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Escursioni - Monte Sette Termini 972 m.

 
  1. Scheda
 
  • Zona: Varesotto
  • Tipo: Escursione
  • Sigla: E-107
  • Periodo consigliato: primavera-estate-autunno
  • Punto di partenza: Montegrino Valtravaglia, Laghetto di Montegrino a quota 600 m, sulla Strada provinciale n° 23 "Montegrino-Sette Termini-Cugliate". Montegrino si raggiunge da Varese percorrendo la carrozzabile della Val Cuvia verso Luino e abbandonandola all'altezza del paese di Grantola per deviare a destra. Una volta in Montegrino si imbocca sulla destra la SP 23 che si percorre per poco più di 1 km arrivando al laghetto.
  • Tempo di percorrenza: 3 ore
  • Dislivello: 372 m.
  • Difficoltà: E (Escursionistica)
  • Bibliografia: Miozzi M. "Sentieri e mulattiere - 30 escursioni tra Varesotto e confine svizzero", collana Guide Macchione; Macchione Ed. Germinaga (Va) 2003.
  • Cartografia: Carta Escursionistica Kompass 1:50.000 n° 90«Lago Maggiore-Lago di Varese»; CNS 1:50.000 n° 286 «Malcantone» in alternativa CNS quadro d'insieme 1:50.000 n°5007 «Locarno-Lugano».
  • Informazioni locali: Il cosiddetto «Sentiero degli Alpini» che seguiremo in parte, fa parte dell'anello descritto di seguito che ci porta in uno dei luoghi forse meno noti delle montagne lombarde. La passeggiata è abbastanza facile e poco faticosa anche se a volte richiede un minimo di senso dell'orientamento. Si cammina sempre su buoni sentieri e carrarecce. Nei pressi del Laghetto di Montegrino è da visitare la pietra recante incisioni rupestri alcune delle quali attribuibili alla preistoria. Panorami interessanti sul crinale di vetta e impressionanti le vestigia delle opere difensive della Linea Cadorna visibili sul versante Nord della montagna.
 



 
mappa di Monte Sette Termini 972 m.
  1. Percorso
 

Percorso

Dal laghetto si segue la strada per circa 300 m portandosi al quarto tornante dopo il lago. Qui si stacca sulla sinistra una strada sterrata (cartelli Colle della Nave-Alpe Campogino) che s'inoltra nell'abetaia, la si segue per un centinaio di metri e, alla curva che compie presso un ampio piazzale nel bosco, la si abbandona per salire verso destra seguendo un largo sentiero rettilineo che s'immerge di nuovo nell'abetaia. (Poco più avanti si trova un cartello ove dal basso giunge il Sentiero degli Alpini che potremmo imboccare dal laghetto seguendo le indicazioni per le incisioni e proseguendo fino ad incrociare la strada per l'Alpe Campogino e che quindi una volta sulla strada devia a destra per poche decine di metri per poi salire nell'abetaia).
Salendo si intercetta una prima sterrata, la si segue per pochi metri verso destra e poi seguendo i bolli sulle piante la si abbandona per rientrare nel bosco a sinistra e salire fino ad un tornante della SP n. 23. Si segue l'asfalto per poche decine di metri e poi si prende la prima deviazione a sinistra che porta sui vasti prati punteggiati di grandi betulle che costituiscono parte del crinale sommitale del Monte Sette Termini (il monte è infatti noto anche come Bedeloni ossia "betulloni") che si risalgono fino al punto spartiacque dove sorge una torretta di legno.
In alternativa, pochi metri dopo la prima deviazione si continua per il "Sentiero degli Alpini" che comunque arriva sul crinale. Piegando a destra si sfila poco a monte del Ristorante Sette Termini, si segue una stradina pianeggiante andando a sinistra al primo bivio per poi deviare a destra in corrispondenza del bivio successivo con cartello escursionistico di legno.
Ci si abbassa lambendo il terreno del Ristorante Sette Termini e su strada sterrata sempre più larga si arriva infine sulla SP n. 23 in corrispondenza di un tornante, alcune centinaia di metri ad Est del ristorante. Si scende lungo la carrozzabile per quattro tornanti compreso quello cui siamo giunti e si arriva ad un bivio ove sulla sinistra si diparte una sterrata. Si imbocca detta carrareccia che, lambita una fortificazione della Grande Guerra, porta presso due belle case coloniche a Pian della Nave. Si lascia sulla destra il sentiero segnalato e si procede lungo la strada che, lambita una delle case, curva a sinistra ed inizia a portarsi sul lato Nord del Monte Sette Termini.
Tenendosi quasi pianeggiante ad una quota attorno agli 800 metri, la stradina percorre tutte le fortificazioni realizzate su questo versante durante la Grande Guerra e poi si abbassa leggermente per riprendere quindi di nuovo a traversare verso Ovest.
Si giunge così a lambire l'Alpe Campogino da dove, sempre sulla stradina, ora assai migliore, si torna al piazzale nel bosco citato all'inizio della descrizione e alla vicina SP n. 23.

  1. Approfondimento
 

Montegrino Valtravaglia

Montegrino è situato sul versante occidentale del Monte Sette Termini. Le prime notizie certe della località, risalgono al XIII secolo quando si cita un "monte Gariu", che già un secolo più tardi sarà "Montegareno".
Secondo altri, "Montegrino" (come le varianti attestate: Monte Garin, Monte Agareno, Monte Agarino) deriverebbe da acero, nel dialetto antico "agher", probabilmente a causa dei vasti boschi d'aceri che un tempo ricoprivano la zona.
Per altri il nome sarebbe invece formato da "monte" e da un nome di persona, probabilmente germanico, come "Agrimo" o qualcosa di simile.
I primi insediamenti umani risalgono probabilmente all'età del bronzo, come attestano le incisioni rupestri recentemente scoperte presso il laghetto di Montegrino. Nulla si sa del periodo romano anche se la presenza di insediamenti romani è attestata dai ritrovamenti effettuati nella vicina frazione di Bosco Valtravaglia. Durante il Medio Evo le vicende di Montegrino seguono quelle della Valtravaglia e della sua pieve, dapprima appartenenti alla Diocesi di Milano e feudo del monastero di S. Pietro in Ciel d'Oro a Pavia, per poi passare all'arcivescovo di Milano, e in seguito alle famiglie Rusca, Marliani e Crivelli. Il "Liber Notitiae Sanctorum Mediolani" di Goffredo da Bussero (fine XIII secolo) racconta che nel borgo c'erano due chiese, S. Gallo e S. Martino. Quest'ultima, di origine forse preromanica, sorge in posizione isolata, a picco sulla sottostante
vallata del Margorabbia; l'oratorio, ristrutturato nel '700, conserva affreschi di diversi autori (secoli XV-XVII), fra cui due di Guglielmo da Montegrino. Sul finire del XIV secolo le cronache documentano la presenza di un'altra chiesa, quella che oggi è la parrocchiale di Sant'Ambrogio il cui campanile reca chiari influssi romanici.
Nel 1578, Montegrino, con Bosco, contava 943 abitanti (più del 10 % della popolazione totale della Travaglia). Tale florida condizione era dovuta alle notevoli risorse naturali della zona, in particolare ai boschi e ai pascoli. Dapprima unita a Bosco, sul finire del '500, la comunità di Montegrino divenne autonoma allorché dietro vivaci pressioni della popolazione, il vescovo Gaspare Visconti staccò Bosco dalla cura di Montegrino.
Il 16 agosto 1848, reduce dalla vittoriosa battaglia di Luino contro gli austriaci, pernottò nel paese Giuseppe Garibaldi.
Nel XIX secolo la zona di Montegrino e Bosco conobbe un nuovo momento di benessere economico grazie alla bachicoltura che, con il proliferare del gelso portò profondi mutamenti anche all'ambiente naturale.
Nella seconda metà del XV secolo vi nacque il pittore Guglielmo da Montegrino, ma il figlio più illustre di questo borgo è senza dubbio Giovanni Carnovali detto "il Piccio" (1806-1873), che fu tra i più notevoli pittori italiani dell'Ottocento.
Oltre che dal capoluogo, il comune è costituito dalle frazioni di Bosco (notevoli i suoi murali), Castendallo, Sciorbagno, Bonera, Sorti, Riviera e Cucco, disseminate sul fianco della valle.

Giovanni Carnovali detto "il Piccio"

In centro a Montegrino Valtravaglia, in piazza Giovanni Carnovali, un busto di bronzo, opera dello scultore Egidio Giovanola, ricorda Giovanni Carnovali detto "il Piccio" la cui casa natale sorge nella medesima piazza.
Il grande pittore, figlio di un muratore, nacque a Montegrino Valtravaglia nel 1804, ma presto la famiglia si trasferì ad Albino, presso Bergamo.
A 11 anni frequentò la scuola del pittore neoclassico Diotti, presso l'Accademia Carrara di Bergamo, ma dimostrando subito grande personalità non seguì molto l'impronta stilistica del maestro. A partire dal 1831 condusse molti viaggi di studio a Parma (dove studiò i grandi artisti del Seicento, il Correggio e il Parmigianino), a Roma, in Francia e in Svizzera.
Sicuramente anticonformista e ambientalista ante litteram sul Piccio si narrano diversi aneddoti. Il più celebre ricorda come dopo il 1835, non mise più piede a Montegrino per protesta contro la costruzione della prima strada carrozzabile che deturpava il paesaggio e gli sfondi naturali da lui immortalati in molti quadri.
Un altro aneddoto racconta di quando volendo rivedere i suoi cari, dei quali da tempo non aveva più alcuna notizia, il pittore si mise in cammino verso Montegrino. Arrivò in paese ormai a notte fonda e giunto alla casa dei suoi, udendoli recitare il Rosario, quand'era ormai sull'uscio, cambiò idea e s'arrestò. Avendoli visti sereni e in buona salute, non entrò e riprese la via del ritorno.
La pittura del Piccio, mirabile per il notevole senso della luce, si ricollega alla grande tradizione del rinascimento lombardo. Nei dipinti e bozzetti che rappresentano scene bibliche, mitologiche e della storia di Roma, spiccano le tonalità accese, le atmosfere luminose e trasparenti, in cui è evidente l'influsso dei grandi pittori veneti settecenteschi (Guardi, Tiepolo, Pittoni e Zuccarelli).
Ottimo paesaggista (dedicò due disegni del paese natale), e rinomato ritrattista della borghesia e dell'aristocrazia lombarda, grazie ad un magistrale uso del chiaroscuro e ad un tocco pittorico molto moderno, il Piccio anticipa lo stile della Scapigliatura.
Giovanni Carnovali morì, annegando nel Po, presso Cremona nel 1873

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