Escursioni - I tesori della Val Sissone

Contenuto della pagina: scheda completa del percorso «I tesori della Val Sissone»

  1. Scheda
  2. Percorso
  3. Approfondimento
 
  • Zona: Media Valtellina
  • Tipo: Escursione
  • Sigla: E50
  • Periodo consigliato: da luglio ad ottobre
  • Punto di partenza: Chiareggio, metri 1620. Chiareggio si raggiunge da Chiesa in Valmalenco imboccando la valle del Mallero e in direzione di San Giuseppe
  • Tempo di percorrenza: 6/8 ore per l'intera gita
  • Dislivello: 1000 m circa
  • Difficoltà: EE (Escursionistica per esperti) percorso di lunga lena da effettuarsi con buone condizioni meteo.
  • Bibliografia: Canetta N. e Corbellini G. "Alta Via della Val Malenco"; CdA-Vivalda Editori, Torino 2004
  • Cartografia: Carta Nazionale Svizzera (CNS) 1:50.000: «Monte Disgrazia»; Carta Escursionistica Kompass 1:50.000 n° 93 «Bernina-Sondrio»; IGM 1:25.000 - «Monte Disgrazia»
  • Informazioni locali: Consorzio turistico Sondrio-Valmalenco, Sondrio - Via Tonale, 13 - 23100 Sondrio - tel. +39 0342 219246 - info@sondrioevalmalenco.it Chiesa Valmalenco - Località Vassalini - 23023 Chiesa V.co - tel. +39 0342 451150
 


 
mappa di Val Sissone

Percorso

Lasciata l'auto nel vasto parcheggio situato sulla sinistra idrografica del torrente Mallero, poco sotto l'abitato di Chiareggio, ci s'incammina verso Ovest, lungo l'ampia pianura alluvionale del Pian del Lupo.
Puntando allo spartiacque che divide la Val Sissone dalla Val Muretto, che scende da Nord, si entra in un caratteristico bosco di larici. Tra le cime degli alberi, s'iniziano ad intravedere il Monte Disgrazia, il Monte Sissone, la Punta Baroni e le Cime di Chiareggio: montagne che accompagneranno la nostra escursione in tutto il loro splendore.
L'itinerario procede fino ad un piccolo ponte, sotto il quale, scorrono le acque che scendono dalla Val Muretto, dalla Val Bona e dai circhi dell'Alpe Vazzeda.
Sorpassato il ponte, si procede verso sinistra e con un breve traverso si arriva all'antico nucleo abitativo dell'Alpe Forbesina, dove sono situati alcuni tra i migliori esempi d'architettura rurale malenca. Procedendo tra baite e fienili, in parte abbandonati ed in parte esemplarmente ristrutturati, ci s'inoltra nel fondovalle della Val Sissone.
Il sentiero procede tra i docili saliscendi d'alcune piccole conoidi di deiezione a tratti interrotti dai depositi alluvionali accumulatisi durante le calamità del 1987. Lasciando il torrente Mallero sempre sulla sinistra del nostro cammino, ben presto si comincia a vedere l'ampia morena di sponda depositata dal Ghiacciaio del Disgrazia durante la Piccola Età Glaciale.
Raggiunto il cordone, si rimonta in breve fino alla sua sommità per facili tracce tra i massi. Da qui il sentiero si arrampica per ripidi tornanti fino alle vaste praterie che sorgono sul fianco sinistro idrografico della Val Sissone, a partire da una quota di 2300 metri. Lasciata alle spalle la prima e vera grande fatica dell'escursione, è giunto il momento per godersi un primo entusiasmante scorcio panoramico.
Puntiamo allora il nostro sguardo verso Sud. La parete Nord del Monte Disgrazia, con i suoi seracchi sospesi, il ghiacciaio pensile del Disgrazia, solcato da migliaia di impressionanti crepacci si palesano davanti al nostro sguardo, così vicini e imponenti da dare la vana impressione di poter essere toccati con mano.
Uno scenario decisamente sconvolgente, in cui tutto è dominato dalla selvaggia violenza della roccia verticale e del ghiaccio, che si trova solo a poche centinaia di metri dai nostri occhi.
Da Nord e verso Ovest, invece, sfilano nell'ordine la Cima di Vazzeda, la Cima di Rosso, il Monte Sissone e la Punta Baroni, quasi a vegliare sornione sul nostro cammino.
È ora giunto il momento di rimettersi in marcia. Procedendo in direzione Ovest per tracce che vanno via via svanendo, cancellate dal tempo e dall'erba, si procede in direzione di un'imponente morena, alta circa cento metri, che, poco più di un secolo fa, era lambita dalle lingue del ghiacciaio di Cima di Rosso e del Monte Sissone. Risalire la morena costituisce un'ulteriore fatica del nostro cammino che volge verso il suo primo vero traguardo. La difficoltà di questo tratto può essere superata perdendosi con lo sguardo a contemplare le numerose varietà litologiche di cui essa è costituita nonché le diverse specie botaniche che colonizzano i suoi fianchi e tra cui è necessario ricordare, l'arnica, il cardo e l'artemisia genepì.
Un ulteriore piccolo sforzo da compiersi percorrendo la cresta della morena, conduce alla nostra meta. Le ampie piane proglaciali del ghiacciaio di cima di Rosso e del Monte Sissone sono un ottimo punto panoramico per ritornare ad ammirare le montagne viste nello stop precedente, per fare uno spuntino o più semplicemente per osservare da vicino la fronte di un ghiacciaio. Ma il vero tesoro di quest'area sono i minerali che si nascondono nei suoi sassi, quindi perché non provare ad aguzzare la vista tra un boccone e l'altro?
La nostra gita non è ancora conclusa e la via del rientro, lungo un percorso diverso da quello dell'andata, ha in serbo ancora delle sorprese.
Scendiamo dalla nostra morena e puntiamo decisi verso Est, facendo ben attenzione a non scendere troppo di quota, fino a prendere le tracce che conducono ad una forcella situata a quota 2408 m.
Da questo piccolo passo si può osservare il circo glaciale dell'alpe Sissone mentre sopra la bastionata rocciosa a Nord della valle s'intravede la prossima tappa del nostro cammino: il Rifugio Del Grande e Camerini.

Si scende ora dalla forcella per una ripida scalinata in pietra e si attraversa il circo, sempre seguendo il sentiero principale, fino a superare un ruscello che sgorga dalla parte mediana dello stesso.
Da questo punto, se si segue il sentiero è possibile scendere all'Alpe Sissone, a quota 2290, e quindi, per ripida traccia, scendere fino al fondovalle.
Abbandoniamo questo percorso e saliamo, invece, sulla sua sinistra, puntando alla bastionata rocciosa che orla la semicirconferenza e ci dirigiamo verso la prossima meta.
Per ripidi tornanti, segnalati da ometti e bolli di vernice, giungiamo di fronte ad una piccola parete rocciosa, superabile con passi di I grado e che in pochi metri conduce alla cresta su cui sorge il Rifugio Del Grande e Camerini. Una volta sul filo di cresta il rifugio si raggiunge in pochi minuti per più facile sentiero. Lo spettacolo che si gode dalla terrazza antistante il rifugio è decisamente singolare specialmente nel tardo pomeriggio, quando i raggi di sole, ormai bassi sulla Punta Baroni e sulle Cime di Chiareggio, tingono di rosso i seracchi creando suggestivi giochi di luce e di colore.
Verso Est spunta solitario l'horst del Pizzo Scalino, richiamandoci all'attenzione per la sua forma un po' simile a quella del Cervino. "Ma ci siamo anche noi!"- riecheggiano lontano le cime dei pizzi Argient, Zupo', Bernina e Roseg mentre più vicina, incombe di fronte a noi la grande muraglia rossastra della Sassa d'Entova.
La discesa dal rifugio inizia traversando verso Nord, in direzione della Val Muretto, il vasto pendio situato dietro il rifugio Del Grande. Il sentiero, dopo aver attraversato numerosi ruscelli ci conduce fino a un dosso, dal quale si scende, passando tra pini mughi e cespugli di rododendro, fino all'alpe Vazzeda superiore (quota 2033 metri). Questo alpeggio è uno dei più importanti siti rurali segnalati dal Museo Etnografico della Valmalenco.

Dopo una veloce visita alle baite si riprende la discesa verso l'Alpe Vazzeda inferiore.
Il sentiero si tuffa ora nel bosco per riportarci in breve a fondovalle, proprio in prossimità di quel ponticello dove avevamo preventivato di bagnare i nostri piedi al rientro dalla gita.
Via gli scarponi quindi: dopo un percorso come questo, non vi è nulla di meglio di un pediluvio glaciale!

I minerali della Val Sissone

Per la tipologia delle sue rocce e per i fenomeni geologici che le hanno interessate, la Val Sissone è meta ambita per i cercatori e gli appassionati dei minerali. Il quadro geologico di questa valle può essere sintetizzato invocando una sequenza di meccanismi geodinamici abbastanza complessa, che parte dall'apertura dell'oceano tetideo, all'appilamento dell'edificio a falde alpino fino ad un episodio relativamente più recente, datato circa trenta milioni di anni, che è l'intrusione del plutone del Masino-Bregaglia.
Sempre volendo fare una forzata semplificazione, per rendere più comprensibili alcuni concetti, non troppo digeribili ai più, si può dire che una trentina di milioni di anni fa, le rocce delle Alpi Centrali, già sovrapposte in falde si trovavano ad una temperatura che si può definire più o meno "fredda". Ad un certo punto, per un meccanismo, molto simile alla fiamma che fa bollire l'acqua in una pentola su un fornello, parte da sotto un'enorme bolla di magma. La massa tende a risalire attraverso le falde, le lacera dove possibile ma non riesce ad arrivare in superficie e si ferma ad una profondità di poco inferiore ai dieci chilometri e si solidifica. La solidificazione è un processo che cede calore all'ambiente circostante e così le rocce che ospitano la bolla, dette anche incassanti, vengono progressivamente riscaldate dando luogo a reazioni chimiche che facilitano la formazione di minerali particolari. La bolla di magma solidificata in episodi diversi prende il nome di plutone.
A questo punto un elenco delle specie mineralogiche rinvenute in Val Sissone, e sono centinaia, nonché una rivista dei meccanismi di messa in posto delle medesime sarebbe eccessivo e fuorviante. Ricordiamo per completezza alcuni nomi di minerali noti e meno noti quali il berillo varietà acquamarina, lo zircone, lo spinello, il granato nelle varietà spessartina, piropo e andradite, la tormalina, il diopside, l'epidoto, la rodonite e il quarzo.
Per trovare i minerali in Val Sissone non è strettamente necessario munirsi di mazza ed esplosivi: talvolta è sufficiente camminare tra i massi del fondovalle per rinvenire qualche campione interessante!

La leggenda del Monte Disgrazia

Ecco di seguito una breve leggenda alpina che riguarda il Monte Disgrazia.
Sul fianco meridionale della montagna, più o meno nei paraggi dell'attuale piana di Preda Rossa, vi erano un tempo numerosi pascoli rigogliosi, dove molti pastori facevano pascolare il proprio bestiame con grande produzione di latte e formaggi. Un giorno un viandante bussò alle baite dell'alpeggio chiedendo ospitalità. I pastori non vollero ristorare il poveretto che dovette vagare di baita in baita, alla ricerca di qualcosa da mangiare e di un po' di fieno su cui potersi, riposare almeno per una notte. Finché la ricerca del viandante non fu appagata dall'ospitalità di un pastore più generoso degli altri.
Sul seguito della leggenda vi sono alcune discordanze dovute alle diverse versioni circolanti. Ciò che conta è che la storia va a finire più o meno così. Una calamità naturale ricoprì di ghiaccio e rocce i pascoli fatta eccezione per quelli del pastorello generoso, che continuarono a ricoprirsi di fiori a primavera e a sfamare le sue bestie. Qualcuno ha voluto interpretare la leggenda in chiave religiosa indicando nel personaggio del viandante la figura di Gesù Cristo. Qualcun altro, più scettico, spiega il racconto argomentandolo con le glaciazioni della Piccola Età Glaciale che fecero improvvisamente scomparire ettari ed ettari di pascoli su tutte le Alpi.

  • Divagazione sulle vicine vedrette: un inghiottitoio del ghiacciaio.
  • Nei pressi del Rifugio Del Grande: panorama verso le Cime di Chiareggio.
  • Sguardo verso Sud: in primo piano si nota un segno triangolare dell'Alta Via della Val Malenco.