il mulino di Ca' Mazza e in alto San Giovanni
  • Veduta di San Giovanni con la sua grande chiesa
  • Il bell'affresco che arricchisce la facciata esterna della chiesa