Passeggiate - Mortirolo, valico dimenticato, e il forte del Monte Pagano

Contenuto della pagina: scheda completa del percorso «Mortirolo, valico dimenticato, e il forte del Monte Pagano»

  1. Scheda
  2. Percorso
  3. Approfondimento
 
  • Zona: Valcamonica
  • Tipo: Passeggiata
  • Sigla: A69
  • Periodo consigliato: da giugno ad ottobre
  • Punto di partenza: Passo del Mortirolo e termine della carrozzabile dell'alta valle di Grom presso il Col di Val Bighera
  • Tempo di percorrenza: 1 ora per la salita al Monte Pagano.
  • Dislivello: 348 m circa la salita al Monte Pagano.
  • Difficoltà: T (Turistica)
  • Bibliografia: Belotti W. "Le testimonianze della Grande Guerra nel settore bresciano del Parco Nazionale dello Stelvio", Ed. Museo della Guerra Bianca in Adamello - Sondrio 2003.
  • Cartografia: Carta Escursionistica Kompass 1:50.000 n° 94 «Edolo-Aprica»; IGM 1:50.000 «Tirano».
 


 
mappa di Mortirolo, valico dimenticato, e il forte del Monte Pagano

Salita alla fortezza del Monte Pagano

Dal valico, imboccata la strada per Monno ed Edolo, si procede per circa duecento metri fino ad incontrare una deviazione a sinistra, appena prima delle costruzioni dell'Albergo Mortirolo. Prendendo questa carrozzabile si entra sul tracciato di una vecchia strada militare, ora asfaltata, che, quasi pianeggiante, s'addentra nella Valle Varadega e, dopo esserne uscita sul versante opposto, nell'alta Valle di Grom. Le due valli confluiscono più in basso a formare quella del Mortirolo che, a sua volta, sbocca nell'alta Valcamonica all'altezza di Monno. Il Monte Pagano, meta principale della gita a piedi, forma il versante sinistro orografico della Valle di Grom con una lunga dorsale spoglia e brulla. La strada traversa il torrente di fondovalle poco prima di una casera, portandosi sotto le pendici del Pagano. A questo punto, percorsi altri 200 metri circa, è possibile lasciare l'auto e salire verso destra, su un breve pendio di cespugli e radi larici, per raggiungere il sentiero principale in corrispondenza di un'ampia sella di cresta fra il Monte Pagano a Ovest e la tondeggiante sommità del Pianaccio. In alternativa si può procedere in auto ancora per qualche centinaio di metri e, dopo aver parcheggiato (dalla deviazione circa 7 km), imboccare a destra una sterrata che porta presso un pannello ligneo dal quale, piegando bruscamente a Ovest, inizia il sentiero che porta alla nostra meta.

Il percorso è molto facile e si svolge lungo il panoramico crestone della montagna superando tre successivi ripidi strappetti. Raggiunta quella che potremmo definire l'anticima del Monte Pagano 2316 m, procediamo ancora per cresta fino alla vetta completamente circondata da un mirabile fortilizio costruito quassù nel periodo 1915-1918 a guardia del Passo del Tonale.

Ci troviamo in un ambiente veramente grandioso, circondati da un mare di vette e di vallate che si perdono a vista d'occhio. Da quassù si gode un'ottima vista su tutto il gruppo dell'Adamello formante il versante sinistro orografico dell'alta Valcamonica che s'apre sotto i nostri piedi, verso Est, chiusa in fondo dal Passo del Tonale. A Sud, spesso celato da sottili nebbioline da cui emergono le vette della Concarena, s'indovina, più ampio, il solco principale della Valcamonica, da Edolo verso il Lago d'Iseo. A Sud-ovest ecco le cime che formano il gruppo del Telenek, estremo nodo orientale delle Alpi Orobie, inciso a settentrione dalle belle valli di Brandet e Campovecchio. Oltre queste montagne s'indovina la sagoma possente del Monte Torena e, poi, tutta la catena orobica fino al suo estremo limite opposto: la caratteristica piramide del Monte Legnone.
Il forte del Monte Pagano si presenta come un grande recinto perfettamente realizzato in muratura a secco. Vi si accede mediante due porte ad arco, sempre magistralmente realizzate a secco. All'interno si trovavano alcune costruzioni, forse gli alloggiamenti per la truppa, oggi purtroppo distrutte; un piccolo spalto corre all'interno della cinta. Quassù, da questa postazione isolata e remota, non è possibile non far galoppare la fantasia alla Fortezza Bastiani del "Deserto dei Tartari". Silenzio, immensità, gradi spazi vuoti e, in fondo, il Tonale che cela quello che c'è oltre. Chissà se fra queste mura ha consumato parte della sua vita un Tenente Drogo, vigilando ad aspettare invano che, da quel passo lontano, comparissero i "Tartari" invasori?

Al ritorno è possibile sostare e ristorarsi presso l'Albergo del Mortirolo. Avendo tempo a disposizione consigliamo di rientrare utilizzando la strada che, affacciata sulla Valtellina corre poco sotto la dorsale spartiacque con la Valcamonica, puntando verso Sud-ovest. Dopo un lungo ma quanto mai vario e interessante percorso si raggiungono, in successione, Trivigno, Pian Gembro e il Passo dell'Aprica da dove si rientra a destinazione.


Il Passo del Mortirolo

Questa gita si svolge in un angolo molto suggestivo e ricco di testimonianze storiche, già in territorio bresciano, ma molto vicino allo spartiacque con la Valtellina. Consideriamo già parte del percorso la salita in auto, sulla stretta e ripidissima stradina che, da Mazzo di Valtellina, porta al Passo della Foppa, erroneamente detto da tutti Mortirolo. Una volta raggiunto il valico, da cui si gode una vista veramente estesa sulla Valtellina e sull'alta Valcamonica, possiamo decidere il da farsi: ci si prospettano diverse possibilità.

Proprio al Passo della Foppa, sulla sinistra di chi sale dalla Valtellina, inizia un breve percorso che in pochi minuti porta a quanto rimane delle vecchie opere difensive erette durante la Grande Guerra e, poi, sulla larga dorsale di pascoli e rocce affioranti dello spartiacque con l'alta Valcamonica.
In alternativa, o come aggiunta, potrete riprendere l'auto e portarVi sotto il vicino Monte Pagano, sulla cui vetta sorge un bellissimo fortilizio dalle mura a secco, conservato ancora praticamente intatto a quasi cent'anni dalla sua costruzione.

Ma procediamo con ordine perché, per prima cosa, dobbiamo raggiungere il Mortirolo. Al valico si arriva sostanzialmente in due modi. Si può risalire la Valcamonica fino a Edolo e poi, seguendone il ramo orientale per pochi chilometri, imboccare a sinistra la deviazione per Monno e il passo. Vi si può giungere dalla Valtellina, deviando dalla SS38 all'altezza del borgo di Mazzo di Valtellina, soluzione qui proposta. L'imbocco della strada, non molto evidente, si trova sul vecchio tracciato della Statale, poco prima di entrare in Mazzo, alla periferia meridionale del paese. Fatte poche centinaia di metri fate d'attenzione a non mancare la giusta direzione, resa improbabile da una secca svolta a sinistra (cartello indicatore). La strada procede quindi per un tratto verso Mazzo e poi, svoltando a destra inizia la lunga salita verso il valico, lambendo la turrita sagoma del Castello di Pedenale. Lo stretto nastro d'asfalto si snoda quasi sempre al riparo della selva sbucando ogni tanto in piacevoli radure dove sorgono baite e antiche abitazioni quasi tutte ben restaurate. Ogni diramazione è segnalata con un cartello di legno che indica la località cui porta. Tutto il territorio circostante reca il segno del profondo amore che le genti locali portano verso i loro monti. In molti tratti la pendenza è veramente elevata e alcune scritte sull'asfalto o sui muri laterali ci ricordano che questa strada fa parte, anzi, è il clou, di una delle più temute tappe del Giro d'Italia. Durante i mesi estivi sono centinaia i ciclisti che, dopo essersi ben allenati, vengono a misurare su questi tornanti la forza dei loro garretti e la capacità dei loro polmoni.

Solo ormai quando ci troviamo nel pressi del punto di scollinamento la pendenza della strada diventa "ragionevole" mentre i diagonali che separano i tornanti si fanno più lunghi e riposanti. Il bosco, prima costituito da latifoglie, è stato gradualmente sostituito dagli abeti e dai larici che nella stagione tardo autunnale conferiscono una splendida nota di colore a queste montagne. L'orizzonte si è aperto: quasi di fronte a noi, verso Nord-est, sul versante destro orografico valtellinese, svettano le possenti sagome del gruppo Cima Viola-Cima Piazzi che superano abbondantemente i 3000 metri. A Sud-ovest di queste cime, proprio sopra la Valtellina, s'apre la bella conca di Schiazzera sovrastata a sinistra dalla massiccia mole del Monte Masuccio 2816 m, la montagna di Tirano. Ancora più ad occidente, oltre il solco della Val Poschiavo che da Tirano taglia le montagne verso Nord, ecco le glaciali cime del gruppo del Bernina. Si vedono quasi tutte le più importanti. Il Pizzo Argent, lo Zupò, il Monte Bellavista e il Palù. Sono vette che sfiorano i 4000 metri e che, a volte, appaiono un po' come un'isola fatata, sospesa sulle nebbie.
Ma, come vedremo il panorama è splendido in ogni altra direzione.

Il Mortirolo fra storia e leggenda

Il toponimo Mortirolo sembra derivare dal latino medioevale "morter" che indicava una zona ricca di pascoli tortosi. In effetti il territorio circostante, dolcemente modellato dai ghiacciai del Quaternario, presenta numerosi pianori umidi alternati ad ampie valli poco ripide e a tondeggianti dorsali. Forse quel "tirolo", finale nel nome, segnala anche che questo strategico passaggio è stato per millenni importante via di transito da e verso quella regione. Il Passo della Foppa dove transita l'attuale strada e quello del Mortirolo sono distanti poche centinaia di metri e da essi, dopo un primo tratto in comune, si dipartivano diverse mulattiere verso Grosio, Mazzo, Lovero. Un ascia di bronzo, sembra rinvenuta quassù anni or sono, testimonia il passaggio di popolazioni preistoriche, forse quegli stessi Camuni che dopo aver istoriato le pietre della loro valle decorarono anche la Rupe Magna di Grosio. Una leggenda racconta di un grande scontro verificatosi presso il valico fra le truppe di Carlo Magno e quelle di un certo duca d'Aumont. Documentata storicamente è, invece, la battaglia svoltasi nel 1799, sotto una tremenda bufera, fra napoleonici ed austriaci. Data la sua grande valenza strategica, a più riprese il Mortirolo fu interessato da operazioni militari. Nel 1848, lo attraversarono, in fuga dagli austriaci, le truppe italiane; nel 1866 qui fu posta una guarnigione a sentinella di una possibile invasione austriaca e, ancora, durante la Grande Guerra, sempre contro gli austriaci, tutte le cime circostanti furono fortificate. Fra il 1943 e il 1945 il passo fu tenuto dalle formazioni partigiane delle Fiamme Verdi che si consumarono in durissimi scontri contro fascisti e nazisti. La famosa "Battaglia del Mortirolo" svoltasi in due fasi distinte è stata, a detta di molti storici, la più grande battaglia campale combattuta dai partigiani in Italia.

Le fortificazioni del Dosso Signeul

A queste linee difensive si giunge salendo dal passo verso Est (cartellini indicatori e segnaletica bianco-rosso-verde). Lasciata l'auto presso il bivio immediatamente successivo al valico, in pochi minuti di facile sentiero si giunge sul Dosso Signeul in bella posizione panoramica. Nei dintorni, fra i prati e il rado bosco di larici, si possono osservare le linee fortificate della Grande Guerra. Nella zona si trovano anche i cippi che ricordano le Fiamme Verdi perite quassù durante la Resistenza.

  • Poco prima del Passo della Foppa, ancora sul versante valtellinese: le Alpi Orobie e la squadrata sagoma del Monte Torena.
  • La breve salita che porta alle fortificazioni militari del Dosso Signeul.
  • Il sentiero che percorre la cresta verso il Monte Pagano.
  • Ecco infine il fortilizio presso la vetta: alle spalle le Alpi Orobie.
  • Dal centro del forte uno sguardo verso Sud, sulla Valcamonica e le cime del Monte Aviolo e del Monte Baitone.
  • Verso Est, in fondo alla valle si trova il Passo del Tonale; a destra le vette maggiori dellÂ'Adamello.
  • Veduta verso Nord: in primo piano, la Cima di Grom ed i Monti Seroti; sullo sfondo le vette Cima Viola-Cima Piazzi.