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Escursioni - Alla ricerca della stalla ovale

 
  1. Scheda
 
  • Zona: Media Valtellina
  • Tipo: Escursione
  • Sigla: E-29
  • Periodo consigliato: da fine giungo ad ottobre
  • Punto di partenza: San Martino Val Masino/Val di Mello. San Martino si raggiunge abbandonando la SS38 dello Stelvio all'altezza del paese di Ardenno per imboccare sulla sinistra la carrozzabile della Val Masino che dopo 13 km entra in paese e prosegue per Bagni di Masino. Nel periodo estivo (luglio-agosto) la strada della Val di Mello è chiusa al traffico e funziona un servizio navetta che parte all'ingresso di San Martino. Quando invece possibile si può entrare in valle con l'auto imboccando la carrozzabile che, ancora in paese, si diparte sulla destra al secondo tornante della strada per Bagni (da San Martino al parcheggio, 2 km circa).
  • Tempo di percorrenza: 3 ore per la salita.
  • Dislivello: 1200 m.
  • Difficoltà: EE (Escursionistica per Esperti)
  • Bibliografia: Vannuccini M. "Val Masino, le più belle escursioni"; Lyasis Edizioni, Sondrio 2007.
  • Bonacossa A. e Rossi G. "Masino Bregaglia Disgrazia" vol II; Collana Guida dei Monti d'Italia- Ed. CAI-TCI 1975.
  • Cartografia: CNS 1:25.000 «Sciora»; CNS 1:50.000 «Monte Disgrazia»; Carta escursionistica Kompass 1:50.000 «Chiavenna-Val Bregaglia».
  • Informazioni locali: Centro Polifunzionale della Montagna Via Moss, 1 - 23010 - Filorera, Valmasino - (SO) - Italy Tel / Fax +39 0342 640004
 


 
mappa di Alla ricerca della stalla ovale
  1. Percorso
 

Verso la Stalla ovale

Dalla piazza di S. Martino, si raggiunge la chiesetta del paese per portarsi alle sue spalle (destra), all'imbocco di un viottolo caratterizzato da un grosso blocco strapiombante di granito. Poco più avanti si prende il primo vicoletto a sinistra e si sale per il sentiero, raggiungendo la strada carrozzabile della Val di Mello. Al termine del tratto asfaltato il tragitto prosegue su un bel acciottolato, che s'inoltra verso l'imbocco vero e proprio della valle, passando accanto ad un primo nucleo di baite sottostanti le "Cascate del Ferro".
La carrozzabile termina in un grande piazzale parcheggio presso la locanda del "Gatto Rosso" ed un piccolo campeggio (oggi momentaneamente chiuso). Qui si trova anche un grande piazzale parcheggio ove è possibile lasciare l'auto nel caso la si sia utilizzata.
Si prosegue lungo la larga mulattiera di fondovalle che con qualche leggero saliscendi s'addentra nella valle tenendo la destra orografica del torrente. Dopo circa 10 minuti di cammino si giunge in vista delle baite di Ca di Carna (note anche come Ca du Sciüma) che si trovano sulla sponda opposta del torrente. Poco prima del ponticello che permette di raggiungere le baite, si imbocca sulla sinistra un ripido sentierino (bandierine biancorosse) che ben presto entra nel bosco e sfila accanto a grossi macigni di granito che troneggiano fra le piante. Una fitta serie di tornanti porta in breve all'imbocco della Val Qualido e, sfruttando un sistema di grandi cenge, alberate prende quota rapidamente. Sulla sinistra si erge la grande muraglia del Qualido una parete quasi verticale alta 500 metri. Più in alto per superare una parete rocciosa fu necessario costruire una ripidissima ed esposta gradinata che porta ad un bosco sospeso oltre il quale si trova un'ampia radura circondata dalle rocce. Si punta a sinistra verso una piccola baita e si continua in quella direzione portandosi quasi sotto la parete del Qualido. Grazie alla recente segnaletica si prende quota nel bosco, che diventa sempre più rado, lambendo alcuni ripari ricavati sotto grandi blocchi, un tempo usati da pastori ed armenti, oggi luoghi di bivacco per chi vuole cimentarsi con la grande parete.lambendo la parete. Una traccia noiosa porta nei pressi di due grandi  blocchi appoggiati l'un l'altro a mo' di tetto e poco sopra si inizia a deviare verso destra su scomodo e ripido terreno erboso, seguendo vaghe tracce e qualche ometto. Comunque non ci sono problemi di orientamento: la nostra prima meta deve essere l'ampia sella erbosa formata in centro alla valle dalla dorsale rocciosa sulla quale si è inerpicata la prima parte del sentiero. Tale dorsale divide la Val Qualido in due stretti solchi che si riuniscono solo alla citata insellatura e quindi verso i 2000 metri. Raggiunta la sella si scorge nei pressi il perimetro di una vecchia baita distrutta e verso destra, sul versante opposto della valle si nota una zona di grandi blocchi granitici sovrastati da una piccola e verticale parete rocciosa. Alcuni di blocchi presentano visibili muretti a secco che ne sbarrano un lato creando grandi ripari: quella è l'Alpe Qualido. Con facile e breve camminata guadiamo il torrente che si getta nella ripida e sottostante valle parallela a quella che abbiamo appena risalito. Raggiunti i ripari sotto sasso dell'Alpe Qualido la nostra fatica è terminata e, girovagando fra essi, in breve potremo trovare l'ingresso della grande stalla ovale.

  1. Approfondimento
 

Melàt: ciclopi o uomini?

La Val Qualido è la seconda delle quattro valli laterali che confluiscono nella Val di Mello scendendo dallo spartiacque alpino e, a differenza delle altre, essa mostra il suo volto più grandioso ed imponente nella parte inferiore. Infatti, oltre i 2000 metri di quota non si aprono maestosi anfiteatri di grandi vette che si possono ammirare nelle vicine valli del Ferro, di Zocca e Torrone, ma si presenta solo un ristretto circo di creste granitiche piuttosto anonime.
Tutto il bello ed il meraviglioso della Val Qualido è concentrato dunque nello strettissimo vallone che ne forma la prima parte e che piomba ripidissimo e rettilineo sulla Val di Mello. La destra orografica di questa forra è delimitata da una delle più impressionanti muraglie rocciose delle Alpi, la parete del Qualido che termina in cima con una sorta di monolito giallastro noto come il Martello del Qualido.
Il versante opposto è formato da una notevole costiera granitica che i ghiacciai del quaternario non riuscirono a levigare; pertanto al di là del suo crinale si trova un altro stretto canalone parallelo a quello dove passa il sentiero di salita.

La stalla ovale

Meta della nostra giornata alpina è l'Alpe Qualido, minuscolo avamposto umano ricavato da ripari sotto grandi blocchi sfruttati in passato come ricoveri per uomini e animali. Grandi muri a secco chiudono le aperture e creano ambienti abbastanza confortevoli per chi doveva lavorare quassù nei mesi estivi dell'alpeggio. E qui, sotto un grande blocco piatto e ricoperto d'erba si trova uno dei più strabilianti manufatti delle Alpi: una grande stalla ovale dal pavimento selciato, dotata di scoli per i liquami, con una lunga mangiatoia che ne segue il perimetro, con le travi forate ove legare circa 50 mucche.
Alcune feritoie lasciano passare aria e luce e tutto il perimetro interno è stato rifinito con un grande muro a secco che limita spifferi d'aria. Tutto è roccia e tutto è stato ricavato dalla roccia come in una sorta di età della pietra mai passata e sopravvissuta a se stessa fino a pochi decenni or sono.

Valle di granito

Entrando nella Val Qualido ci si immerge subito in una dimensione dura ed al tempo stesso gigantesca. Per quanto ingentilita da qualche lembo di bosco e spazi erbosi, si percepisce subito che questa è una valle in cui la roccia domina incontrastata e dura. Siamo veramente entrati in un mondo primordiale e i manufatti costruiti per raggiungere gli ubertosi pascoli alti e consentire il soggiorno lassù, non possono che rimandare al mitico passato dei giganti e dei ciclopi. La nostra mente moderna abituata ad ogni tipo di facilitazione fatica non poco a realizzare che chi costruì il sentiero, le baite e la grande stalla del Qualido non erano altri che uomini come noi. Li spingeva lassù il retaggio di una cultura diversa e la necessità di sfruttare ogni spazio utile, per sostenere la loro difficile e povera economia agro-pastorale. Erano abituati alle fatiche e spesso una vita non bastava loro per veder finita a costruzione del difficile sentiero che avrebbe facilitato la salita delle mandrie. E poi, nonostante i grandi e larghi gradini di granito, nonostante le staccionate protettive, ogni anno qualche bestia scivolava nell'abisso con grave danno. Anche gli uomini, che senza sosta andavano su e giù, portando a valle i prodotti d'alpeggio e verso il monte i rifornimenti, erano esposti agli stessi pericoli delle bestie ed in costante pericolo di vita. Quindi se gli abitanti della Val di Mello, i Melàt, non furono dei ciclopi, ciclopica fu senza dubbio la loro fatica e la loro opera, che ancora riesce a impressionare chi per caso o per scelta s'avventura sui sentieri più impervi della valle.
Oggi l'antico sentiero della Val Qualido è abbandonato dai pastori e frequentato con minor fatica dagli scalatori che si vogliono cimentare sulle difficili vie di scalata che solcano la muraglia del Qualido. Il tracciato è diventato sicuramente più stretto e meno curato d'un tempo e se ne auspica il recupero, cosa che dovrebbe essere fatta anche per i sentieri vicini, ancor più ripidi e difficili, che adducono anch'essi al Qualido. Si potrebbe realizzare un interessantissimo percorso di grande valenza turistica ed al tempo stesso si preserverebbe la testimonianza di una civiltà montanara quasi unica nelle Alpi.

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