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Passeggiate - Il Ghiacciaio dei Forni

 
  1. Scheda
 
  • Zona: Alta Valtellina
  • Tipo: Passeggiata
  • Sigla: A10
  • Periodo consigliato: da luglio ad ottobre
  • Punto di partenza: Albergo dei Forni 2170 m c
  • Dislivello: 300 m circa per il rifugo Branca e 500 m circa per il rifugio Piazzini
  • Difficoltà: T (Turistica)
  • Tempo di percorrenza: 1 ora (sola salita) per il rifugo Branca; 2 ore (sola salita) per il rifugio Piazzini
  • Bibliografia: Smiraglia C. -"Sentiero glaciologico del centenario". Lyasis Edizioni, Sondrio 1995
  • Cartografia: IGM  1:25.000 «Santa Caterina», «Monte Cevedale», «Gran Zebrù»,   o 1:50.000 «Bormio», e «Ponte di Legno»; Kompass 1:50.000  n° 72 «Ortles - Cevedale»
  • Informazioni locali: Consorzio Tourisport P.zza Magliavaca 23030 Valfurva (SO) Tel +39 0342-935544 Fax +39 0342-935342
 


 
mappa di Il Ghiacciaio dei Forni
  1. Percorso
 

I percorsi ai rifugi

Ma veniamo ora al primo dei nostri percorsi. Da Santa Caterina si imbocca la strada asfaltata che entra in Val Cedec raggiungendo in breve l'Albergo dei Forni 2170 m c. Dal parcheggio auto presso l'albergo, si imbocca verso destra (Est) una stradetta sterrata che si abbassa lievemente a lambire un piccolo, ma evidente, bacino artificiale. Tralasciando la deviazione che scende alla diga, si risale comodamente traversando su un ponte la Val Cedec entrando quindi nella piccola Valle dei Forni, occupata più in alto dalla fronte dell'omonimo ghiacciaio. Lasciata sulla sinistra la strada che sale alla vicina Malga dei Forni si prosegue in direzione Est con tracciato un po' più ripido che, dopo alcuni tornanti giunge presso il rifugio. Dal rifugio ci si può facilmente portare sul filo della grandiosa morena laterale destra orografica del ghiacciaio per potersi affacciare sulla sua seraccata. La salita richiede al massimo un'ora di agevole marcia su strada sterrata per un dislivello di circa 300 metri.

Anche il secondo itinerario proposto parte dall'Albergo dei Forni e staccandosi ben presto dalla strada sterrata della Val Cedec porta, in breve, presso i ruderi di opere difensive costruite durante la Grande Guerra per poi inoltrarsi nella valle.

Dal parcheggio presso l'albergo si prende la strada sterrata che, con alcuni tornanti, si alza lungo il versante destro orografico della valle. Dopo una decina di minuti si abbandona il tracciato principale prendendo verso sinistra una mulattiera militare che porta alle Baite dei Forni 2389 m e prosegue poi, a mezza costa, tenendosi quasi parallela al tracciato della sottostante strada. Con magnifica vista sui grandi ghiacciai e le vette che caratterizzano tutto il versante opposto della valle si passa accanto ai ruderi di vecchie fortificazioni militari e a quel che resta di una caserma a 2547 m. Si continua ora in direzione Nord, per magro pascolo e pietraie tenendosi più alti, ma paralleli al tracciato della sterrata che dall'Albergo dei Forni conduce al Rifugio Pizzini-Frattola. Traversato il corso d'acqua del Rio Grande si perde leggermente quota raggiungendo il ben visibile rifugio dominato a Nord-ovest dalla piramide del Gran Zebrù o König-Spitze. Sebbene un po' più lunga del percorso che si attiene alla strada sterrata questa alternativa è senza dubbio assai più bella e remunerativa dal punto di vista ambientale. In totale essa richiede circa 2 ore di marcia poco impegnativa e faticosa; il ritorno si compie lungo la strada.

Nel periodo estivo funziona un servizio navetta che con l'ausilio di jeep porta da Santa Caterina o dall'Albergo dei Forni al Rifugio Pizzini.

  1. Approfondimento
 

Un po' di storia

".. La gita fino alle Baite del Forno (2102 m) può farsi sugli asini o a piedi in circa quattro ore, due nell'andata, e poco più di una e mezzo nel ritorno. Essa è fonte di care soddisfazioni così a quegli che è avido di campi di neve e di vette rilucenti di ghiaccio, come al geologo che vi può ammirare, tra masse di scisti a mille colori, l'alternarsi di banchi di calcare saccaroide e di porfidi-dioritici, come al botanico che vi può trovare ricca messe di preziose piante.
Esso scorre nella sua parte inferiore in fondo alla valle come un ampio fiume, irrompe nel suo mezzo in guglie o sèracs stupendi, e si dispiega in alto a guisa d'immenso ventaglio. Si giunge là dove la vedretta comincia (2025 m) scendendo lungo una ripida parete. La salita fino ai sèracs si compie senza difficoltà anche da signore. Una veduta quasi piana di questo, che è tra i più superbi e più compiuti esempi di ghiacciai giganti che siano nelle Alpi, si ha dalle Baite del Forno (2103 m), le quali trovansi sopra un ripiano del monte, in mezzo a prati ridenti, di fronte alla vedretta meravigliosa..".

Così si esprimeva a proposito del Ghiacciaio dei Forni, in Valfurva, la Guida della Valtellina curata e pubblicata dalla Sezione Club Alpino Valtellinese nel 1873. Sul finire dello scorso secolo, Santa Caterina Valfurva, ultimo e più elevato centro della vallata, era diventata una delle località di villeggiatura montana più rinomate delle Alpi italiane. Tale fortuna era dovuta in parte alla fonte di acqua ferruginosa - le acque acidule ferruginose scoperte e usufruite fino dal 1698"- che sgorgava nei pressi del paese, in parte al clima salubre e alle grandi foreste della vallata, ma anche al grandioso panorama di vette e ghiacciai del massiccio del Monte Cevedale.
I quattro passi che proponiamo vogliono ricalcare una delle più celebrate escursioni che i touristes di quegli anni lontani, amavano compiere: la gita alle "guglie del Forno". Al classico itinerario storico abbiamo voluto però aggiungere anche il percorso che conduce al Rifugio Pizzini facile e veramente entusiasmante per la grandiosità degli scorci panoramici offerti.
Le "guglie del Forno" altro non erano che le bizzarre formazioni, i pinnacoli, le torri, di ghiaccio della lingua terminale del Ghiacciaio dei Forni. Il ghiacciaio era allora assai imponente sebbene stesse cominciando la sua lenta ritirata. La Piccola Età Glaciale (1450-1850) era da poco terminata ed il clima stava nuovamente riscaldandosi mentre l'alpinismo e il turismo di montagna muovevano i loro i primi passi.
Così, mentre i più audaci seguivano le orme dei pionieri inglesi cavalcando le creste e i ghiacciai del massiccio, con le guide locali, i Confortola, i Compagnoni, i Bonetti, gli altri, comprese molte dame, solevano andare ad ammirare da vicino lo spettacolo dei Forni. Più tardi, agli inizi del '900, venne eretto, in posizione panoramica sul ghiacciaio tanto ammirato, il grande Albergo Ghiacciaio dei Forni allo scopo di avvicinare ancor più i curiosi agli spettacoli offerti dal grandioso fenomeno. L'albergo è oggi tornato agli antichi splendori e, sebbene gestito con criteri moderni, ci riporta un poco di quelle atmosfere passate. Purtroppo è venuta a mancare l'imponenza della grande colata glaciale che un tempo giungeva quasi di fronte all'edificio e che, dal 1850 ad oggi, è arretrata di quasi 2 chilometri. Non ha quindi avuto seguito l'augurio dell'Abate Antonio Stoppani che, nel suo Bel Paese" dedica un capitolo al Ghiacciaio dei Forni o del Forno come era allora noto... "Sono queste le anfore, - l'autore si riferisce alle bocche di sfogo delle acque di fusione - donde versano le linfe i fiumi, come li scolpivano gli antichi sotto le sembianze di vegliardi canuti, e come li vedete sotto le stesse sembianze assisi sull'Arco del Sempione. Sono queste le origini brillanti del Rodano, dell'Inn, dell'Aar, del Reno, in generale di tutti i grandi fiumi che, dopo aver travolte le loro spume biancheggianti di giogo in giogo, scendendo dalle Alpi, scorrono maestosi a nutrire l'eterna fecondità del piano. Avete inteso che cos'è la porta del ghiacciajo? Quello del Forno vantava la sua fra le più stupende, ed è assai probabile che alla forma ed alla profondità della porta debba appunto il poetico nome di Forno. Ma (credo sulla fine del settembre dell'anno precedente alla mia gita) nella più profonda oscurità della notte, uno spaventoso scroscio echeggiò nella valle. La volta di ghiaccio si era sfondata. I suoi ruderi, rappresentati da enormi masse di ghiaccio, venivano travolti dal torrente. Accavallandosi l'uno sull'altro, o incastonandosi nell'angusta gola in cui si getta il Frodolfo al suo sbucar dal ghiacciajo, lo forzavano a rifluire sopra sè stesso, finchè fosse gonfio abbastanza per forzare, abbattere e giù travolgere quelle sbarre improvvisate. Il piano di Santa Caterina venne, benchè senza molto danno, inondato; e i signori beventi, levatisi la mattina, videro estatici il piano tutto sparso di massi di ghiaccio. Il più allegro in questa occasione fu l'oste, il quale non tardò ad approfittarsi, di quella grazia di Dio per rifornire con poca spesa le esauste ghiacciaje. Ma il ghiacciajo del Forno aveva perduto il suo principale ornamento. Quando lo visitai nel 1864, nuove rovine l'avevano ancor più danneggiato. La curva di quella volta meravigliosa disegnavasi ancora entro la massa; ma il fiume sgorgava tra le macerie cristalline di quella specie di palazzo di cristallo. Non temete però, quando voi andrete a visitare il ghiacciajo del Forno, forse esso avrà riparate le sue rovine; forse si sarà fabbricato una nuova porta, anzi un nuovo arco di trionfo più bello del primo."