Sci alpinismo - Piz Zupò e Piz Argent: i fratelli minori del Pizzo Bernina

Contenuto della pagina: scheda completa del percorso «Piz Zupò e Piz Argent: i fratelli minori del Pizzo Bernina»

  1. Scheda
  2. Percorso
  3. Approfondimento
 
  • Zona: Engadina
  • Tipo: Sci alpinismo
  • Sigla: S60
  • Periodo consigliato: da febbraio ad aprile
  • Punto di partenza: Stazione Ferrovia Retica di Morteratsch 1896 m. Dalla SS38 dello Stelvio, deviare a sinistra all'altezza di Tirano (155 kmda Milano) ed imboccare la strada del Passo del Bernina. Valicato il passo, scendere in direzione Saint Moritz fino ad incontrare, sulla sinistra, la deviazione per Morteratsch che, in breve, si raggiunge.
  • Esposizione: N
  • Tempo di percorrenza: Ore 2-2,30 il primo giorno; 6-7 ore il secondo
  • Dislivello: 2100 m (600 m al rifugio Boval, 1500 m il secondo giorno)
  • Difficoltà: BSA (Buon sciatore alpinista)
  • Bibliografia: Miotti G., Selvetti C. "282 itinerari di scialpinismo tra alto Lario ed Engadina" - ed. Guide dalle Guide; Canetta N. e Miotti G.: "Bernina" - Collana Guida dei Monti d'Italia - Ed. CAI-TCI / Milano 1996; Scanavino F. Gansser F. "Scialpinismo in Svizzera - 411 itinerari " CAS 2005
  • Cartografia: Carta Nazionale Svizzera (CNS) 1:50.000: «Monte Disgrazia» e «Julierpass»;  IGM 1:25.000 - «Chiesa» e «Pizzo Bernina».
  • Informazioni locali: Ente Turistico di Valposchiavo (tel. 0041-81-8440571 - fax. 0041-81-8441027); Ferrovie Retiche; Bollettino nivometeorologico; Meteo svizzero; REGA (soccorso aereo svizzero)  Numeri d'allarme. In Svizzera: 1414 Dall'estero: +41 333 333 333.
  • Chamanna da Boval: apertura da metà marzo a metà maggio; da metà giugno a metà ottobre - Telefono 0041-81-84.26.403;
  • Custode: Roberto Costa, Via Mulin 66, 7502 Bever;
  • Proprietà: SAC Sektion Bernina CH - 7512 Champfèr.
 



 
mappa di Piz Zupò e Piz Argent: i fratelli minori del Pizzo Bernina

Percorso:

L'ascensione ai Pizzi Zupò e Argent, per il suo grande sviluppo e per il notevole dislivello, può essere affrontata più comodamente in due giorni. Sappiamo benissimo che i poco più di duemila metri di dislivello, per uno sviluppo superiore ai dieci chilometri, sono ormai un gioco da ragazzi per i più allenati di Voi. In questa sede, tuttavia, preferiamo accompagnarVi in una suggestiva escursione "lenta" con pernottamento alla Chamanna da Boval 2495 m. Potrete, così, assaporare meglio l'affascinante e severo paesaggio del versante settentrionale del gruppo del Pizzo Bernina.

Primo giorno

Il primo giorno, senza dover fare levatacce, si parte dalla stazione della ferrovia Retica di Morteratsch, in direzione dell'omonimo ghiacciaio. La fronte glaciale dista circa due chilometri e mezzo dalla strada ferrata. Il tratto che separa la ferrovia dalla lingua glaciale presenta numerosi cartelli segnaletici ad illustrare il lungo cammino di ritiro della fronte, avvenuto nel secolo passato. La normale traccia per la Chamanna da Boval si dirama poche centinaia di metri dopo la stazioncina ferroviaria salendo sino ai 2083 metri di La Chünetta e, quindi, prosegue verso Sud, sotto i Pasculs da Boval, per circa un chilometro e mezzo, lungo il filo della grossa morena formatasi durante la Piccola Età Glaciale.

Se l'inverno è stato molto nevoso, è possibile addentrarsi direttamente lungo il vallone del Morteratsch e percorrere la lingua del ghiacciaio del Morteratsch. Inoltre, poiché il ghiacciaio è percorso anche dagli sciatori che dagli impianti di Diavolezza vogliono avventurarsi in una selvaggia divagazione fuoripista, la presenza di crepacci sul ghiacciaio è segnalata da evidenti paline e cartelli.

Dopo aver coperto, in poco meno di un'ora, il tratto che il ghiaccio, nel suo ritiro, ha percorso in quasi un secolo, si comincia a rimontarne la placida groppa. La pendenza non è eccessiva e ci consente di osservare lo spettacolo circostante. Da sinistra a destra è un susseguirsi di impressionanti pareti ghiacciate e scivoli seraccati: dai Pizzi Palù al Piz Zupò, attraverso le Belleviste, dal Piz Argent al Piz Bernina sino al Piz Morteratsch, lo sguardo si perde in caccia di nuovi pendii, da decorare con le serpentine, o di possibili vie di scalata.

Salire con le pelli di foca, fantasticando sul paesaggio e sulle possibilità di avventura che esso offre è sicuramente uno dei modi più piacevoli e rilassanti per affrontare un itinerario di scialpinismo; tuttavia, ben presto, la nostra attenzione ritorna alla realtà più prossima. Giunti presso la confluenza del Vadret Pers che da sinistra s'immette nel Morteratsch, volgendo lo sguardo sulla sinistra idrografica e sulla morena è possibile individuare la Boval. Puntando verso la parte più bassa del cordone morenico e risalendolo, in circa mezz'ora si arriva al rifugio.

Secondo giorno

Il secondo giorno inizia di mattino presto. Calzati gli sci con le pelli ancora umide dal giorno prima, un cielo stellato ci sorveglia mentre scendiamo nuovamente sul ghiacciaio puntando verso Sud-est in direzione della Fortezza. Per quanto abituati, ancora una volta non possiamo non stupirci della magica sensazione che ci coglie quando, spente le pile frontali, pian piano la luce del giorno inizia a diffondersi, dapprima tingendo la cima del Pizzo Bernina e la sottile striscia ghiacciata della Biancograt. In una qualsiasi altra situazione, non si avrebbe l'ardire di attribuire tanta importanza a un fatto di per sé "banale" come l'alba: forse c'entra il fatto di essersi messi in moto così presto, dopo una breve notte passata tra il russare di un tedesco e gli altri rumori di un rifugio di montagna.

Dopo circa un chilometro la lingua del ghiacciaio s'impenna, incuneata tra le pareti della Fortezza e del Sass da Pos. Questa ripida strozzatura obbliga il ghiacciaio a rompersi in un selvaggio coacervo di crepacci e seracchi che formano il cosiddetto Labyrint: un vero e proprio labirinto ove perdersi non sarebbe cosa piacevole. Si punta quindi verso sinistra evitando così le fitte seraccate. Percorsi circa duecento metri di dislivello si risale un largo scivolo ghiacciato sino a quota 3087, dove, in prossimità di un piccolo isolotto roccioso, si piega verso destra, in direzione del Buuch. Giunti sotto le pareti che chiudono la conca glaciale si risale zigzagando per una stretta lingua di ghiaccio finché non si raggiungono i pendii che sormontano l'imponente seraccata del ghiacciaio del Morteratsch a quota 3500 metri circa. A questo punto, di fronte a noi comincia ad apparire la meta. I versanti settentrionali del Piz Argent e del Piz Zupò si mostrano in tutto il loro splendore facendoci pregustare il sapore della vetta. Proseguiamo in direzione Sud per un terreno meno impegnativo, ma pur sempre insidioso: in prossimità di deboli cambiamenti di pendenza, sotto lo spesso manto nevoso, potrebbero celarsi pericolosi crepacci. Costeggiando le seraccate sospese delle Belleviste, si prosegue verso Sud-ovest puntando verso la snella cuspide della Cresta Guzza che svetta tra il Piz Bernina e il Piz Argent. Superato un ulteriore ostacolo costituito da una fascia crepacciata, posta poco a Nord del Piz Zupò, si giunge finalmente al pianoro che conduce alla sella che separa le nostre mete. Tolti gli sci e calzati i ramponi, magari dopo aver consumato un meritato boccone, non resta che scegliere il proprio traguardo definitivo. A sinistra la vetta de Piz Zupò, che manca per soli quattro metri la fatidica quota quattromila, può essere raggiunta percorrendo un evidente scivolo ghiacciato, tenendosi sul versante elvetico della cresta Ovest. A destra, invece, si può seguire la cresta che conduce ai 3945 metri della cima del Piz Argent.

Lo sciatore alpinista più romantico, però, sa benissimo che il bello della gita deve ancora venire e, magari giustificandosi che non riesce a calzare i ramponi, decide di fermarsi alla selletta a preparare, con la sciolina adeguata, i propri attrezzi di battaglia.

Lo studio della stabilità dei seracchi e delle pareti di ghiaccio.

Le superfici glaciali sono interessate da particolari strutture legate al flusso e alla deformazione della massa di ghiaccio. Il ghiacciaio, volendo fare una semplificazione a titolo esplicativo, può essere considerato come un fluido molto denso che scorre su un substrato roccioso inclinato e, quindi, libero di muoversi per effetto della forza di gravità. Il risultato di questo tipo di movimento, in un materiale dal comportamento rigido-plastico, qual è il ghiaccio, produce forme ben note ad alpinisti e sciatori alpinisti: i crepacci e i seracchi.
A prima vista, queste due conformazioni, potrebbero essere facilmente confuse cosa che spesso avviene, specie ad opera dei media non specializzati. Vediamo quindi di fare chiarezza: i crepacci sono manifestazioni superficiali prodotte dalle tensioni derivanti dal movimento, e assumono una diversa denominazione secondo la distribuzione e della localizzazione (longitudinali, trasversali, radiali, terminali, etc.).
I seracchi, invece, si formano quando la fluente massa del ghiacciaio deve superare un ripido gradino roccioso. In questa situazione la fratturazione avviene secondo due direzioni, grossomodo perpendicolari tra loro.
Non a caso, il termine "seracco" deriva dal nome savoiardo "serac", un formaggio bianco la cui crosta mostra un reticolo di fratture. Lasciando stare i prodotti caseari e tornando all'elemento acqua allo stato solido, questo sistema di fratture che si intersecano all'incirca a novanta gradi, porta all'isolamento di imponenti blocchi dalle precarie condizioni di stabilità. I principali fattori scatenanti del distacco o del franamento di un blocco di ghiaccio costituente un seracco, sono l'incremento di carico, dovuto alle nevicate, e la presenza e circolazione di acqua alla sua base. Il primo fattore è caratteristico della stagione d'accumulo (autunno e inverno), mentre il secondo è più ricorrente nel periodo di fusione del ghiaccio (ablazione).
Negli ultimi anni, la realizzazione di strutture antropiche, in aree prossime alle grandi superfici glacializzate alpine, quali, ad esempio, dighe, strade o impianti sciistici, ha fatto maturare l'attenzione nei confronti dei problemi legati alla stabilità delle pareti di ghiaccio e delle seraccate sospese. Interesse accresciuto, anche in seguito a particolari eventi calamitosi in cui il crollo di intere porzioni di alcuni ghiacciai ha letteralmente cancellato le opere dell'uomo, quasi a ricordargli che la montagna non si tocca.
Tra questi episodi, è doveroso ricordare ciò che accadde alle 17 e 15 del 30 agosto del 1965, nelle Alpi svizzere, nel cantiere di Mattmark nei pressi del Ghiacciaio di Allalin. Dapprima un crepitio, come di carta strappata, poi un secco boato. Un grosso settore della fronte del ghiacciaio di Allalin che sovrasta le baracche del cantiere si stacca e scivola con fragore verso valle. Circa un milione di metri cubi di ghiaccio, formante un'onda alta circa una trentina di metri, investe le baracche e la strada di servizio. Nessuna via di scampo per gli operai e gli impiegati che lavoravano nella zona. Ottantotto sono i morti e tra di essi 56 italiani.  
Premesso che un crollo di simili dimensioni è un fatto più che straordinario e poco frequente, questo avvenimento ha fatto riflettere sulla necessità di tenere "sotto controllo" i ghiacciai e le loro parti più instabili.
Oggi, attraverso moderni strumenti di misurazione degli spostamenti del ghiaccio, quali i GPS e i geodimetri laser, è possibile raccogliere dati per l'elaborazione di curve spostamento-tempo che consentono di fare delle previsioni, sempre entro un certo margine d'errore, su quando e come avverrà il crollo. Non si tratta di un risultato sicuro al cento per cento tuttavia, se può servire a far riflettere l'uomo sul fatto che con le montagne non si scherza, che ben vengano questo tipo di studi!

  • Il grandioso ambiente glaciale del Bernina
  • La parte superiore del Ghiacciaio del Morteratsch nota come Labyrint
  • Le suggestive luci dell'alba accolgono gli sciatori diretti al Pizzo Zupò
  • Salendo verso i pizzi Zupò e Argent
  • La Cresta Guzza sotto la quale si passa nel tratto finale della salita
  • Gli elementi naturali modellano il ghiaccio. Siamo quasi a 4000 metri
  • Discesa lungo il Labyrint