Escursioni - Il Sentiero dei Ciclopi

Contenuto della pagina: scheda completa del percorso «Il Sentiero dei Ciclopi»

  1. Scheda
  2. Percorso
  3. Approfondimento
 
  • Zona: Media Valtellina
  • Tipo: Escursione
  • Sigla: E-5
  • Periodo consigliato: generalmente tutto l'anno
  • Punto di partenza: Parcheggio in località Sasso Remennno Val Masino (vedi in descrizione percorso). Il grande monolite del Sasso Remenno sorge sulla sinistra della carrozzabile di Val Masino nel tratto fra i paesi di Filorera e San Martino. La località si raggiunge in circa 11 km, tramite la SS 404 della Val Masino che si stacca dalla SS 38 dello Stelvio all'altezza del paese di Ardenno (114 km da Milano).
  • Tempo di percorrenza: il sentiero normale, senza la variante del Canyon dei Sassi delle Capre, richiede come minimo 2 ore di cammino comprese le soste.La sola percorrenza della variante del Canyon dei Sassi delle Capre richiede circa trenta minuti.
  • Dislivello: 160 m
  • Difficoltà: E (Escursionistica)/EE (Escursionistica per esperti). Per quanto facile, si consiglia di affrontare il Sentiero dei Ciclopi con adeguate calzature da montagna evitando di percorrerlo dopo recentissime piogge che potrebbero aver reso scivolosi i pochi e pur facili passaggi.
  • Bibliografia: Miotti G. - Vannuccini M. "Il Sentiero dei Ciclopi", Guide dalle Guide, Sondrio 2004
  • Informazioni locali: Centro Polifunzionale della Montagna, Via Moss, 1 - 23010 - Filorera, Valmasino - (SO) - Italy Tel / Fax +39 0342 640004
 


 
mappa di Il Sentiero dei Ciclopi

Percorso

Il sentiero inizia nell'ampio piazzale parcheggio situato a Nord del gruppo di massi della TORCIA e cioè circa duecento metri a valle rispetto al Sasso Remenno. Un vecchio cartellino giallo indicante "La Torcia e Lo Scivolo" e la bacheca con la nuova carta del Sentiero dei Ciclopi, mostrano la direzione. In breve, lambiti alcuni alberi di Noce, eccoci sotto l'aguzza sagoma dell'APERACHEIO (il nome ricorda una poesia che iniziava con: "Un'ape era che io"). Uno stretto passaggio ostruito da un blocco che possiamo superare sia montandoci sopra sia strisciando fra esso e L'OROLOGIO del TEMPO (il masso cui si appoggia L'APERACHEIO), porta alla stretta cavità fra L'OROLOGIO del TEMPO e la TORCIA, che sbuca in uno spazio più aperto dove, sulla destra, compare la bella sagoma del masso MUREX PECTEN. Il sentiero prosegue passando fra una ceppaia di Olmo montano, a destra, e alcuni Ciliegi selvatici, a sinistra. In breve si è ai piedi della strapiombante parete Nord del SASSO delle CREPE dove, sulla sinistra, si trovano dei Prugnoli e alcune piante di Rosa canina. Piegando a destra si arriva nel prato prospiciente il meraviglioso SCIVOLO, forse il blocco più bello e caratteristico del percorso. Il grande masso sembra tagliato artificialmente tanto è liscia ed uniforme la sua parete: invece si tratta di una "scultura" naturale veramente unica. Aggirato a destra lo SCIVOLO procediamo a zig zag su blocchi minori puntando all'evidente grandioso complesso di monoliti dei CINQUE FRATELLI. Si tratta di cinque enormi sassi i cui nomi, procedendo da sinistra, sono IL GRANDE STRAPIOMBO, YA HOZNA, IL CUNEO, PIANENGO STONE e il CLITOREX. Passando nella grande grotta formata dal CUNEO e CLITOREX sfiliamo sotto la strapiombante mole del PIANENGO STONE in un ambiente dove le rocce sono colonizzate da felci, licheni gialli, muschi, sassifraghe e ciuffi di erba coriacea sopravvissuta alle capre (Festuca varia). Risaliamo una placchetta verso destra e prendiamo quota uscendo da questo mondo di pietra procedendo nel "bosco" tipico della zona, costituito da un noccioleto (corileto) con presenze di abete rosso, larice, acero montano, frassino, ciliegio selvatico. Un ripido tratto, e un'ultima deviazione verso destra su blocchi minori, ci portano ad un bivio alla base di due bei massi alti 4/5 metri.
A) Procedendo verso sinistra si traversa in leggerissima salita fino alla base di un altro grande masso dove, evitando l'invitante traccia verso sinistra, saliamo a destra aggirando il blocco per portarci alle sue spalle (si può ora facilmente salire in groppa al masso da dove si ha una bella panoramica sui massi della TORCIA e dell'ANO). Dopo qualche tornante nel boschetto si torna a piegare verso sinistra fino a che il sentiero piega nuovamente a destra e sale nella boscaglia raggiungendo i piedi del magnifico obelisco della TORRE formante un insieme assai suggestivo per la rete di cunicoli che lo attraversa. Qui ci sono alcuni Biancospini e un Maggiociondolo.
Aggirando verso sinistra il piede della TORRE si lambiscono due macigni arrivando sotto un grande strapiombo alla cui sinistra si apre una grotta fra due massi (ometto di sassi). Ci s'infila nella grotta e se ne esce superando un piccolo risalto. Al di sopra è possibile aggirare, verso sinistra, il più grande dei due massi della grotta ed arrivare sul pianeggiante dorso di un altro gigante di granito da dove si può avere un'altra bella vista panoramica sulla zona, sui soprastanti SASSI delle CAPRE e sul GRANDE GRIGIO. Tornanti sul sentiero principale si taglia orizzontalmente a destra nel bosco, si aggira un macigno e si scende brevemente in una valletta compresa fra i SASSI delle CAPRE e un altro gigantesco monolite sulla destra. Con un suggestivo passaggio in questo primo piccolo canyon si giunge, così, alla base del grandioso "Antro di Polifemo" sorvegliato da un bel Sambuco e, alla sua sommità, da un Pero corvino che si protende dalla sommità dei SASSI delle CAPRE. Si piega a sinistra entrando nell'Antro uscendo poco dopo nella piccola valletta compresa fra il GRANDE GRIGIO, a destra, e i SASSI delle CAPRE, a sinistra. Qui vale la pena di riposare e godere la tranquillità di questo luogo nascosto, riflettendo sul microclima locale: la quota è intorno ai 1000 metri, e, nel noccioleto che ha sostituito in parte l'originario acero-frassineto iniziano a comparire elementi della faggeta, come il già citato Agrifoglio e, in alto a destra, una ceppaia di faggio. Anche il cespo di rododendro sull'orlo di uno dei massi indica un microclima fresco. Salendo, poi, per la valletta l'ipotesi viene confermata dall'osservazione, nel sottobosco, delle prime, pur se stentate, pianticelle di mirtillo nero e rosso.
B) Prendendo a destra si arriva in breve ad una piccola grotta formata da due massi appoggiati oltre la quale svettano due grandi monoliti affiancati, LAMA BIANCA e LA PIRAMIDE GRIGIA. Lambendo, a sinistra, la parete di LAMA BIANCA ci s'infila in uno stretto passaggio fra questa e un piccolo blocco (passaggio aggirabile allargandosi più a sinistra) e poi si continua direttamente nel bosco per arrivare nella Grotta della LAMA formata da un sottile lastrone appoggiato ad un masso sulla sinistra. Passati sotto la Grotta della LAMA si sale per pochi ripidi metri e si arriva sulla soglia dell'Antro di Polifemo.
Dalla valletta compresa fra i SASSI delle CAPRE e il GRANDE GRIGIO saliamo brevemente verso destra portandoci alla base della liscissima e verticale parete del GRANDE GRIGIO. Un sentierino permette di costeggiare il muro granitico verso destra. La traccia prosegue poi, sempre più marcata, portandosi alle spalle della poco rilevata sommità del GRANDE GRIGIO che si raggiunge facilmente. Da quassù si nota chiaramente la differenza tra la vegetazione del lato Sud (sorbo montano, nocciolo, biancospino) e quella del lato Nord (betulla, salicone, maggiociondolo, rododendro). La vetta è un privilegiato punto di osservazione sia verso S. Martino e l'imbocco della Val di Mello, sia verso Filorera, ed era quindi a questo scopo frequentato anche nel passato, da antichi abitanti che, in caso di pericolo, potevano rifugiarsi nell'impervia Val della Pietra. Dal vertice del GRANDE GRIGIO, oltre al panorama su vallate e vette circostanti, si ha un'ottima visione prospettica dell'intero settore percorso dal Sentiero dei Ciclopi: i grandi massi sono disposti quasi a corona attorno ad un bacino interno in cui gli abeti rossi stanno soppiantando i noccioli; nella parte inferiore spiccano i giardini pensili dei massi di maggiore dimensione. Dalla cima del GRANDE GRIGIO, salendo per traccia verso destra si raggiunge in breve un sentiero più marcato che, in circa 15 minuti di cammino, porta verso destra, nel cuore della Val de la Preda, nei pressi del torrente che la percorre. Qui, sotto alcuni grandi massi, si trovano alcuni arcaici ripari in pietra usati dai pastori come ricovero e come deposito per la conservazione dei latticini.

Discesa

Usciti dall'Antro di Polifemo, e percorsi pochi metri, traversiamo in piano verso sinistra per poi perdere quota con alcune curve e tornare a traversare verso sinistra in leggera discesa. Improvvisamente il tracciato sbuca nell'ampia radura sottostante il fianco orientale di un altro grandioso blocco, la TARTARUGA o VENTO di PIETRA, caratterizzato da una grande spaccatura. Una nuova deviazione verso destra ci porta a scendere sul vicino e sottostante gigante: il RANOCCHIO. Il percorso ne aggira la sommità verso sinistra e poi scende lambendone la parete dove si può "toccare con mano" la caratteristica cristallizzazione del ghiandone. Dopo aver superato un breve risalto di granito con un gradino intagliato dai contadini se ne raggiungere la base. Piegando a destra si passa sotto la parete Sud-ovest del RANOCCHIO e, proseguendo in leggera discesa, il percorso s'infila in un'altra strettoia fra blocchi che porta poco dopo nella tranquilla oasi riparata dell'ALBERO delle LUCCIOLE. Percorso il pianeggiante praticello ai piedi dell'ALBERO delle LUCCIOLE, s'imbocca un passaggio che a sinistra scende fra alcuni blocchi minori per arrivare su una caratteristica larga piazzola erbosa dominata, sulla sinistra, dalla bella parte del masso MAC ROUNY. Il sentiero scende passando sotto lo strapiombo basale del blocco e poi, con alcuni passaggi su sassi minori, ritorna nel bosco e verso sinistra arriva a lambire il TRIANGOLO, l'ANGOLO SPETTRALE e il MASSO della POLENTA per immettersi poi sul sentiero principale che compie il periplo del SASSO REMENNO. Verso sinistra si giunge immediatamente ai piedi della parete Ovest percorsa dalla via normale di salita. Si devia ora a destra in piano sfilando poco distanti dalla parete del REMENNO col suo grande strapiombo grigio e si giunge presso la parte posteriore dell'enorme MASSO di GOLDRAKE che s'appoggia allo spigolo Sud-ovest del REMENNO con il suo maestoso ginepro. Il sentiero aggira il blocco e, con un'ultima breve deviazione a sinistra, arriva nel vasto prato antistante la parete Sud del REMENNO.
Superato il piccolo corso d'acqua che solca il prato scorrendo tra ciuffi di giunchi, si va a destra lambendone la sponda, si varca un muretto e ci si immette sull'antica mulattiera medioevale della Val Masino. Procedendo verso Nord, l'antico tracciato valicava la selletta fra il REMENNO e il SASSO MINATO. Era un passaggio segnalato, come spesso capita per i punti cruciali dei sentieri montani, da una piccola cappelletta votiva che sorge sulla sinistra. Noi invece seguiamo la mulattiera verso destra passando accanto a GIRAMENTO di POLSI. Qui il piccolo ruscello forma un piccolo stagno, di notevole interesse per la flora e la piccola fauna legata agli ambienti umidi, ripristinato nell'ambito della predisposizione del sentiero. Un salicone ed un acero di monte fanno ombra allo stagno, mentre un bel ciliegio selvatico abbellisce il panorama verso il SASSO REMENNO. Poco più avanti si lascia, a sinistra, la breve deviazione che porta al sottostante parcheggio ed alla strada per proseguire dritti sull'acciottolato. Passando a monte di un gruppo di blocchi si giunge, in breve, ai piedi dell'ANO la cui liscia parete orientale resiste fieramente da anni ad ogni assalto leale degli scalatori. Superata la parete il sentiero si abbassa leggermente e torna al punto di partenza.

Presentazione

Trent'anni or sono lo scalatore sondriese Antonio Boscacci "Bosca" ebbe l'idea di scrivere una guida sul Sasso Remenno e i massi circostanti. Da allora moltissime cose sono cambiate attorno al più grande monolite d'Europa (la nostra rubrica ha già dedicato una puntata a questo meraviglioso blocco granitico). In questi anni Sasso è stato "riempito" di vie che, man mano, sono state attrezzate con spit e ancoraggi resinati. Le vie più vecchie sono state "restaurate" con la sostituzione degli ancoraggi più fatiscenti e oggi migliaia di scalatori si danno convegno sotto le sue pareti.
Ma questa esplosione di itinerari attrezzati ha fatto dimenticare, o quasi, tutti gli altri massi che fanno parte della zona e che ai tempi del "Bosca" erano meta assai frequentata. Il risultato è stato un sovraccarico umano sui prati che un tempo verdeggiavano ai piedi delle pareti Sud ed Ovest del Remenno, oggi ridotti a desolati e sgradevoli spiazzi terrosi. Il ritorno della moda del bouldering, l'arrampicata sportiva sui massi, ha suggerito un ripristino dei vecchi sentieri che un tempo risalivano il grande conoide della Val della Preda. Dopo una serie di sopralluoghi è stato quindi realizzato il "SENTIERO dei CICLOPI", percorso-avventura che ha funzioni principalmente didattiche e naturalistiche, ma che, speriamo, potrà riportare gli scalatori anche sugli altri grandi massi della zona: la Tartaruga, il Ranocchio, l'Albero delle Lucciole e tanti altri ancora. Grazie al SENTIERO dei CICLOPI e ai vari sentierini di raccordo, escursionisti e scalatori torneranno ad aggirarsi nel grandioso labirinto di pietra godendone gli angoli più suggestivi e le ruvide difficoltà.
Centinaia di massi grandi e piccoli torneranno ad essere terreno di scuola per apprendisti scalatori o banco di prova per i più forti, che troveranno qui un terreno d'azione inesauribile.

Il Sasso Remenno nella Storia locale e dell'arrampicata

Curiosamente un simile imponente fenomeno naturale non ha influenzato il patrimonio tradizionale della Val Masino: non ci sono leggende o storie fantastiche legate al grande monolite. Ma forse i valligiani erano troppo impegnati nella dura lotta per la sopravvivenza in questi territori aspri ed avari. Infatti, per nulla intimoriti da eventuali presenze magiche o maligne, pensarono di utilizzare al meglio il bel prato verde che copre la sommità del Remenno. Ogni spazio per far fieno e per far pascolare ovini e caprini era da sfruttarsi e così, senza alcun intendimento alpinistico, fu realizzata quella che probabilmente è la prima "via scavata" delle Alpi. Con gran pazienza e lavoro, sulla adagiata e facilmente accessibile parete Ovest della Preda fu intagliata una scalinata che consentiva di raggiungere facilmente la pianeggiante sommità.
Il lichene che ha ripreso possesso delle superfici intagliate facendole quasi scomparire alla vista indica che l'opera è sicuramente assai antica, ma quando sia stata realizzata nessuno lo sa. Probabilmente gli scalini c'erano già quando nel 1616, lo storico Giovanni Guler von Weinek, governatore grigione della Valtellina nel biennio 1587-88, vistò a fondo questa terra descrivendone le bellezze nel volume "Raetia". Entrato in Val Masino per raggiungere le già celebri fonti termali dei Bagni, lo studioso ci ha lasciato la prima descrizione documentata del Sasso Remenno: «Poco oltre il villaggio di S. Martino, scendendo dalla valle lungo la sponda destra, si incontra presso la piccola frazione Remenno un enorme e colossale macigno, lungo trentacinque braccia, largo dieci ed elevato quindici, che alcuni ritengono piuttosto un monte (prescindendo dal fatto che esso presenta da ogni parte una struttura quadrata) che non una pietra isolata: tanto più che non si può vedere donde esso possa essersi staccato ed arrivato fin laggiù».
Per avere altri riferimenti scritti sull'enorme macigno dovremo attendere i pionieri inglesi dell'alpinismo che, dalla seconda metà del 1800, furono i protagonisti dell'esplorazione alpina. Ecco come scoprì il Remenno Douglas Freshfield: «La prima cosa che attirò la nostra attenzione - saliti dal versante elvetico, Freshfield e compagni avevano appena raggiunto il Passo del Ferro, sulla cresta spartiacque fra Val Bondasca e Val Masino - fu un masso gigantesco, posto sul fondovalle e rilevante anche a questa distanza. Era mai possibile che qualche miope speculatore avesse costruito un albergo di così mostruose dimensioni in questa valle tanto appartata? Il fenomeno ci venne spiegato dall'Alpine Guide. Si trattava di un colossale masso, le cui dimensioni erano cosi fornite da Mr. Ball: lunghezza 250 piedi; larghezza 120 piedi e altezza 140 piedi. La storia non ci dice se era precipitato casualmente da qualche vetta circostante, franata per eventi naturali, o se invece era stato scaraventato là dal Diavolo.......».
Ma sentiamo anche come John Ball, nella sua guida Central Alps (1864) descrisse il Remenno perché dalle sue parole scopriamo che la sommità, forse, non era usata solo per trarre foraggio. Scrive, infatti, il grande alpinista irlandese: «Sembra che a diversi intervalli enormi massi siano precipitati dalla parete della montagna del lato occidentale della valle. Alcuni dei più antichi sono ricoperti di muschio e la gente ha fatto in modo di far crescere piccoli appezzamenti di patate con terra che è stata portata sù e sparsa sulla sommità di alcuni di questi blocchi. Fra i massi più recenti, probabilmente caduti negli ultimi due, tre secoli, ci sono alcuni fra i più prodigiosi macigni che si possano trovare nelle Alpi. Uno di questi situato a fianco della strada supera di gran lunga ogni altro che chi scrive ha mai potuto vedere...». Tuttavia, nonostante la curiosità che, senza dubbio, la grande pietra doveva suscitare negli alpinisti, per molti anni ancora la vetta della Preda doveva restare meta solo di capre e contadini.
Probabilmente qualche appassionato scalatore si dedicò alla salita dei versanti più facili già negli anni precedenti la Seconda Guerra Mondiale. Tuttavia, la compattezza della roccia non lasciava molte possibilità. Attorno al 1950, oltre alla via normale dei gradini, erano probabilmente state salite: la variante diretta alla normale, lo spigolo Sud-ovest (Via degli arbusti) e la parete Sud (Via Fiorelli). Una maggiore frequentazione alpinistica del Remenno si ebbe a partire dai primi anni '60, quando le sue pareti furono scelte come terreno per le prime esercitazioni di Soccorso Alpino della Sezione Valtellinese del CAI.
A partire dal 1975 giunse una ventata di novità quando il Remenno divenne uno dei centri di sperimentazione dei Sassisti di Sondrio, Francesco Boffini, Antonio Boscacci, Jacopo e Guido Merizzi, Giuseppe Miotti e Giovanni Pirana. Sull'esempio del milanese Ivan Guerini, i giovani scalatori valtellinesi si dedicarono quì, come nella vicina Val di Mello, alla ricerca di nuovi itinerari. Li favorivano le nuove tecniche e i nuovi materiali importati dall'alpinismo anglosassone, in primo luogo le pedule morbide e a suola liscia che sostituirono gli scarponi rigidi fino ad allora in uso. Prendeva piede anche la pratica del bouldering con la scalata di molti difficii passaggi fra cui la Fessura di Ivan e la Scimmia Armoniosa. Ma non si tralasciava neppure l'artificiale estrema che si praticava sia sul Remenno, sia sui massi circostanti. Fu in questo periodo che i monoliti più grandi e suggestivi vennero battezzati coi nomi che ancor oggi li identificano.
La Preda cessava di essere "solo una palestra di roccia" e diventava un laboratorio del gesto dove affinare tecnica, equilibrio e self control.
Una nuova fase ebbe inizio a partire dalla metà degli anni '80, con arrampicatori di classe come Paolo Cucchi, Roberto Bianchini ed Enrico Fanchi cui spetta il merito di aver "liberato" vecchie vie in artificiale, vedi il Diedro dei Comaschi salito da Cucchi (IX-), e di aver aperto moltissime altre vie di grande impegno sia sul Sasso che nei dintorni.
Un passo in avanti nella ricerca di nuovi itinerari e di difficoltà ancor maggiori si ebbe all'inizio del 1990 con le performances dell'arrampicatore sondriese Daniele Pigoni. A lui si deve un gran numero di vie di altissima difficoltà che culminarono con Vacca Giavacca, il primo X grado del Sasso Remenno e Spirit Walker (1991), il primo X+ (8c) d'Italia, solo recentemente ripetuto.
Dal 1991, con la comparsa di nuovi protagonisti (Richard Colombo, Cristian Gianatti, Luca "Rampikino" Maspes, Efrem Vaninetti e Simone Pedeferri) affiancati da alcune figure "storiche" come Massimo "Vigne" Bruseghini, Fanchi e Bianchini, si sono sviluppate diverse correnti di pensiero e di stile, con la soluzione di molti vecchi progetti, vie e boulder.
Rinasceva la pratica del bouldering e Pedeferri, nella scia della tradizione, "riscopriva" la zona del Sasso scalando 150 nuovi blocchi, una ventina di vie tra l'8a e l'8c e alcuni tiri hard grit fino al E8/6c. Lo affiancavano altri bravi "climbers" come Colombo, Gianatti, Rudy Colli, Miki Gianattasio, Stefano Mogavero, Andrea Pavan, Giorgio "Scintilla" Piasini.
Nell'ultimo periodo il rispetto per la roccia è diventato prioritario e lo spit viene usato con criterio (eccetto alcune brutture) anche perché ora si opera in un'area di scalata dove coesistono 300 "boulder" (passaggi su masso) dal 4 all'8b, 200 monotiri dal 4 all'8c, una ventina di vie "costruite" e tiri hard grit, Si tratta quindi di una delle falesie europee più vivaci e creative, un mondo complesso dove coesistono diversi stili e diverse idee che nel futuro andranno maturate, rispettando sia chi ci ha preceduto, sia questo meraviglioso ambiente minerale.

Il Canyon

Se si è dotati di attrezzatura adeguata e si è accompagnati da persone esperte è ora possibile affrontare il CANYON. Dalla valletta nella quale ci troviamo, lambendo la parete dei SASSI delle CAPRE, arriveremo presto ad una grande spaccatura. Entriamo in essa e, dopo un breve tratto pianeggiante, ci troveremo di fronte ad un blocco incastrato fra le due pareti. Passandoci sotto o sopra (passaggio d'arrampicata di III grado) superiamo il blocco proseguendo a camminare dentro la spaccatura fino al muro che ne chiude il fondo. Qui la prosecuzione sembra preclusa, ma una spaccatura quasi invisibile sulla destra ci permette di entrare facilmente in un camino adagiato. Risalito il camino ci troveremo in cima ai SASSI delle CAPRE. Sulla pianeggiante sommità, passeggiando curiosi, si possono osservare muschi, licheni, ispidi ciuffi di Festuca varia, le rosette carnose dei Sempervivum, gli eleganti fusticini del Brugo (una delle "Eriche", Calluna vulgaris), alberi e arbusti ridotti in dimensioni dalla povertà della stazione: Rosa canina, Sorbo montano, Ginepro, Abete Rosso, Pero corvino, Rovere. Dal punto di vista geologico è interessate l'osservazione dei vistosi "dicchi", bianchi filoni pegmatitici che, come vene in rilievo, corrono sulla superficie dei massi. Molto interessante la ripetizione a scala ridotta del motivo di incrocio dei dicchi sul piccolo masso piatto che "tappa" in parte l'uscita del camino di accesso alla superficie dei SASSI DELLE CAPRE. Piegando a Nord superiamo la spaccatura del "Canyon" con un emozionante salto. Percorsa la larga sommità del blocco su cui siamo atterrati ci troveremo a dover traversare la spaccatura che costituisce il vertice dell'Antro di Polifemo. Facilita questa vertiginosa operazione un piccolo ponticello che ci permette di arrivare sul maggiore dei SASSI delle CAPRE.. Si guadagna la vetta del blocco e poi si va a sinistra arrivando alla selletta fra questo e il GRANDE GRIGIO. Per facile pendio boscoso si raggiunge, infine, anche la cima di questo sasso, vertice ideale del percorso. Seguendo il sentiero si scende facilmente alla selletta raggiunta precedentemente e poi, infilandosi giù verso destra, si percorre il ripido pendio boscoso ai piedi della verticale parete orientale del GRANDE GRIGIO tornando al punto di partenza.

  • Veduta dallÂ'alto dellÂ'area del Sasso Remenno.
  • Antica stampa, tratta da un album del 1883, raffigurante il versante Nord del Sasso Remenno.
  • Tipica vegetazione della zona attorno al Sasso Remenno: sullo sfondo la Cima di Cavalcorto.
  • Il giardino pensile che occupa la vasta sommità del Sasso Remenno.
  • Dalla vetta del Grande Grigio: il Sasso delle Capre con le sue grandi spaccature.
  • Arcaici ripari sotto roccia situati poco sopra il Grande Grigio nella Val de la Preda.
  • La spaccatura che segna il termine della variante del Â"canyonÂ" oggi facilitata da un ponticello di legno.
  • La Torre, uno dei più bei monoliti che sÂ'incontrano sul percorso.