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Sci alpinismo - Cima Soliva

 
  1. Scheda
 
  • Zona: Media Valtellina
  • Tipo: Sci alpinismo
  • Sigla: S34
  • Periodo consigliato:da gennaio a marzo
  • Punto di partenza:Vedello 1032 m (non nominato sulle cartine IGM) o Agneda 1228 m. La Val Venina si raggiunge staccandosi sulla destra dalla SS. 38 dello Stelvio all'uscita di Sondrio in direzione di Tirano (nel punto d'innesto della tangenziale cittadina con la vecchia SS 38). Traversata la ferrovia e l'Adda si procede verso Busteggia (fraz. di Piateda, 2 km da Sondrio). Da qui, si continua fino alla località Dosso (4 km c. da Sondrio) dove si imbocca, sulla destra, la deviazione per la Val Venina e Agneda. La strada procede dapprima in leggera salita verso Ovest varcando la condotta forzata che alimenta la sottostante centrale di Vedello (al successivo tornante s'innesta, da destra, una strada che sale direttamente da Busteggia). Superata per altre due volte la condotta forzata, presso un tornante si incontra la deviazione che, verso destra, entra in Val Venina. Il percorso procede pianeggiante, ma molto esposto, sul versante destro orografico della valle e raggiunge Vedello 1032 m. Qualora non ci fosse neve è possibile proseguire ancora, salendo con diversi tornanti fino ad Agneda 1228 m (10.5 km da Sondrio, di cui gli ultimi 1.5 km su strada sterrata).
  • Esposizione:a) NE - NW; b) NW
  • Tempo di percorrenza:5-6 ore
  • Dislivello:a) 1678 m b) 1595 m (ridurre di 200 m circa se si riesce a partire da Agneda)
  • Difficoltà:BSA (Buon sciatore alpinista)
  • Bibliografia:Miotti G. e Selvetti C. "282 itinerari di scialpinismo fra alto Lario ed Engadina" - Guide dalle Guide 1998
  • Cartografia:IGM 1:25.000 II NE «Piateda» e II SE «Pizzo del Diavolo»; IGM 1:50.000 «Sondrio»
  • Nota: occorre neve ben assestata da Agneda fino in cima.
  • Informazioni locali:Bollettino meteo e valanghe  AINEVA  tel. 0461 230030
 


 
mappa di Cima Soliva
  1. Percorso
 

Percorsi alla Cima Soliva e alla Quota 2647 m

a) Da Vedello proseguire lungo la strada sterrata che conduce ad Agneda e ad Ambria. Dopo alcuni tornanti si lascia, a destra, la deviazione per Ambria giungendo, poco dopo, al paesino d'Agneda 1228 m (in caso di scarso innevamento si può giungere fin qui con l'auto). Proseguire lungo la stradina sterrata che porta alla diga di Scais 1494 m e, sempre lungo di essa, costeggiare il lato destro del lago entrando in Val Vedello.

Toccata la Baita Cornascio 1599 m, si prosegue per il fondovalle raggiungendo un pianoro. Da qui si devia a sinistra e, sempre lungo la vecchia strada, si perviene alla grande costruzione in cemento dell'ex miniera di uranio, già ben visibile dal basso. Per ripide e strette vallette (attenzione) si entra nel vallone che sbocca alle spalle della miniera, compreso fra la Cima Soliva, a sinistra, e il torrione roccioso del Piz Cavrin a destra. Risalire interamente il canalone raggiungendo una larga sella situata tra la Cima Soliva e la Quota 2647. Lasciati gli sci si sale in cima per la facile dorsale Sud-ovest.

b) La Quota 2647 m è situata sulla cresta fra la Cima Soliva e il Pizzo Grò, alle spalle (E) del torrione roccioso del Piz Cavrin in Val Vedello. Per la salita seguire l'itinerario precedente fino alla miniera di uranio. Da qui deviare verso destra e, aggirando da lontano la base della rocciosa torre del Piz Cavrin, entrare a sinistra nel vallone compreso fra questa cima e il Pizzo Grò. Risalire il vallone fino alla base di un ripido canalino che, con condizioni di neve sicura, può essere salito per 3/4 con gli sci e, in seguito, a piedi. Raggiunta la cresta spartiacque si volge a sinistra e per facili roccette si raggiunge la vetta.

  1. Approfondimento
 

Miniere e laghi artificiali: uno sfruttamento che dura da secoli.

Chi entra oggi nella Val Venina, o in una delle sue confluenti, difficilmente sarà portato a sospettare che questi luoghi, in buona parte negletti e abbandonati, hanno conosciuto momenti di intensissima frequentazione umana. A parte le tradizionali attività legate alla pastorizia e alla selvicoltura, le vallate orobiche, e quindi anche quelle descritte nel nostro itinerario, sono state, fino al secolo scorso, un importante polo minerario per l'estrazione del ferro. Le rocce di queste antiche montagne sono, infatti, molto ricche di siderite e altri minerali ferrosi. Tutto il territorio è costellato da vecchie mulattiere ormai, spesso, quasi irriconoscibili, dai ruderi di forni per la cottura del materiale grezzo, dai segni di una vivace attività che non conosceva i limiti naturali imposti dall'orografia e si sviluppava sui due versanti delle Orobie. Le prime notizie certe legate all'estrazione del ferro in Val Venina riportano al 1300, epoca in cui le cronache parlano di un grande forno fusorio esistente a Vedello. La presenza fra queste selvagge vallate di notevoli paesi, come Agneda e Ambria, è giustificata principalmente dalla fiorente attività legata all'estrazione e alla lavorazione del ferro che qui si conduceva.
L'estrazione del minerale ferroso cominciò a diventare economicamente poco redditizia a partire dal XIX secolo per interrompersi definitivamente alle soglie del secolo scorso.  Per qualche tempo queste valli conobbero la pace, ma anche abbandono. Si pensi ad esempio che nel 1800 vivevano in Agneda sette famiglie contro le cinquantanove ivi residenti nel 1589.
Nel 1915 la società Falck iniziava un imponente progetto che prevedeva la realizzazione di una serie di bacini idroelettrici nelle valli Livrio, Venina e Scais. Si tratta di opere di notevole importanza e, ancor oggi, di grande valore tecnico, in considerazione delle difficoltà che si dovettero superare fra questi aspri monti. Inoltre, tutto il sistema di bacini è collegato da una serie di decauvilles che si sviluppa nel sottosuolo per molti chilometri. Conclusa anche la parentesi dello sfruttamento idroelettrico, sembrava che nulla potesse più disturbare la quiete tornata un'altra volta fra i monti. Invece, negli anni '60 del 900, sulla base di promettenti rilievi geologici, la società AGIP diede il via ad un tentativo piuttosto avanzato per l'estrazione di materiale radioattivo alle falde della Cima Soliva. Le infrastrutture realizzate sono oggi un punto di riferimento per i nostri percorsi, ma non sono più in funzione.

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