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Passeggiate - Griante, un paesino per i grandi della storia

 
  1. Scheda
 
  • Zona: Mesolcina e Lario Occidentale
  • Tipo: Passeggiata
  • Sigla: A57
  • Periodo consigliato: tutto l'anno, più consigliabile in autunno ed inverno.
  • Punto di partenza: Griante 255 m; chiesa dei SS. Nabore e Felice, oppure chiesa di S. Rocco. Griante si raggiunge percorrendo la SS 340d (Strada Regina) della sponda occidentale del Lario fino a Cadenabbia (31 km circa da Como e 37 km circa da Colico). All'altezza di Cadenabbia si lascia la sponda del lago e la Strada Regina, compiendo una deviazione verso Ovest. Una stradina sale, in breve, alle case di Griante.
  • Tempo di percorrenza: 45 minuti fino alla chiesa di San Martino; 2,30 ore fino alla cima del Sasso di San Martino.
  • Dislivello: 220 m fino alla chiesa di S. Martino; 607 m fino alla cima del Sasso di San Martino.
  • Difficoltà: T (Turistica) fino alla chiesa di S. Martino; E fino alla cima del Sasso di San Martino.
  • Bibliografia: Mozzanica I. "Itinerari tra Lario e Ceresio", Edizioni Electa; Milano 2000.
  • Cartografia: CNS 1:50.000 «Menaggio»; Carta Escursionistica Kompass 1:50.000 n. 91 «Lago di Como-Lago di Lugano».
 


 
mappa di Griante, un paesino per i grandi della storia
  1. Percorso
 

Percorso

Dalla chiesa dei SS. Nabore e Felice ci si dirige verso Nord percorrendo la stradina che, tramite in un passaggio coperto, porta nel paese di Griante. Si prosegue lungo la stretta stradina raggiungendo, poco dopo, la chiesetta di San Rocco da dove è ben visibile la rupe del San Martino con la chiesa omonima. Seguendo le indicazioni si percorre brevemente una strada asfaltata e poi la si abbandona per scendere, a destra, verso il ponticello che permette di traversare il torrente dei Ronconi. Sulla sponda opposta inizia la salita che si svolge comodissima su una larga mulattiera acciottolata scandita, ad ogni tornante da una cappellina della Via Crucis. Dopo qualche tornante si lambisce una piccola cappella commemorativa del locale gruppo Alpini, che sorge in corrispondenza di un tornante. La camminata prosegue agevolissima e, poco dopo la Cappella degli Alpini, si esce dalla frescura del bosco e ad un bivio si prende a destra, lasciando nella direzione opposta la diramazione per le Forcolette. Da qui inizia un lungo tratto a mezza costa molto panoramico che, oltrepassato un valloncello, porta alla recinzione che circonda il poggio erboso ombreggiato dalle piante su cui sorge la chiesa di San Martino. La vegetazione d'alto fusto nasconde un poco la visuale verso Nord che, invece, è ampia e aperta verso Sud, sulla Punta di Bellagio, che segna la ramificazione del Lario.

La bella chiesetta, nota anche come santuario della Madonna delle Grazie, risale al XVI secolo e fu ampliata nel seicento e nel settecento, periodo in cui fu aggiunto il portichetto dell'ingresso. Origine e denominazione sono legati al ritrovamento in questo luogo di una statua della Madonna, probabilmente nascosta in un anfratto roccioso, da un abitante locale, per sottrarla alla furia iconoclasta dei calvinisti grigioni che qui imperversarono nel 1523.
Secondo alcuni studiosi può darsi che l'edificio sacro sia stato eretto sui ruderi di una fortezza tardo medioevale qui collocata per sfruttare la strategica posizione.

Numerosi fedeli e turisti, in particolare la quarta domenica di ottobre, nelle ricorrenza di San Martino visitano questo magnifico santuario e la statua che vi si conserva.

Abbandonata la chiesa riprendiamo la nostra passeggiata percorrendo a ritroso il sentiero di accesso. Dopo poche centinaia di metri, riattraversato il valloncello sopra descritto, si nota una traccia che si stacca sulla destra per procedere a mezza costa nei prati. Il facile sentierino lambisce a valle una cascina e, poco più avanti, si immette nel sentiero che sale alle Forcolette. Dapprima piacevolmente ombreggiato da betulle e faggi, il sentiero avanza con ampi tornanti, facendoci guadagnare quota quasi senza fatica. E' veramente un tracciato perfetto, ben disegnato e costruito; osservando meglio si intuisce che un tempo il sentiero di oggi doveva essere una larga mulattiera, gradualmente abbandonata e in buona parte "riassorbita" dalla montagna.

La salita ci porta all'inizio di un lungo tratto che incide a zig zag i ripidi prati, allo scoperto dalla vegetazione d'alto fusto. Numerosi tornanti si succedono ma il procedere resta assai agevole; una sorgente posta più o meno a metà percorso permette di ristorarsi e fare approvvigionamento d'acqua. Più in alto un lungo mezza costa verso Nord porta alle spalle di un torrione roccioso che segna l'inizio del valloncello adducente alle Forcolette. Da qui il percorso diviene un po' meno agevole, ma pur sempre facile: l'erosione del suolo, e lo scorrere delle acque che hanno scelto il sentiero come loro letto, hanno un po' rovinato il camminamento.

Rientrati nel bosco si sale ancora qualche tornante fino a sbucare nel bel prato sottostante la sella delle Forcolette. Un grande faggio sorveglia la zona occupata, nella parte superiore della radura, da alcune baite. Raggiunte le case si lascia una deviazione sulla sinistra per procedere nella direzione opposta, passando fra gli edifici. Un'ultima salitina porta, infine, sul ciglio di un altro prato, posto proprio sulla sella delle Forcolette. La prosecuzione per la vicina vetta del Sasso di San Martino è un po' mascherata dalla vegetazione, ma si ritrova facilmente: basta seguire a destra il margine del prato per reimmettersi subito nel bosco, dove compare la larga traccia di salita. Alcuni tornanti permettono di guadagnare quota e di raggiungere, quindi, la vetta da dove si apre un magnifico panorama. Verso Nord si stende tutto il settore settentrionale del Lario e si scorgono le cime delle Alpi Retiche fra cui il Pizzo Badile, il Pizzo Cengalo, il Sasso Manduino. A Nord-est il lago è sorvegliato dalla bella piramide del Monte Legnone, mentre ad Ovest si può ammirare l'ampio solco della Valle di Menaggio e un tratto del Lago di Porlezza. Anche la vista verso Sud s'è fatta più estesa per abbracciare in pieno il promontorio di Menaggio, vertice settentrionale del Triangolo Lariano che culmina con il Monte San Primo. Più ad Est, sulla sponda orientale, si staglia invece il gruppo delle Grigne.

  1. Approfondimento
 

Griante

Il piccolo paese sorge poco più in alto delle sponde lariane e ai turisti sono più note le sue frazioni Cadenabbia e Maiolica. In questi centri rivieraschi si trovano magnifiche ville e alberghi (nelle vicinanze sorge l'incomparabile Villa Carlotta con il suo splendido giardino botanico).

Quindi Griante è stata una piacevole scoperta che vogliamo raccontarVi. Prolungamento naturale del borgo di Tremezzo, che si trova poco a Sud, Griante gode di una posizione ottimale e riparata. Secondo alcuni anche l'origine del toponimo richiama tale condizione: "Griant-tir" in celtico significa terra del sole. Il piccolo paese conserva ancor oggi l'impianto urbanistico del tardo Medio evo, epoca in cui ebbe notevole importanza. Ma fu nell'800 che Griante conobbe il suo massimo splendore. Attirati dal clima salubre e dalla bellezza dei luoghi turisti di tutto il mondo, in particolare inglesi, ma anche ricchi italiani, scelsero la piccola località come meta delle loro vacanze costruendovi le splendide ville che ancor oggi l'abbelliscono. Negli alberghi in riva al lago soggiornarono ospiti illustri come la Regina Vittoria d'Inghilterra, l'imperatore Guglielmo II, l'arciduca Nicola Romanov, il duca di Windsor. Nella frazione di Maiolica sorge, invece, la villa della famiglia Ricordi, in cui pare che Giuseppe Verdi abbia trovato ispirazione per scrivere La Traviata.

Da allora gli inglesi sono rimasti affezionati ospiti di Griante tanto che in loro omaggio fu anche costruita, a Cadenabbia, una chiesa di rito anglicano. Ancor oggi, aggirandosi sui sentieri o fra le strette vie di queste frazioni non sarà infrequente imbattersi in turisti britannici.

Anche il cancelliere tedesco Konrad Adenauer soleva trascorrere a Griante lunghi periodi di "vacanza", ospite di Villa La Collina che divenne una sorta di "cancelleria minore" dove lo statista tedesco, coadiuvato dal suo staff, non dimenticava gli impegni di governo. Oggi la villa ospita la "Fondazione Adenauer". Una serie di targhette poste sui muri della stretta via che corre nel paese e recanti la scritta "passeggiata Adenauer", ricordano il rilassante percorso che ogni giorno effettuava il cancelliere della rinata Germania.

La passeggiata arriva di fronte alla chiesa dei SS. Nabore e Felice al cui interno è conservato un affresco trecentesco. Poco oltre la chiesa, prima del sottopasso che immette nel cuore del borgo antico, sulla sinistra una lapide ricorda che la casa ove è stata murata ospitò Achille Ratti, Papa Pio XI, durante le sue vacanze estive, dal 1889 al 1915.

Il Papa alpinista

Questo pontefice è noto a tutti per l'importanza delle sue iniziative ecclesiastiche e politiche, fra cui numerosi concordati stipulati con diverse nazioni europee, compreso quello sancito con lo Stato italiano, noto come "Patti Lateranensi". Non tutti sanno però che, in gioventù, il futuro Pio XI fu anche valentissimo alpinista, che ebbe come maestri e ispiratori personaggi del calibro dell'Abate Stoppani. Particolarmente attivo negli ultimi anni dell'800, Achille Ratti fu protagonista di importanti ascensioni, fra le quali ricordiamo la prima traversata del Monte Rosa con scalata della parete Est lungo il "canalone Marinelli", una scalata al Cervino (per allora una vera impresa essendo stato vinto solo pochi anni prima) e una prima sul Monte Bianco raggiunto per il Rocher. Dopo aver pernottato nel minuscolo rifugio Vallot, poco sotto la vetta, la cordata del Papa alpinista aprì un nuovo itinerario in discesa raggiungendo il Ghiacciaio del Dome e, poi, quello del Miage.

I "missoltini"

La giornata potrebbe avere una degnissima conclusione in uno dei tanti ristoranti locali dove non dovete perdere l'occasione di assaggiare i "missoltini", uno dei piatti tipici della cucina lariana. Si tratta di pregiatissimi agoni squamati e ripuliti, indi messi sotto sale per alcuni giorni. Risciacquati e inanellati in uno spago i pesci sono, quindi, fatti essiccare per un altro giorno per poi essere deposti in scatole metalliche e ivi lasciati per circa sei mesi. Ogni giorno il coperchio di legno, che chiude la latta, viene pressato sempre più per fare uscire dalle carni il grasso che poi viene eliminato; missoltino significa, infatti, "messo nel tino". Il pesce si gusta facendolo "rinvenire" su una piastra bollente e spruzzandolo d'aceto; successivamente lo si pone in una terrina con l'aggiunta di un poco d'olio accompagnandolo con polenta abbrustolita.

Un tempo gli agoni erano pescati in primavera, quando il pesce, abbandonati gli alti fondali, s'avvicinava a riva per deporre le uova. Oggi per consentirne la riproduzione la pesca si effettua all'inizio dell'estate.

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